L'ebraismo
nel XV secolo
L'ebraismo nel XV secolo
Alla fine del XV secolo risale la figura di un
erudito come Ovadiah Yare da Bertinoro, autore di un commento
alla "Mishnah" (che nel XVIII secolo fu tradotto in latino), studioso
di "qabbalah", e viaggiatore. Di questa sua attività di
viaggiatore ci rimangono delle Lettere dalla Terra Santa, testimonianza
di un suo viaggio a Gerusalemme (1488) da Città di Castello
attraverso la Sicilia, dal valore documentario per le comunità
ebraiche da lui visitate.
Per la cultura ebraica il secolo significa l'immissione di fermenti
umanistici nell'ambito della vita delle comunità italiche.
Da un punto di vista culturale risulta importantissimo il 1475,
anno in cui a Mantova è stampato il primo libro ebraico
di un autore in vita: si tratta de Il succo dei favi (Nofet zufim)
di Yehudah Messer Leon. La diffusione dei modelli rinascimentali
in ambito ebraico, in Italia, fu un processo lungo e articolato,
e circoscritto. L'ebraismo continua fondamentalmente a conservare
i propri tradizionali modelli di cultura. Per gli ebrei ritorno
alla classicità significa soprattutto ritorno alla Bibbia
spurgata di commenti, ritorno alla lingua originaria. Mentre gli
ebraisti cristiani sono alla ricerca di un messaggio nuovo e ancestrale
nello stesse tempo, e dell'assonanza universale delle culture,
l'umanesimo ebraico fu soprattutto un fenomeno circoscritto alla
retorica e alla pedagogia, all'educazione. Così a Messer
Leon preme dimostrare la perfezione stilistica della Bibbia, e
attraverso questa vuole dare un programma didattico completo.
L'umanesimo ebraico è in parte legato alle corte padane,
soprattutto a Ferrara con il suo cenacolo (Isabella d'Este che
richiede un libretto in ebraico, Pellegrino Prisciani il maggior
umanista cristiano della corte, che cita disinvoltamente il Talmud
ed è in amicizia con Avraham Farissol ecc.). Appaiono opere
di matrice non religiosa, come scritti sul gioco delle carte,
degli scacchi, persino autobiografie (genere finora sconosciuto
in ambito ebraico). Fino ai Dialoghi d'amore di Jehudah Abravanel.
Gli ebrei del rinascimento diventano poligrafi.
Tutto interno alla cultura pre-rinascimentale è l'opera
di Isaac Abravanèl. Egli fu il padre di Jehudah Abravanel
(Leo Ebreus, come lo chiamavano i latini). Isaac fu una delle
più acute menti finanziarie e degli autori più letti
della fine del XV secolo. Nato a Lisbona nel 1437, divenne tesoriere
di Alfonso V ma dovette fuggire dal Portogallo nel 1483 e rifugiarsi
in Spagna: i reali portoghesi lo condannarono a morte in contumacia
in quanto ebreo. Qui divenne consulente finanziario e esattore
delle tasse per conto di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia:
fu anche grazie a lui che i reali castigliani poterono conquistare
Granada. Nel gennaio 1492 dovette fuggire dalla Spagna a causa
del bando anti-semita emesso dai cattolici spagnoli. Perse tutti
i suoi beni e la biblioteca, ma si rifugiò a Napoli dove
divenne esperto finanziario di Ferrante I. Nel 1503 sappiamo fu
chiamato come consulente dal senato veneto, in trattative con
il Portogallo per un accordo sul commercio delle spezie. Morì
qualche anno dopo. Isaac Abravanel, finanziere pragmatico e realista,
ha lasciato scritti in cui è la tipica mentalità
mistica della religiosità ebraica del tempo. La sua scrittura
è un continuo atto di citazione dalla Bibbia, la sua produzione
è esegesi con particolare attenzione per la mistica numericologica:
ciò per cui attraverso un complicato sommarsi di numeri
prevedeva la fine di Roma per il 1531-1532 ecc. Numerologia e
astrologia sono i mezzi con cui il testo sacro viene interpretato
a fini previsionali sul futuro più o meno immediato, e
soprattutto riguardo l'avvento del messia (annunciato per il 1503).
Contro il disfattismo di molti, Isaac Abravanel annunciò
la prossimità dell'era messianica, lanciò il suo
j'accuse contro Roma Ğdove non vi sono né monarchia né
re, ma principi, un papa e dei vescoviğ, divenendo un eroe del
giudaismo sefardita (ne venne fuori anche un detto: "basta mi
nombre sea de Abravanel", basterebbe che mi chiamassi Abravanel...),
per poi essere sottoposto a un severa censura di lì a pochi
anni dopo.
XV secolo
[1997]
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