Umanesimo
e anticlassicismo nel XVI secolo
Umanesimo e anticlassicismo nel XVI secolo
Nel XV secolo il movimento umanistico aveva generato fuori dal
territorio d'origine (l'Italia peninsulare) in Francia e Germania
e poi in Spagna e Inghilterra, nuove esperienze ideologiche, politiche
e artistiche. Il processo di penetrazione si estese anche all'Europa
centrale e orientale: Boemia, Polonia, Ungheria, dove riformò
la scuola a la vita culturale.
Nato dalla matrice sopranazionale della latinità, l'umanesimo
realizzò nel XVI secolo la piena diffusione, anche grazie
alla possibilità di trasmettere i testi in maniera più
rapida e facile dopo l'introduzione della stampa. Il nuovo mezzo
favorì la formazione di un pubblico più vasto di
quello che proveniva dagli "studia humanitatis". Le
edizioni dei classici greci e latini si alternarono a quelle dei
moderni, scritti nelle lingue post-latine. Dalla tipografia maggiore,
quella veneziana di Manuzio, uscivano stampe di testi greci e
latini, di grammatiche e di commenti, ma anche la "Commedia"
di Alighieri. La letteratura fu, nella prima metà del XVI
secolo, bilingue. Ma il latino di Bembo, Sadoleto, Navagero, Fracastoro,
Vida , Alciato, Paolo Giovio, non riuscì a competere creativamente
con la nuova letteratura in volgare. Il volgare così occupò
il terreno non solo della sperimentazione, come era stato negli
ultimi anni del XV secolo, ma entrò nella storiografia
(con Machiavelli , Guicciardini , Sarpi), nella riflessione estetica
(il più importante trattato estetico del secolo è
la Poetica di Castelvetro), e nella prosa filosofica (con Giordano
Bruno). Nella cultura in volgare rifluirono le conquiste intellettuali
e le acquisizioni formali dell'umanesimo, ma gli "studia
humanitatis" cessarono progressivamente di essere uno schema
di riferimento esclusivo. L'umanesimo divenne una delle linee,
tra le tante, su cui crebbe l'europa moderna. La tecnica e le
scienze percorrevano vie proprie per la conoscenza della natura
e la conquista e l'uso dei suoi meccanismi. Da Leonardo "omo
sanza lettere" a Galilei, letterato e straordinario prosatore
oltre che scienziato, l'indagine della natura e quella dell'uomo
non segnarono ancora lo spartiacque tra due culture. L'europa
cristiana divisa in nazioni è unificata dalla cultura proveniente
dalle élites intellettuali laiche oltre che da quelle religiose.
La "volupats" di Valla, la "docta ignorantia"
di Cusano sono patrimonio comune, penetrano nei più diversi
intellettuali, da Pontano a Geertsz , in Lefèvre d'Etaples
e Charles de Bovelles: con essi è l'epoca del naturalismo
e del neoevangelismo, della tolleranza e dello scetticismo, così
come con Thomas More e con Machiavelli è l'epoca del realismo
e dell'utopia, con Leonardo e con Dürer è l'epoca
dello sperimentalismo e della conversione del pensiero in arte.
Nel complesso è quello che *E. Panofsky chiama, un "megaperiodo".
La prospettiva è ormai globalmente europea e conduce già
verso l'illuminismo, annunciato nella celebre lettera di Rabelais,
di Gargantua a Pantagruel.
[1997]
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