Il
XVI secolo
Il XVI secolo
Introduzione
Il 1492 rappresenta un anno importante, di "cesura",
per la storia delle nazioni europee (soprattutto occidentali);
e per la storia del pianeta. Accadono almeno quattro cose importanti:
- la scoperta del continente americano da parte degli europei;
- l'espulsione delle popolazione di religione ebraica dai territori
spagnoli; - la morte di Lorenzo Medici in Italia, con la fine
dell'equilibrio politico in quella regione; - la caduta dell'ultima
piazzaforte araba in europa.
a) la conquista
Nel 1492 gli europei "scoprono" il continente americano;
c'erano stati forse altri sbarchi di europei (vichinghi nel nord
america?), ma quello del 1492 è il primo che comporta una
coscienza e una conoscenza di tutti i popoli europei della presenza
di un continente di cui si ignorava prima l'esistenza. Con la
scoperta delle Americhe gli europei trovano un territorio su cui
espandersi; i popoli e le realtà culturali presenti vengono
soggiogati; una grande afflusso di ricchezza procede dal continente
americano verso l'Europa, con conseguenze diverse: le regioni
europee un tempo ricche ora sono soppiantate economicamente dalle
regioni atlantiche; gli imperi che si spartiscono le Americhe
acquistano l'egemonia continentale, ma si tratta di una egemonia
di breve durata giacché le ricchezze acquisite non sono
trasformate in beni durevoli; l'enorme quantità di oro
e soprattutto di argento proveniente dalle Americhe porta a un
eccesso di tale materiale prezioso, rispetto alla penuria precedente
e ciò scombussola l'economia del continente europeo. Dal
punto di vista culturale almeno due sono gli effetti di lungo
periodo, che influenzano la cultura euroccidentale. Non appena
ci si accorge che il continente che si è trovato non è
la Cina né le Indie, come si pensava, vi è un effetto
meraviglia. La cultura europea scopre la possibilità della
meraviglia, del nuovo che porta meraviglia. Scopre che esiste
il nuovo, e che questo è nelle possibilità umane.
Si scopre che esistono universi che non si conoscevano. Che esiste
un nulla, un vuoto: di cui si ha paura. E che esiste qualcosa
da scoprire. La dimensione dell'avventura si apre all'orizzonte.
E' qualcosa che agisce in profondo sulle coscienze intellettuali.
Non è un caso che il classicismo si vada durante il XVI
secolo superando, a favore di correnti moderniste, che dalla coscienza
delle nuove capacità esistenti nel mondo attuale rivendicano
una differenza e una superiorità rispetto agli antichi
(che dopotutto non conoscevano la polvere da sparo, né
la stampa e neppure il continente americano), e che fanno del
nuovo, dell'originale, del superamento del canone moti vo di gloria
letteraria e culturale. La scoperta del nuovo mondo apre la via
e incoraggia altre scoperte. Ruolo fondamentale alla diffusione
delle notizie e delle scoperte ha la stampa. Il dover ridisegnare
le mappe geografiche non è il solo effetto: se nel 1417
fu la "Geografia" di Tolomeo il primo atlante stampato
del mondo occidentale (a Bologna), i nuovi apporti delle conoscenze
geografiche esigono continui aggiornamenti e non si tratta solo
di aggiungere territori e regioni, ma ci si costringe a modifiche
del modo di proiettare sulla carta quelle conoscenze geografiche,
dunque anche a una modifica dell'immaginario: nel 1492 Martin
Behaim realizza il suo globo terrestre a Norimberga; nel 1569
l'apporto del fiammingo Gerard Kremer (Mercator) con la proiezione
cilindrica isogona che fu fino al XX secolo quella più usata nelle
mappe geografiche (fino alla mappa di Peters, 1973); nel 1570
è il primo atlante composto di carte moderne realizzate
in modo uniforme, il "Teatro della terra" (Theatrum
orbis terrarum) di Abraham Oertel (Ortelius). Il mondo culturale
comincia ad aprirsi alla possibilità di ridisegnare altre
mappe, prima tra tutte quella cosmico-astronomica. E' una pulsione
intellettuale che ha le sue radici nell'umanesimo e nella filologia
del XV secolo: lì nasce il metodo scientifico della verifica
