Jean 
              Racine: opere 
            
             
             
               
                
                   Jean Racine: opere 
                
                I primi versi da lui scritti, di circostanza, per la corte e per 
                il re, piacquero a Chapelain. Racine fu presentato a Luigi XIV, 
                e Molière accettò di rappresentare le sue prime 
                tragedie,  La Tebaide o i fratelli nemici (La Thé 
                baï de ou les frères ennemis, 1664) e  Alexandre 
                il grande (Alexandre le grand, 1665) già dominate dal 
                tema dell'amore. Il rapporto di Racine con Molière si incrinò, 
                Racine affidò i suoi testi successivi alla compagnia rivale 
                dell'Hô tel de Bourgogne. Nello stesso periodo è il 
                litigio con i suoi educatori di Port-Royal. Questi avevano espresso 
                una loro disapprovazione, Racine inviò loro una lettera 
                feroce (di cui più tardi si pentirà). 
                 
                Nel 1667 è il primo capolavoro,  Andromaque. L'azione 
                di questa tragedia in cinque atti, si svolge a Butrolo in Epiro, 
                nel palazzo di Pirro. Dopo la distruzione di Troia Andromaca vedova 
                di Ettore, e suo figlio Astianatte, sono prigionieri di Pirro 
                figlio di Achille. Pirro, dimentico delle promesse fatte a Ermione, 
                è innamorato di Andromaca, che si invece si ostina a restare 
                fedele alla memoria di Ettore. Pirro le promette di proteggere 
                Astianatte, che una delegazione di greci (con a capo oreste) vuole 
                uccidere. Andromaca accetta un compromesso: sposerà Pirro, 
                ma si ucciderà subito dopo la cerimonia. Ermione accecata 
                dalla gelosia si promette a Oreste, purché questi uccida 
                Pirro prima del matrimonio. Oreste torna, annunciandole l'uccisione: 
                Ermione sconvolta corre a uccidersi sul corpo di Pirro. Andromaca 
                ha intanto sollevato il popolo dell'Epiro contro i greci. Oreste 
                impazzisce. 
                 
                Nel decennio successivo scrisse le opere più importanti. 
                Fu un periodo non tranquillo. Ebbe una serie di passioni amorose 
                burrascose. Famose quelle per due celebri attrici del tempo, Du 
                Parc e Champmeslé . E furono gli anni della lotta contro 
                i corneilleiani. Racine scrisse nel corso di questa lotta  
                I litiganti (Les plaideurs, 1668), e la tragedia  Britannicus 
                (1669) appositamente per soppiantare Corneille che allora dominava 
                le scene. Anche la tragedia "Britannicus" consta di cinque atti. 
                Qui siamo a Roma. Agrippina apprende che il figlio Nerone ha fatto 
                rapire Giunia, promessa sposa del fratellastro Britannico. Teme 
                nuove sventure, ma Burro precettore di Nerone ancora si illude 
                sul suo allievo. Nerone innamorato di Giunia, la obbliga con terribili 
                minacce a respingere Britannico venuto a cercarla. Con la complicità 
                di Narciso precettore di Britannico, fingendo di volersi rappacificare 
                con lui, lo avvelena. Giulia si rifugia però presso le 
                Vestali. Agrippina e Burro sanno che questo delitto segna l'inizio 
                del regno del terrore. "Britannicus" ebbe un enorme successo a 
                corte. 
                 
                Lo scontro diretto tra i due avvenne con due tragedie scritte 
                su soggetto analogo:  Bé ré nice (1670) di 
                Racine, che fu giudicata migliore del "Tite e Bé ré 
                nice" di Corneille. "Bé ré nice" di Racine è 
                ambientata non diversamente da "Britannicus". Antioco re di Commagene 
                è segretamente innamorato di Berenice regina di Giudea, 
                che Tito ha promesso di sposare. Le confessa i propri sentimenti 
                e decide di partire. Tito intanto esita a concludere il matrimonio 
                disapprovato dal Senato che non accetta cariche regali ai vertici 
                del potere e comunque non una imperatrice straniera. Decide di 
                lasciare Berenice, incarica Antioco di dirle la verità 
                e di ricondurla in oriente. Berenice, sorpresa e indignata, pretende 
                un colloquio con Tito. Tito, addolorato, ribadisce il proprio 
                dovere di fronte ai romani. Il senato proclama Tito imperatore, 
                Berenice decide di uccidersi, Tito venuto a conoscenza della cosa 
                in un ultimo straziante incontro dice che non le soprav viverà. 
                Antioco rivela a Tito l'amore per Berenice e la decisione di volersi 
                uccidere. Berenice, commossa dai due rinuncia al suicidio. I tre 
                si rassegnano alla separazione. La faccenda si chiude con un «ahimè». 
                 
