Joachim
du Bellay
Joachim du Bellay
Nacque nel castello della Trumelière [Anjou] nel 1522
(morì a Paris nel 1560). Studiò insieme a Ronsard
al college di Coqueret: da questa amicizia giovanile nacque il
gruppo che poi sarà definito della Pléiade. Nel
1549 è il manifesto della nuova tendenza poetica, la "Difesa
e illustrazione della lingua francese". Nello stesso 1549
esordì anche come poeta, con Olive, raccolta di sonetti
d'amore, petrarcheggianti e neoplatonici: la raccolta fu poi ampliata
in edizioni successive. Nel 1549-1553 sono una serie di raccolte
di poesie minori, in teressanti perché contengono a tratti
temi sofferti e cadenze elegiache e patetiche che saranno nelle
poesie successive. Nel 1552-53 è un progressivo distacco
dal petrarchismo giovanile e di maniera. Nel 1553 segue pieno
di entusiasmo lo zio, il cardinale Jean du Bellay, a Roma. La
realtà della società romana intrigante e corrotta
e lo squallore dei compiti affidatigli lo disillusero profondamente.
Da questa amara esperienza nacquero i versi più maturi
e personali della sua produzione: Antichità di Roma (Antiquités
de Rome, 1558) pubblicati al suo rientro a Paris sono una raccolta
di 32 sonetti ispirati all'antitesi tra la maestà del passato
e la decadenza della Roma del suo tempo. Diversi giochi rustici
(Divers jeux rustiques) è una raccolta di 38 componimenti
di vari metri e argomenti. Suo capolavoro sono I rimpianti (Les
regrets), 191 sonetti, frutto delle sue dolenti malinconiche de
primenti esperienze quotidiane, e quadro satirico della Roma pon
tificia. Libri di poemi (Poematum libri) ripropongono in irreprensibili
versi latini la stessa tematica, e una sofferta espe rienza amorosa.
Postumi apparvero alcuni Discorsi (Discours, 1566-67), e i versi
latini di Xenia (1569). Bellay fu dopo Ronsard, la voce più
significativa della Pléiade. Si staccò progressivamente
dai modelli consacrati, latini greci italici, espresse una sensibilità
originale e moderna nell'ambito delle forme del tempo. Ha uno
stile limpido e nervoso, in cui alterna un repertorio di maliziosa
ironia e una struggente vena lirica. Al centro è il rimpianto
della terra natale, la penosa meditazione sulle rovine del tempo.
[1997]
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