sulla realtà delle ipotesi. Una possibilità di verifica
che si scopre possibile gra zie alla tecnologia. E dopotutto il
signor Colombo è mettendosi in viaggio e compiendo la sua
impresa che verifica la giustezza dell'ipotesi della rotondità
della terra e della possibilità di giungere "dall'altra
parte" senza cadere a testa in giù nel vuo to. I rapporti
che giungono dalle "Indie" (le lettere di Colombo e
quelle dei viaggiatori esploratori e missionari successivi) formano
una letteratura varia e che risponde a vari interessi, sotto l'unica
esigenza di informare, rispondere al bisogno di curiosità,
la fama di notizie su questo mondo di cui si scopre sempre di
più l'alterità. Bisogno di realismo, e di conoscenza scientifica,
e esigenza di immaginazione e fantasia trovano sfogo in questa
letteratura. Così se da una parte fin dall'inizio, pro
prio con i rapporti di Colombo ci si impegna sulla strada dell'informazione
della realtà di ciò che si vede e si incontra in
queste terre nuove, pur con le deformazioni del filtro della mentalità
e degli apparati culturali dell'epoca: per cui si nota ciò
che 'non' si trova (ad esempio gli unicorni e gli altri animali
mitologici dell'immaginario tradizionale), e si descrive ciò
che c'è: gli abitanti, ma anche le nuove specie vegetali
e animali. Da questo punto di vista è preziosa l'operazione
di raccolta compiuta da Francisco Hernández, inviato nel
1570-1577 da Filippo II di Spagna per raccogliere dati sulle piante,
animali, polveri minerali, da cui derivò un'opera come
il "Tesoro messicano". Del vasto materiale raccolto
da Hernández fu fatto un compendio da Leonardo Recchi.
Federico Cesi, fondatore a Roma nel 1603 dell'Accademia dei Lincei,
ne fece fare un'edizione commentata nel 1628 (edita da Mascardi,
Roma), in 1500 copie, da cui deriva rono tutta una serie di copie
con diversi frontespizi e datazio ni, con il titolo di "Rerum
medicarum Novae Hispaniae Thesaurus". Al nucleo iniziale
del "Tesoro" furono aggiunti commenti, tavole, molte
centinaia di piante e animali, indici, e il cosiddetto "Li
ber unicus", una parte del testo originale di Hernández,
che era depositato a El Escorial, fatta ricopiare dal linceo Cassiano
Dal Pozzo in Spagna e portato così a Roma, la prima esplorazione
scientifica delle risorse dell'America Latina che si abbia, e
che diede un forte impulso alla ricerca scientifica (basti pensare
che la farmacopea si basava ancora sull'erbario composto da Pedanus
Dioscurides nel I secolo, tradotto dal greco rivisitato e commentato
da P.A. Mattioli nel XVI secolo). Nei primi rapporti 'realistici'
dalle nuove terre si lascia comunque aperta la strada all'immaginario
dei mostri e del favoloso. Quando si dice che personalmente non
si sono incontrati di questi mostri, spesso tuttavia si riferisce
che "gli indigeni" riferiscono che nelle vicinanze si
trovano. E nelle prime rappresentazioni degli indigeni americani,
diffuse sulla base dei rapporti dei viaggiatori e esploratori
vari, è forte l'influsso delle deformazioni e dell'azione
della "mentalità": così si descrivono
cannibali (es. nel foglio volante pubblicato a Ausburg nel 1505,
o nell'incisione del 1557 di Hans Staden poi ripresa e classicizzata
da Theodore de Bry nel 1592) e altre mostruosità umano-animali,
sulla linea seguita da un trattato pre-scoperta come la "Cronaca
di Norimberga" (1493) di Hartmann Schedel con i suoi sciapodi,
cinocefali, blemmi, ciclopi, panoti, secondo una tradizione che
risale agli antichi greci. Si veda, tra i numerosi esempi, la
carta del Nuovo Mondo eseguita nel 1513 dal cartografo turco Piri
Reis (sulle basi di informazioni tratte dalle perdute mappe di
Colombo ) e che colloca cinocefali e blemmi (trasgredendo tra
l'altro alla disposizione islamica di non disegnare immagini di
esseri viventi) accanto a animali realmente esistenti. O un'opera
come la "Cosmografia universale" (1575) di André
Thevet in cui illustra le attività bellicose delle "amazzoni".
