Gian 
              Vincenzo Gravina 
            
             
             
              Gian Vincenzo Gravina 
               
               Gian Vincenzo Gravina nacque a Roggiano [Cosenza] nel 1664. 
                Dopo aver studiato lingue classiche (greco e latino), filosofia 
                e giurisprudenza a Scalea e a Napoli, nel 1689 si trasferì 
                a Roma dove ebbe la cattedra di leggi civili e poi quella di diritto 
                canonico. Morì a Roma nel 1718. 
                 
                Personalità vigorosa, nei suoi interventi fu sempre un 
                anticonformista. La fede nelle forze morali e fantastiche dell'uomo, 
                l'esigenza di un profondo rinnovamento della vita sociale sono 
                presenti oltre che nel libello anti-gesuitico "Idra mistica, o 
                sulla corrotta dottrina morale" (Hydra mystica seu de corrupta 
                morali doctrina, 1691), nelle "Nove orazioni" (Orationes novem, 
                pubbl.1712) lette nel 1712 in cui esprime le sue riforme pedagogiche. 
                Stesse esigenze etico-civili nei suoi princìpi estetici, 
                esposti nel "Discorso sopra l''Endimione' del Guidi" (1692) in 
                cui condanna le estetiche precettistiche, e nella "Ragione poetica" 
                (Ragion poetica, 1708) dove sottolinea la qualità fantastica 
                dell'attività poetica e rivaluta la poesia di Alighieri 
                a quei tempi poco compresa. Gravina scrisse altri saggi di argomento 
                letterario (Delle antiche favole, 1696; Opuscula, 1696; Della 
                divisione dell'Arcadia, 1712; De disciplina poëtarum, 1712; 
                Della tragedia, 1715), e le classicheggianti Cinque tragedie (Tragedie 
                cinque, 1712): "Palamede", "Andromeda", "Servio Tullio", "Appio 
                Claudio", "Papiniano". Il rifiuto del barocchismo nasce in Gravina 
                dal continuo confronto con la poesia del passato, da un bisogno 
                di poesia "grande", basata su sentimenti profondi e sui grandi 
                miti capaci di educare i popoli alla civiltà. Gravina trentaseenne 
                si illuse di poter tradurre in una istituzione il suo antibarocchismo 
                partecipando nel 1690 alla fondazione dell'Arcadia e dettandone 
                le leggi. Ma il "buon gusto" e l'annacquato classicismo degli 
                arcadi erano lontanissimi dai suoi intendimenti. Gravina disgustato, 
                nel 1711 provocò una clamorosa scissione , fondando una 
                nuova accademia (che nel 1714 divenne Accademia dei Quirini). 
              
               
              
               
              [1997]
              
             
            
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