Storia della letteratura europea - Torna in homepageGerusalemme liberata


"Gerusalemme liberata"


Il Gerusalemme liberata è un poema epico in venti canti in ottave. Già nel 1559 Tasso aveva iniziato a scrivere un Gierusalemme , che rimase incompiuto (ne restano 116 ottave): il primo nucleo di quello che sarebbe diventato il "Gerusalemme liberata". La redazione del poema fu conclusa nel 1575. Una prima edizione incompleta e non voluta da Tasso fu stampata a Venezia nel 1580. Nel 1581 apparve una seconda edizione, completa, a Padova, anch'essa senza autorizzazione di Tasso. Altre due edizioni apparvero nel 1583, e nel 1584 con le correzioni del revisore monsignor Scipione Gonzaga . Il poema è dedicato a Alfonso II Este. Argomento centrale è la prima crociata e la guerra con cui i cristiani guidati da Goffredo da Buglione riescono a liberare il "santo sepolcro", sconfiggendo i saraceni guidati da Argante e Solimano. Vi si intrecciano una serie di vicende altre. Il vano amore del cristiano Tancredi per la guerriera saracena Clorinda, l'amore timido di Erminia per Tancredi, le seduzioni della maga Armida che tenta di allontanare dall'esercito crociato i guerrieri più valorosi ma si innamora del prode Rinaldo, gli interventi soprannaturali delle potenze infernali e di quelle angeliche, l'encomio della famiglia Este attraverso la celebrazione del suo presunto capostipite Rinaldo. Vi sono alcuni atteggiamenti ricorrenti, e tipicamente tasseschi all'interno del poema: 1) la figuratività fastosa, la propensione per le scene di grandioso rilievo visivo: riti religiosi, battaglie, processioni, parate, la sfarzosità delle regge ecc. 2) lo scrupolo di precisione tecnica che riguarda le descrizioni delle battaglie, assedi, duelli; 3) uno scrupolo tecnicista che riguarda anche le analisi di carattere etico, i casi di coscienza ma anche i problemi diploma tici e di governo: così come del resto si era sviluppato nell'am bito della controriforma; 4) l'esaltazione della vita di corte: i personaggi hanno qua lità costantemente eroica (sia nel vizio che nella virtù), il mondo descritto non conosce risvolti plebei, armi religione scienza letteratura si inseriscono in un contesto dominato dalle consuetudini e dai valori di una cerchia aristocratica detentrice di potere cultura e di raffinati codici di vita.


Di fronte alla varietà del poema ariostesco, Tasso nei "Di scorsi dell'arte poetica e in particolare del poema eroico" (1565-66) aveva sostenuto la necessità di salvaguardare l'unità d'azione, di trarre l'argomento da una storia non troppo antica né troppo recente, di dare spazio al meraviglioso cristiano escludendo la mitologia pagana. Sul piano linguistico il programma era quello di allontanarsi dalle forme comiche e popolari. Nel suo poema Tasso sceglie una scrittura che segue le tracce di Petrarca , come aveva fatto Ariosto, ma accetta anche suggestioni classiche e alighieriane. Adotta un tono solenne e elevato, in cui la narrazione è interrotta dall'inserzione di cadenze tragiche, liriche, elegiache. Dal punto di vista del ritmo, l'onda regolare dell'ottava ariostesca risulta spezzata.


La materia di "Gerusalemme liberata" riflette l'interesse dei contemporanei per lo scontro, allora in pieno svolgimento (e cul minato nella battaglia di Lepanto, 1571) tra cattolicesimo e islam, e usa il materiale che proveniva dalle cronache delle crociate. A questo si aggiunge il clima della controriforma, che porta a una ansiosa religiosità, preoccupazioni di ortodossia e rigorismo negli anni seguenti al concilio di Trento (1545-1563). Sono eventi epocali, che incidono sostanzialmente sul poema. Il discorso di Tasso però va oltre la storia. Si configura come poesia dell'immanenza delusa: la gentilezza degli atti e dei costumi, le ìnclite azioni e le preziose agiatezze, la forza de gli istituti e il prestigio rassicurante dei canoni, la corri spondenza dei sentimenti e l'amore: tutto si rivela ingannevole sfolgorìo, transeunte. In agguato sono solitudine e morte. I principali personaggi del poema sono soli, inappagati e spesso vinti. Così Tancredi, Armida, Erminia, ma anche Goffredo il campione della cristianità appare figura solitaria, turbato dalla responsabilità di terribili scelte, gli è impossibile confidare ad altri le proprie angosce. Sempre cosciente della labilità delle conquiste terrene. Solo è anche Argante prigioniero della propria barbarica violenza e tracotanza, e Solimano tempe stosamente chiuso nella sua forza regale. Di straordinario fascino i paesaggi: desolati, estesissimi, disabitati, foschi e anche mutevoli, subdoli: comunicano un tor mentoso monito all'uomo, gli ricordano la sua fragilità, al sua impotenza.



[1997]

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