Giovanni
Meli
Giovanni Meli
Nato a Palermo nel 1740, dopo aver frequentato le scuole dei
gesuiti studiò filosofia e medicina. Nel 1766-1772 ebbe
la condotta medica di Cinisi [Palermo]. Fu la stagione più
feconda. Rilesse i poeti bucolici, meditò sulle pagine
di Rousseau e degli enciclopedisti, inseguì i miti illuministici
dell'uguaglianza sociale e della natura innocente scoprendo il
valore "naturalmente" poetico del dialetto. Tornato a Palermo
con una fama consolidata di poeta e di scienziato, si dedicò
all'ordinamento delle Poesie siciliane, di cui curò una
edizione in cinque volumi (1787) e una in sei (1814). Morì
a Palermo nel 1815.
La raccolta delle "Poesie siciliane" comprende vari componimenti
scritti in tempi diversi, tutti i dialetto siciliano (palermitano).
Poemetti satirici e giocosi sono La fata galante (La fata galanti,
1762), L'origine del mondo (L'origini di lu munnu, 1768). Poema
eroicomico il Don Qijote e Sancho Panza (Don Chisciotti e Sanciu
Panza, 1785-1787) al tempo stesso satira e esaltazione delle riforme
illuministiche. Le Favole morali (Favuli murali, 1810-1814) spiccano
nella'bbondante favolistica settecentesca per la sintesi di fantasia
e moralismo, la vivacità di un bestiario ricco e estroso,
la forza ariosa di alcuni racconti.
Capolavoro della raccolta è La bucolica (La buccolica).
A esso Meli si dedicò a lungo, soprattutto nel 1762-1772.
La struttura è tipicamente arcadica: 2 sonetti introduttivi,
5 egloghe e 10 idilli divisi in quattro parti, ognuna intitolata
a una stagione, secondo uno schema diffuso in europa da Pope e
Saint-Lambert. L'amore per la natura e la nostalgia rousseauniana
per la vita primitiva hanno una immediatezza senza equivalenti
nella poesia pastorale del tempo. Vi sono atteggiamenti e modi
convenzionali, ma nel complesso Meli si mostra partecipe di
una ispirazione idillica settecentesca intrisa di spiriti preromanticisti.
Stessa vitale intensità, all'interno dei metri e delle
forme dell'Arcadia, è in parte anche nelle Elegie (Elegii),
nelle Canzonette (Canzunetti) e nelle Odi. Qui scompaiono gli
spunti realistici, a vantaggio di una linea melodica e una grazia
figurativa dalle inflessioni rococò.
[1997]
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