Denis 
              Diderot: opere letterarie  
            
             
             
              Denis Diderot: opere letterarie 
               
              L'opera letteraria di Diderot comprende quattro romanzi, due 
                testi teatrali, alcuni racconti. 
              Tutti i suoi romanzi furono pubblicati postumi, tranne I gioielli 
                indiscreti (Les bijoux indiscrets, 1747). Si tratta di un'opera 
                leggera e erotica, "scritta in quindici giorni per cin quanta 
                luigi". La monaca (La religieuse, 1796) fu scritto nel 1758. 
                Si basa su un autentico caso giudiziario. E' steso sotto forma 
                di memoriale. Suzanne Simonin è stata costretta dalla famiglia, 
                per in teresse e perché lei è frutto di una relazione 
                adulterina, a entrare in convento. Dopo il noviziato rifiuta di 
                prendere i voti finali. Torna a casa ma le coercizioni familiari 
                la convincono a entrare nel monastero di Longchamps dove, dopo 
                la morte della buona e saggia madre de Moni, Suzanne viene maltrattata 
                dalla nuova madre superiora. Grazie all'interessamento dell'avvocato 
                Manouri, decide di appellarsi alla legge. Perde il processo, è 
                mandata a Arpajon dove diventa l'ignaro oggetto delle morbose 
                attenzioni della badessa. Morta la badessa, Suzanne fugge dal 
                con vento, si guadagna la vita come stiratrice. Qui si interrompe 
                il romanzo. Il nipote di Rameau (Le nevue de Rameau, 1821), che 
                fu apprezzato e tradotto da Goethe (1805). E' un romanzo in forma 
                di dialogo. Un giorno dopo cena il narratore (Io) incontra al 
                'Café de la Régence' il nipote del celebre musicista 
                Rameau (Lui), uomo estroso anticonformista, "strano miscuglio 
                di altezza e di bassezza". Nasce una briosa conversazione, 
                piena di paradossi e con pantomime. Rameau racconta la propria 
                vita, evoca lo zio, geniale musicista ma avaro e pessimo padre 
                e marito. E' lo spunto per in fierire contro i cosiddetti uomini 
                di genio Rameau si vanta dell'abilità nello scroccare pranzi 
                e regali ai ricchi grazie al talento di divertente intrattenitore. 
                Si parla dell'educazione dei figli, delle teorie musicali, e di 
                quelle che Rameau defini sce gli "idiotismi morali", 
                cioè "le eccezioni alla coscienza generale" di 
                cui dà molti esempi. Rameau, pił sicuro di sé, afferma 
                la supremazia del proprio immoralismo contro il tradizionalismo 
                del narratore. Il narratore sostiene che la felicità consiste 
                nel soccorrere gli infelici, Rameau oppone la realtà, che 
                mostra una infinità di persone oneste infelici e molti 
                felici disonesti. Afferma che bisogna raggiungere anzi "il 
                sublime nel male". Disturbato da queste dichiarazioni, il 
                narratore dirotta la conversazione sull'arte musicale come imitazione, 
                e di nuovo si riaccende la discussione. Alla fine del dialogo, 
                dopo aver appreso che Rameau educa il proprio figlio al valore 
                del denaro, il narratore si chiede come mai Rameau non sia riuscito 
                a far nulla di valido. Dotato di un carattere impulsivo e non 
                autodisciplinato, gli è stato impossibile affermarsi in 
                una società che obbliga gli individui a non essere sé 
                stessi quando hanno bisogno di qualche cosa. La conversazione 
                termina con l'ultima sfida di Rameau: "riderà bene 
                chi riderà ultimo". Jacques il fatalista e il suo 
                padrone (Jacques le fataliste et son maître) fu pubblicato 
                a puntate nella «Correspondance littéraire» di Grimm, nel 
                1773-1775. Uscì poi un volume nel 1796. Protagonista è 
                Jacques, che viaggia a cavallo con il suo padrone attraverso la 
                Francia, conversando con lui. Essi si sono incontrati per caso 
                e vanno alla ventura. Jacques racconta al suo padrone la storia 
                della sua vita e i suoi amori. Il racconto è continuamente 
                interrotto da contrattempi, interventi del padrone e digressioni 
                dello stesso Jacques sulla libertà, il destino, la provvidenza, 
                tutte tendenti a dimostrare che ciò che accade al l'uomo 
                sulla terra "sta scritto lassł". Il cavallo del padrone 
                viene rubato, ne comprano un altro da un viaggiatore di passaggio 
                e l'animale li porta dritti verso delle forche (vuote). Si scopre 
                che il cavallo era quello del boia di una città vicina. 
                Una delle pił lunghe digressioni è il racconto dell'ostessa 
                di una locanda, sulla perfida Madame de Pommeraye che, per vendicarsi 
                del marche se des Arcis che non l'ama pił, gli fa sposare una 
                cortigiana. Alla fine del viaggio il padrone uccide in duello 
                un rivale in amore, e Jacques viene arrestato al suo posto. Liberato, 
                ritrova il padrone e la ragazza che ama, Denise. La sposa e insieme 
                si sforzeranno "di creare dei discepoli a Zenone e a Spinoza". 
              
               
              Meno apprezzate oggi ma importanti per l'epoca, giacché 
                furono i primi esempi di dramma borghese, i due testi teatrali: 
                Il figlio naturale (Le fils naturel, 1757) fu rappresentato per 
                la prima volta nel 1771. Il padre di famiglia (Le père 
                de famille, 1758) fu rappresentato nel 1761. Le sue teorie teatrali 
                furono pubblicate insieme alle due pièces: "Conversazioni 
                sul 'Figlio naturale'", e "Discorsi sulla poesia drammatica". 
                In essi dà rilievo alla regia teatrale e alla mimica. Esse 
                ebbero notevole influenza sul teatro successivo. 
               
              A Diderot si debbono tutta una serie di interventi in vari campi, 
                con una serie di saggi e pamphlets. Manifesto del naturalismo 
                primitivistico fu il "Supplemento al viaggio di Bougainville" 
                (1796), mentre massima espressione del suo materialismo lo troviamo 
                nel "Sogno di d'Alembert" (pubblicato solo nel 1830). 
                Con le recensioni ai "Salons" diede il via alla critica 
                d'arte moderna. Fondamentali sono anche le singole voci scritte 
                per l'"Encyclopédie", e la vastissima "Corrispondenza". 
                Nelle opere teatrali e ne "La monaca", Diderot scelse 
                un li vello stilistico medio, destinato a esprimere la verità 
                e la ragionevolezza delle virtł borghesi. Per realizzarlo trasse 
                ispirazione dai romanzi di Richardson. Nei capolavori della maturità, 
                e in particolare ne "Il nipote di Rameau", superò 
                questi schemi: ispirandosi anche a Sterne costruì una narrazione 
                in cui il vero protagonista è il movimento delle idee, 
                mentre i limiti della "ragionevolezza" sono rimossi 
                e disgregati. Diderot riesce meglio nel dialogico: attraverso 
                il dialogo esprime, in forma entusiastica e scintillante, le proprie 
                contraddizioni, mette in discussione le idee stesse che propaganda. 
                Da questa ambivalenza derivano la ricchezza e l'attualità 
                della sua opera.  
               
              Indice del secolo 
              [1997]
              
             
            
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