Vittorio
Alfieri
Vittorio Alfieri
Nato a Asti nel 1749, di famiglia nobile, rimase orfano di padre
a meno di un anno. A nove anni entrò nella Reale Accademia
di Torino ma, insofferente della rigida disciplina militare, ne
uscì nel 1766. Viaggiò a lungo per tutta europa,
spesso precipitosamente, per dare sfogo alla sua inquietudine.
Disgustato degli ambienti cortigiani di Paris Vienna e Pietroburgo,
affascinato dalle solitudini dei paesaggi scandinavi e spagnoli.
Lesse gli illuministi francesi, Machiavelli, Plutarco. Tornato
a Torino nel 1773, si diede alla scrittura in isolamento. Nel
1778 non sopportando di essere legato a un monarca da vincoli
di sudditanza, lasciò alla sorella tutti i propri beni
riservandosi una pensione vitalizia. Abbandonò il Piemonte
e visse in Toscana: Siena e Firenze. Fu a Roma (1781-1783). Seguì
a Colmar [Alsazia] e a Paris, Luisa Stolberg contessa d'Albany,
che aveva conosciuto nel 1777: Luisa, separatasi da Charles Edward
Stuart pretendente al trono d'England, divenne la sua compagna.
assistette alla rivoluzione Parisna, poi nel 1792 se ne tornò
in Italia stabilendosi a Firenze. Morì a Firenze l'8 ottobre
1803, e fu sepolto nella chiesa di Santa Croce.
Documento del processo di crescita culturale sono i "Giornali",
scritti per la prima parte in francese (anni 1774-1775), ripresi
poi in italiano (1777).
Nel 1775 fece rappresentare la sua prima tragedia, Cleopatra,
che ebbe successo e lo incoraggiò a scriverne altre venti.
Oltre alle tragedie, si impegnò in un lavoro di studio
dei classici italiani, da Alighieri a Tasso, della grammatica,
e di traduzione di numerosi testi latini. Una tramelogedia è
definita l'Abele, cioè una «tragedia mista di melodia e
di mirabile». La tragedia Filippo fu ideata nel 1775, pubblicata
nel 1783. Sono cinque atti in versi. Per la figura di Filippo,
protagonista della tragedia, Alfieri si ispirò al Tiberius
di Tacitus. Questa la trama: don Carlos figlio di Filippo II di
Spagna, e Isabella di Valois sposa al re per ragioni di stato,
scoprono di amarsi. Quando Isabella impone a don Carlos di lasciare
la corte è troppo tardi: Filippo ha indovinato il loro
segreto e sfrutta l'occasione per sfogare il suo odio contro il
figlio. Ne trama la morte, con astuzia e false accuse, assumendo
la maschera crudele e fredda della virtł. Dopo aver fatto assassinare
Perez, fedele amico di don Carlos, costringe il figlio e Isabella
a uccidersi sotto i suoi occhi. Già in questa tragedia,
come pure in Polinice (1775-1783) e Antigone (1776), la struttura
della tragedia alfieriana è delineata. Elementi centrali
sono il problema della libertà e del potere, dell'affermazione
dell'individuo nei confronti dell'oppressione tirannica e delle
leggi della politica. E' una tematica che si arricchisce progressivamente
di una profonda e sofferta riflessione sulla vita umana, sui sentimenti
pił intimi, sulla società. L'argomento politico è
dominante nelle cosiddette "tre tragedie della libertà",
il gruppo formato da La congiura de' Pazzi (1777-1789), Virginia
(1777-1783), Timoleone (1779-1784), dove una aristocrazia arrendevole
di fronte alla tirannide si contrappone a una plebe depositaria
degli ideali di libertà e autentica nobiltà. In
Merope (1782-1783) è l'attenzione anche per i conflitti
psicologici-sentimentali, con il tema dell'amore materno. Il lavoro
di scavo giunge alla massima profondità in "Saul"
e in "Mirra", i suoi due capolavori. Saul (1782) è
una tragedia di argomento biblico, povera di avvenimenti esterni,
mette in primo piano la figura del protagonista diviso tra ribellione
titanica contro la divinità e esasperata volontà
di dominio, di competizione con il giovane David. L'esito finale
sarà il suicidio di Saul. La tragedia è divisa in
cinque atti, in versi: nella pianura di Gelboè l'esercito
di Israele guidato da re Saul attende di misurarsi contro i filistei.
David, già scacciato da Saul per gelosia, nonostante fosse
sposo di sua figlia Micol e amico fraterno dell'altro figlio Gionata,
è giunto in campo per combattere l'indomani con il suo
popolo. Saul lo riaccoglie. I successivi colloqui del re con i
figli, con David, con il ministro Abner, rivela no i suoi tormenti
e le sue malinconie, accentuati dal contrasto tra la propria vecchiaia
e la giovinezza e i successi di David. ossessionato dall'ansia
di dominio assoluto, Saul fa mettere a morte il sommo sacerdote
Achimelec. David lo abbandona. Assalito e sconfitto dai filistei,
Saul si uccide. In Mirra (1784-1786) invece, la corte non è
il teatro di lotte per il potere ma luogo dove avvengono drammi
individuali. Il tema ovidiano dell'incesto è ricondotto
alla intimità psicologica del personaggio di Mirra, tragicamente
innamorata del padre e incapace, come Saul, di trovare una via
d'uscita che non sia quella del suicidio. Mirra dunque ama il
padre Ciniro re di Cipro. Né i genitori né la nutrice
Euriclea sanno trovare la spiegazione al turbamento visibile della
fanciulla, che non sembra causato dalle prossime nozze con Pereo.
