Garcilaso 
              de la Vega 
            
             
             
              Garcilaso de la Vega 
               
               Nato a Toledo nel 1503, di famiglia nobile, a 19 anni entrò 
                al servizio di Carlo V al cui fianco combattè contro i 
                "comuneros". Nel 1522 partecipò alla spedizione 
                per la difesa di Rodi e alla guerra di Navarra contro i francesi. 
                Nel 1529 fu in Italia al seguito di Carlo V, ma l'imperatore lo 
                mandò esule in un'isola del Danubio per aver contestato 
                le sue volontà. Partecipò alla spedizione contro 
                Tunisi. Fu ucciso a soli 33 anni, nel 1536 a Nizza, mentre guidava 
                un assalto. 
                 
                Alla sua morte le sue poesie furono affidate a Juan Boscán 
                perché le preparasse per la stampa. L'opera fu conclusa 
                dalla vedova di Boscán nel 1543. La sua produzione è 
                piuttosto esigua: una epistola, due elegie, tre egloghe, cinque 
                canzoni e 38 sonetti. Ma ciò basta a fare di Vega il primo 
                grande poeta spagnolo. Fu il più imitato, seguito, commentato. 
                Seppe inventare, sull'esempio di Petrarca della lirica italica 
                del XV-XVI secolo, una lingua poetica nuova, con strumenti e motivi 
                classici o consolidati dalla tradizione. Soprattutto importanti 
                le tre egloghe: la prima, velatamente au tobiografica, sul lamento 
                di Salicio per il rifiuto di Galatea e sul dolore di Nemoroso 
                per la morte di Elisa; la seconda sugli amori di Camila e Albanio; 
                la terza sul paesaggio del Tago, sotto le cui acque le ninfe tessono 
                splendidi arazzi con le storie di Dafne e Apollo, di Venere e 
                Adone, e con la morte di Elisa. Qui la natura è stilizzata, 
                armoniosa, rarefatta: serve da scenario ai sentimenti; archetipo 
                di ogni perfezione, viene espressa con delicata attenzione ai 
                suoi aspetti concreti. La melanconia che pervade i suoi versi 
                testimonia l'influenza di Petrarca, ma Vega ha con le cose un 
                rapporto più intenso e sensuale. Il suo linguaggio non 
                è quello artificioso dei lirici castigliani del XV secolo: 
                ha elegante sobrietà, limpida chiarez za espressiva, soave 
                musicalità. Vega incarnò l'ideale del "cortigiano": 
                valoroso in guerra, poeta ispirato e dalla intensa vita sentimentale. 
              
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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