Carlo
Gozzi
Carlo Gozzi
Nato a Venezia nel 1720 da famiglia nobile, ma in gravi difficoltà
economiche. Carlo si rifiutò sempre, per orgoglio aristocratico,
di ricavare guadagni dalla sua attività di letterato. Nel
1747 fu con il fratello Gasparo tra i fondatori dell'Accademia
dei Granelleschi di Venezia, una delle istituzioni pił conservatrici
del XVIII secolo italico. Morì a Venezia nel 1806.
In polemica con Goldoni e con Chiari, colpevoli di aver messo
in scena argomenti troppo realistici e plebei, pubblicò
alcuni scritti satirici, come "La tartana degli influssi per l'anno
1756" (1757). Nel 1761- 1765 fece rappresentare con successo dalla
compagnia del 'Truffaldino' Antonio Sacchi dieci Favole teatrali
che riprendevano schemi e maschere della commedia dell'arte. Gli
argomenti fiabeschi sono tratte dalle "Mille e una notte" e dal
"Pentamerone" di Basile. Vivace gioco scenico, satira di personaggi
contemporanei sono alcuni degli elementi. Le pił famose sono:
L'amore delle tre melarance (1761), una storia popolata di maghi,
fate e castelli incantati. Gozzi scrisse questa fiaba teatrale
in tre atti in prosa, in forma di canovaccio. Solo alcune parti
del testo erano state scritte. Gozzi ci ha lasciato un resoconto
accuratissimo della rappresentazione di questa fiaba satirica
nella sua "Analisi riflessiva della fiaba L'amore delle tre melarance".
La trama è questa: il figlio del Re di Coppe, principe
Tartaglia, morente di ipocondria per un'indigestione di versi
martelliani, si salva scoppiando a ridere nel vedere uno scivolone
della fata Morgana (che raffigura l'abate Chiari, il rivale di
Goldoni). La fata lo maledice in versi martelliani: non avrà
pił pace finché non avrà trovato le tre melarance
Tartaglia parte alla loro ricerca accompagnato da Truffaldino
(simbolo della commedia dell'arte). Con l'aiuto di Celio Mago
(Goldoni) che parla in prosa ed è nemico della maga, libera
da una delle melarance la bella Ninetta che vuol fare sua sposa.
Morgano contrastata invano da Celio, inventa nuovi incantesimi
per impedire la felicità di Tartaglia, ma Truffaldino involontariamente
rende vani i suoi sforzi.
Turandot (1762) sfrutta il fascino dell'esotismo. Si tratta di
cinque atti. Turandot è la bella figlia dell'imperatore
della Cina. Propone a chiunque aspiri alla sua mano tre indovinelli:
chi li risolve l'avrà in moglie, altrimenti viene decapitato.
Il principe Calaf, presentatosi in incognito, scioglie gli enigmi
con disappunto della principessa. Le promette di non sposarla
se lei indovina il suo vero nome. Turandot invano cerca di conoscerlo,
anche ricorrendo a crudeli espedienti. Riesce a scoprirlo la schiava
Adelma che, innamorata di Calaf, cercava di indurlo a fuggire
con lei. Adelma rivela il nome a Turandot, ma lei ormai ama Calaf,
e lo sposa.
L'augellin belverde (1765) è una fantasiosa caricatura
delle ideologie del secolo, cui contrappone la saggezza tradizionale.
A Sacchi fornì anche una serie di riduzioni del repertorio
tragicomico e romanzesco del teatro spagnolo del XVII secolo,
in cui introdusse le maschere: così ad esempio Brighella
ne "I due fratelli nemici" tratto da A. Moreto.
Carlo Gozzi riprese la polemica anti-illuministica nella Marfisa
bizzarra (1761-1768), poemetto eroicomico di 12 canti in ottave,
scritto sui modelli di Pulci, Folengo, Forteguerri. Dall'odio
per un nobile veneziano, Antonio Gratarol che gli aveva soffiato
l'amore dell'attrice Teodora Ricci, nacquero le Memorie inutili
(1797-1798). Si tratta di una autobiografia in tre parti, con
felici rievocazioni della sua vita e di quella veneziana dell'epoca.
In tutta l'opera di Carlo Gozzi costante è l'acre, pungente
e puntigliosa polemica contro i princìpi illuministici.
Raggiunge apprezzabili esiti solo quando, allentata la tensione,
la polemica si risolve in invenzioni umoristiche e fantastiche.
[1997]
[Up] Inizio pagina | [Send]
Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa
questa pagina | [Email] Mandaci
una email | [Indietro]
Europa: Antenati - la storia della letteratura europea online
-
© Antenati 1984-2006, an open content
project
|
|