Mirra conferma al padre la decisione di sposare Pereo, ma sviene
durante i preparativi delle nozze. Pereo, sicuro di essere odioso
a Mirra, si uccide. Ciniro, sconvolto, interroga la figlia: nel
corso del tempestoso colloquio Mirra si lascia sfuggire la confessione
fatale, uccidendosi subito dopo con la spada del padre.
Negli stessi anni di composizione della tragedie, Alfieri scrive
una serie di opere di carattere morale e politico. Il trattato
"Del principe e delle lettere" (1778-1786, pubblicato
nel 1789) in cui Alfieri sostiene la necessità che il poeta
sia libero per riuscire, come è suo compito, a essere banditore
di verità, e assegna alla poesia il valore di massima espressione
di libertà e eroismo. Nel "Della tirannide" (1777-1789,
pubblicato nel 1789) insiste sui limiti che i regimi tirannici
pongono alla realizzazione dei singoli, e con ciò giustifica
il tirannicidio. Nel dialogo "Della virtł sconosciuta"
(1786) esalta la virtł che disdegna gli allettamenti della gloria.
Delle sue Rime diede un primo ordine nel 1789, mentre una seconda
parte fu aggiunta postuma nel 1804. Attuò qui una rimeditazione
dei modelli lirici della letteratura italica, in particolare di
Petrarca, da cui Alfieri derivò soluzioni ritmiche e lessicali,
ma riorganizzandoli in uno stile nuovo, franto e drammatico. L'ordine
è quello cronologico, ispirato probabilmente al modello
petrarchesco. Oltre ai componimenti raccolti nelle "Rime",
sono importanti altri componimenti. Nell'ode Paris sbastigliato
(1789) si mostra favorevole alla rivoluzione francese. Gli avvenimenti
successi gli fecero cambiare idea: feroce satira antifrancese
è il Misogallo (1798), un insieme di epigrammi, sonetti
e prose. All'ultimo periodo della sua produzione appartengono
anche le Satire (1786-1797) in terza rima.
All'ultimo periodo della sua vita risalgono anche sei commedie
(1800-1803) dedicate a temi di satira politica, con la critica
dell'assolutismo e del servilismo delle plebi (L'uno, I pochi,
I troppi, L'antidoto), e la satira morale (La finestrina, Il divorzio).
Alfieri ha lasciato la sua autobiografia nella Vita (1790 e 1804):
in un secolo che vide la massima diffusione di questo genere,
la sua autobiografia è tra le cose migliori. Pił che all'esattezza
cronistica mirò a delineare una figura ideale di uomo e
di scrittore, che coltiva sentimenti eroici e assume atteggiamenti
agonistici. Usò allo scopo una prosa del tutto nuova, molto
diversa da quella usata nei trattati politici, ricca di neologismi
e di audacie sintattiche.
Alfieri è un erede dell'illuminismo, ma ha smarrito l'ottimismo
settecentesco. Porta alle estreme conseguenze le idee libertarie
del XVIII secolo in una accezione radicale e individualistica,
originariamente anarchica (o, se si vuole, di matrice aristocratica
radicale): dopo l'esperienza della rivoluzione francese, la sua
divenne ideologia conservatrice e nazionalistica. Ciò che
contribuì alla sua fortuna nel XIX secolo delle lotte nazionalistiche
italiche. Nella sua produzione sono atteggiamenti tipici della
cultura europea del suo tempo: dalla produzione ossianica e sepolcrale,
e dallo sturm-und-drang. Con Alfieri irrompe nella letteratura
italiana una violenza affettiva e espressiva nuova, una tensione
irriducibile al senso comune. La sua scrittura in versi e in prosa
è concentratissima, spigolosa, anticonversevole e antimelodica,
anti-arcadista. Sono caratteristiche che si trovano espresse pienamente
nelle tragedie. Alfieri realizzava le tragedie attraverso tre
fasi: ideazione, stesura in prosa, versificazione. Le sue strutture
riflettono un intenso travaglio. Il ritmo è quello degli
endecasillabi sciolti, spezzati. Sono deliberatamente eliminati
tutti gli elementi accessori: per esempio il coro, i confidenti,
mantenuti anche dalla tragedia francese, è soppresso. Nelle
intenzioni di Alfieri, la realizzazione e contrapposizione di
un modello italiano, diverso da quello francese. Una riforma che
non ebbe seguito. Alfieri evita gli intrecci complicati, i colpi
di scena e i mutamenti psicologici: le sue tragedie sono dominate
dalla figura del protagonista che si sottrae a ogni possibile
compromesso e su cui fin dall'inizio incombe la catastrofe: campione
di una umanità in lotta per la propria affermazione, necessariamente
destinato a soccombere.
Bibliografia: Vittorio Alfieri
tragedie: Cleopatra (1775) Filippo (1775-1783) Polinice (1775-1783)
Antigone (1776) Virginia (1777-1783) Agamennone Oreste La congiura
de' Pazzi (1777-1789) Don Garzia Maria Stuarda Rosmunda Ottavia
Timoleone (1779-1784) Merope (1782-1783) Saul (1782) Agide Sofonisba
Mirra (1784-1786) Bruto I Bruto II Alceste seconda
Abele (tramelogedia)
commedie: L'uno I pochi I troppi L'antidoto La finestrina Il
divorzio
trattati: Del principe e delle lettere (1778-1786, pubbl.1789)
Della tirannide (1777-1789, pubbl.1789) Della virtł sconosciuta
(1786)
Rime (1789, 1804) Paris sbastigliato (ode, 1789) Misogallo
(1798) Satire (1786-1797)
Giornali (1774-1777) Vita (1790, 1804)
[1997]
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