Solo alla fine del XVI secolo cominceranno ad apparire rappresentazioni
più favorevoli del modo di vita degli indigeni americani.
Nei confronti delle popolazioni americane si procederà
a una decisa opera di sterminio più o meno sistematico; ciò
porterà alla perdita di un patrimonio culturale e storico
immenso: delle tre più grandi civiltà precedenti l'invasione,
quella nàhuatl (Messico), maya-quiché (Yucatan e
Mesoamerica), quechua (Perù-Bolivia-Ecuador), rimangono poche
testimonianze e quasi tutte pervenute tramite il filtro di versioni
castigliane: la Raccolta delle foglie scritte (Popol Vuh), libro
delle antiche storie del popolo quiché, e i drammi quechua
Ollàntay e Atahualpa sono le cose più consistenti. Si tratta
di testi che riflettono forme religiose, non sono testi letterari;
purtroppo della letteratura di queste popolazioni non è
possibile conoscere molto. La "Raccolta delle foglie scritte"
è una delle pochissime opere rimasteci della letteratura
maya. In dialetto quiché ma in caratteri latini, il manoscritto
fu scoperto a Chichinastenango [Guatemala]. Ricopiato e tradotto
in castigliano nei primi anni del XVIII secolo dal padre F. Ximénez
, continuò a restare scono sciuto fino al 1861 quando fu
riedito con la traduzione francese di Brasseur de Bourbourg. L'autore
è anonimo. Il manoscritto fu redatto probabilmente tra
il 1554 e il 1558, ma è costituito da materiali più antichi.
E' un'opera cosmogonica, contiene elementi storici, leggendari,
rituali e mitologici di grande interesse: la narrazione fa risalire
l'origine dell'umanità alla necessità degli dèi
di creare qualcuno che pronunci i loro nomi e fornisca loro il
supporto di un culto. Di qui una serie di tentativi, pri ma falliti,
alla fine risolti felicemente con la creazione dell'umanità
attuale. La narrazione genealogica prosegue fino al le migrazioni
dei quiché dal Tabasco al nord del Guatemala (XI secolo)
e alle figure dei principali combattenti contro gli inva sori
spagnoli. La nicchia lasciata da queste civiltà fu sostituita,
soprattutto a partire dall'ottocento, dall'immigrazione di popolazioni
dai continenti europeo e africano: la più grossa operazione di
mutamento demografico della storia avrà come effetto la
nascita di nuove realtà non solo sociali ma anche culturali.
Si pensi che prima della distruzione una città come Tenochtitlan,
la capitale azteca, contava forse 150 mila abitanti, quanto il
numero di abitanti della maggiore città europea di allora,
Paris. Restano le testimonianze della soldataglia spagnola stupìta
(«e tra noi c'erano soldati che erano stati in numerose parti
del mondo, a Costantinopoli, in tutta Italia e a Roma, e costoro
dicevano che non avevano mai visto un mercato ben organizzato,
ordinato, così grande, così affollato [...]» scrive
il rozzo Bernal Díaz del Castello su ciò che vede
nel novembre 1519). Ma si pensi anche a Teotihuacan che doveva
avere nel XV secolo circa 300 mila abitanti. Nel 1521 Tenochtitlan
è rasa al suolo e ricostruita dagli spagnoli come Città-del-Mexico.
