Alessandro 
              Verri 
            
             
             
              Alessandro Verri 
               
               Nato a Milano nel 1741, partecipò giovanissimo alle 
                attività dell'Accademia dei Pugni da cui derivò 
                «Il Caffè». Dopo un soggiorno a Paris e London (1766-1767) 
                invece di tornare a Milano si stabilì a Roma dove rimase 
                tutta la vita, trattenuto dall'affetto della marchesa Margherita 
                Boccapadule Gentile e dal desiderio di indipendenza dalla famiglia. 
                Morì a Roma nel 1816. 
                 
                Esordì con la difesa polemica delle opere dell'amico Beccaria. 
                Nel periodo in cui collaborò al «Caffè» scrisse 
                anche un "Saggio sulla storia d'Italia" (1761-66) di tono divulgativo 
                e rimasto inedito. A Roma si occupò di teatro. Scenografo 
                e attore per diletto, fu tra i primi traduttori di Shakespeare 
                in italiano, con le versioni di "Hamlet" (Amleto) e "Othello" 
                (Otello). Scrisse due tragedie, Pantea di argomento classico, 
                e La congiura di Milano di argomento moderno, che pubblicò 
                insieme con il titolo di "Tentativi drammatici" (1779). Nel 1782 
                pubblicò il romanzo Le avventure di Saffo poetessa di Mitilene. 
                L'opera che gli dette fama furono Notti romane al sepolcro degli 
                Scipioni, la cui prima parte uscì nel 1792, la seconda 
                nel 1804, mentre una terza parte è rimasta inedita fino 
                al 1967. Tra gli altri scritti si ricordano una traduzione di 
                "Dafni e Cloe" di Longus Sofista (1812), il romanzo La vita di 
                Erostrato (1815). Le "Vicende memorabili de' suoi tempi dal 1789 
                al 1801" (pubbl.1858). Il carteggio con il fratello Pietro è 
                il più ricco e importante del settecento italiano. 
                 
                Alessandro Verri fu con i suoi 32 articoli il collaboratore più 
                vivace e giornalistico del «Caffè». Dimostrò la 
                necessità di rinnovare i sistemi giuridici europei, cercò 
                di svecchiare la cultura con una più moderna idea della 
                scrittura letteraria ("Saggio di legislazione sul pedantismo"), 
                e del linguaggio ("Dei difetti della letteratura e di alcune loro 
                cagioni", "Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca"). 
                Il soggiorno romano favorì il progressivo allontanamento 
                dall'illuminismo, per una visione più tetra e fatalistica 
                del destino umano. E' una crisi che coincide con la tendenza all'evocazione 
                solenne del paesaggio archeologico, il ritorno a una lingua classicheggiante 
                e enfatica: si veda il cupo quadro delle "Notti romane". Ispirato 
                dal ritrovamento nel 1780 delle tombe degli Scipioni, immaginò 
                che le ombre degli antichi uomini illustri (Caesar, Cicero, ecc.) 
                uscissero nella notte dai sepolcri e solennemente discutessero 
                sulla grandezza e gli errori della Roma pagana. Sugli elementi 
                neo-classicisti prevalgono l'apologia degli ideali cristiani e 
                la ricerca di effetti orridi, lugubri, preannuncio di atmosfere 
                romanticiste. 
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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