                Racine ebbe attacchi feroci dai corneilleiani per la pubblicazione 
                della tragedia  Bajazet (1672), ma di fronte a  Mithridate 
                (1673) dovettero dichiararsi sconfitti; a essa seguì la 
                tragedia Iphigé nie (1674). Il successo di Racine raggiunse 
                allora il culmine. 
                 
                Del 1677 è  Phèdre. Fonti principali per 
                i cinque atti della "Phèdre" sono l'"Ippolito" di Euripides 
                e "Fedra" di Seneca, ma Racine rinnova la vicenda facendo la protagonista 
                una vittima del fato, «né completamente colpevole, né 
                completamente innocente». Seconda moglie di Teseo che è 
                scomparso durante un viaggio, Fedra ha un male misterioso. Si 
                confessa alla nutrice Enone: ama il figliastro Ippolito. E' annunciata 
                la morte di Teseo. Convinta che il suo amore non sia più 
                colpevole, Fedra svela la sua passione a Ippolito che si indigna. 
                Teseo torna incolume. Per salvare Fedra, Enone accusa di amore 
                incestuoso Ippolito che viene maledetto e scacciato dal padre. 
                Fedra è sconvolta, vorrebbe confessare a Te seo la verità. 
                La notizia che Ippolito ama riamato la principessa Aricia, provoca 
                in Fedra una violenta gelosia. Aricia lascia intendere a Teseo 
                che Ippolito è innocente. Teseo è turbato, apprende 
                che Enone si è uccisa buttandosi in mare e che Fedra vuole 
                morire. Supplica Nettuno di non voler tenere conto della maledi 
                zione lanciata contro il figlio, ma è troppo tardi: atterriti 
                da un mostro marino, i cavalli di Ippolito si sono imbizzarriti 
                e Ippolito è morto. Fedra confessa la verità e si 
                uccide. 
                 
                In occasione della rappresentazione della "Phèdre" gli 
                avversari organizzarono contro Racine una congiura, facendo comporre 
                una tragedia sullo stesso soggetto dal giovane Jacques Pradon, 
                cui assicurarono un enorme successo per offuscare quello di Racine. 
                La "Phèdre e Hippolyte" (Phèdre et Hippolyte, 1677) 
                dell'allora quarantacinquenne  Jacques Pradon 
                 è opera di un mediocrissimo scrittore, il motivo del 
                suo successo è tutto interno alle lotte culturali di quella 
                stagione, supportato dalla fazione ostile non solo a Racine ma 
                anche a Boileau. Alle due rappresentazioni seguì una forte 
                disputa a suon di sonetti satirici e insultanti. 
                 
                La querelle segnò una nuova fase nella vita di Racine. 
                Tra l'"Iphigé nie" e "Phèdre" aveva avuto una profonda 
                crisi spirituale. Nella Prefazione (Pré face) della "Phèdre" 
                affermava di volere ormai dipingere le passioni solo per dimostrare 
                i disordini di cui sono causa. 
                 
                Dopo la "Phèdre" Racine, che ha 37 anni, si riavvicinò 
                a Port-Royal e decide di abbandonare il teatro. Si era sposato, 
                era diventato "storiografo di corte" insieme a Boileau. Svolse 
                quest'incarico da perfetto cortigiano, esaltando e glorificando 
                l'operato del re. 
                 
                Il ritorno al teatro fu dato dalle sollecitazioni di Madame de 
                Maintenon, che lo pregò di comporre dei testi per le educande 
                del Convento di Saint-Cyr da lei fondato. Racine accettò 
                di scrivere due tragedie a soggetto biblico "da cui l'amore fosse 
                totalmente bandito". Nacquero così  Esther (1689) 
                e  Athalie (1691), due tragedie importanti perché 
                mostrano un rinnovamento del suo sistema drammatico. Con "Athalie" 
                siamo all'ultima tragedia scritta da Racine, nel periodo ormai 
                della conversione. La scena dei cinque atti è il tempio 
                di Gerusalemme. Il sommo sacerdote Joad e la moglie Josabeth hanno 
                allevato in segreto l'ultimo discendente di David, Joas, sotto 
                il nome di Eliacin. Era stata Josabeth a salvarlo dal massacro 
                in cui erano morti tutti i figli di Ochosia, per ordine della 
                regina Atalia (figlia di Achab e Jezebel) che voleva annientare 
                la stirpe di David. Atalia ha imposto il culto sacrilego di Baal, 
                ma ha finora rispettato Joad. Atalia viene a sapere di una voce 
                secondo cui nel templio ci sarebbe nascosto il tesoro di David, 
                vede Eliacin, in tutto simile a un giovane apparsole in un sogno 
                inquietante. Su consiglio di Mathan sacerdote di Baal, pone sotto 
                assedio il tempio. Joad, incoronato re Joas, fa entrare Atalia 
                nel tempio. La regina è circondata da leviti armati. Di 
                fronte alla sconfitta, Atalia si lascia uccidere senza opporre 
                resistenza. 
               
              
               
              
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