I colonizzatori impongono la propria cultura, le proprie strutture
urbanistiche che modificano il paesaggio per cancellare ulteriormente
quelle culture pre-esistenti. Così gli spagnoli che penetrano
in profondità nel territorio tra XVI e XVII secolo costruiscono
fortini e poi agglomerati urbani con la caratteristica struttura
avente al centro la piazza. Gli insediamenti portoghesi invece
si localizzano prevalentemente lungo la costa: sono basi d'appoggio
navali, urbanisticamente caratterizzati dal "rossio",
la strada lunga e aperta adatta al passseggio. Un grosso ruolo
svolgono le "riduzioni" ge suitiche dei guarani del
Paraguay, dei chiquitos e dei mojos del la Bolivia, dei maymas
del Perù e dei casambre in Equador e Co lombia. Ogni insediamento
conta circa 8 mila abitanti, ferrea or ganizzazione del lavoro,
i villaggi assumono gli aspetti quadran golari delle "cuadras",
case monofamiliari con orti e campicelli, fine della terra in
comunità. Anche le scelte urbanistiche ri fletto rigide
scelte ideologiche-religiose: ogni insediamento ha ai tre lati
della piazza centrale le abitazioni organizzate in file parallele,
assi ortogonali e gerarchizzati; sul quarto lato sono la chiesa,
il collegio, il cimitero, gli edifici direzionali; al centro della
piazza sta la croce, ai quattro angoli altrettanti croci simboli
dello spazio civile del bene contrapposto allo spazio esterno,
selvaggio e del male. I gesuiti sperimentano una ferrea organizzazione
sociale, caratterizzata da una catechizzazione massiccia, e da
strutture sociali e produttive che fanno delle loro "riduzioni"
una possibile alternativa agli ag glomerati nati per il solo sfruttamento
delle risorse di questi paesi, come la città mineraria
di Potosí sorta nel 1545 e che al la fine del secolo raggiunge
i 120 mila abitanti. Nuovi agglome rati sono Santo Domingo (1512);
Città del Guatemala centro neo classico, ludico e illuminista;
Lima, capitale del traffico mine rario; Buenos Aires, che assumerà
importanza con le grandi migra zioni. Nel 1573 Filippo II emana
l'ordinanza sulla popolazione che crea la città ortogonale
a griglia e a vie rette, città di terra battuta pietre
e mattoni. Anche la demografia è scombinata, non solo il
paesaggio urbano (e ambientale, con i disboscamenti e lo sfruttamento
minerario, e la modifica nel sistema agricolo di produzione).
Gli atti spagnoli parlano di una immigrazione europea di 40 mila
persone prima del 1550 (in realtà si pensa potessero essere
qualcosa in più). Tra il XVI e il XVII secolo arrivano dalla Spagna
circa un milione di persone (la Spagna aveva allora circa 10 milioni
di abitanti), anche se non tutte spagnole. Mentre parallelamente
la popolazione indigena subisce un tracollo.
b) l'antisemitismo
Il 1492 è anche la data dell'espulsione dalla Spagna
e dai territori spagnoli degli ebrei ivi residenti; ciò
significa l'emigrazione di queste popolazioni verso le regioni
europee del centro e dell'est europeo; il depauperamento della
cultura spagnola; mentre i paesi europei che accolgono queste
popolazioni sono fermentate dalla cultura portata da queste popolazioni
ma vivono anche la nascita e lo sviluppo del fenomeno dell'antisemitismo
che avrà conseguenze nel XX secolo quando dopo periodici
pogrom le comunità ebraiche dell'europa dell'est, che nel
frattempo avevano elaborato una propria cultura (espressa in lingua
yiddish), saranno praticamente sterminate.
c) la perdita dell'autonomia politica degli stati italici
E il 1492 è l'anno in cui cade l'ultima piazzaforte dell'Europa
occidentale ancora in mano agli arabi. Da allora viene a cessare
il rapporto esistente tra cultura europea e cultura islamica,
con la dipendenza della prima dalla seconda; la cultura europea
da allora in poi si rivolgerà alla cultura araba con un
senso di superiorità o per gusto dell'esotismo. Le forze
espansive dell'impero spagnolo si volgeranno non solo verso le
nuove terre americane, ma anche verso l'europa. Spagna e Francia
entrano in lotta per la conquista dell'egemonia sul continente
e la posta è soprattutto la conquista delle terre più ricche
esistenti in europa, prime tra tutte quelle italiche. La morte
di Lorenzo Medici non significa solo una svolta nella storia regionale,
italica: da quella data viene a mancare un punto fondamentale
di equilibrio, gli stati italici nel tentativo di ottenere un'egemonia
procurano la sottomissione della regione nelle mani di stati europei
limitrofi come Francia e impero spa gnolo, ma soprattutto permetteranno
a questi stati di accedere direttamente alle fonti della cultura
umanistico-rinascimentale, ciò per cui quella cultura si
diffonderà in tutta europa, proce dendo a una fruttifica
opera vivificatrice. La perdita dell'autonomia politica significherà
per queste regioni l'inizio del tracollo economico (attenuato
per ora dalle ricchezze soprattutto finanziarie accumulate), evidente
nel corso del XVII secolo. Un effetto saranno anche il mutamento
delle principali rotte marittime e mercantili, con la perdita
d'importanza economica del mediterraneo, relativamente ai porti
spagnoli e francesi dell'atlantico.
[1997]
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