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          |  Produzione 
              culturale ebraica nel XVIII secolo
  
              Produzione culturale ebraica nel XVIII secolo
 Nell'ambito della cultura ebraica, alla corrente mistica risalente 
                allo "Zohar" di Mosheh de León, si riferisce 
                Mosheh Luzzatto. In ebraico si espressero, almeno in parte, 
                i seguaci diretti o indiretti del filosofo Moses Mendelsshon (Berlin 
                1729\1786), esponenti della haskalah cioè dell'illuminismo 
                ebraico dell'europa centro-orientale. L'haskalà , l'illuminismo 
                ebraico, considerava deteriore l'uso dello jiddish. In un'epoca 
                in cui l'esodo rrale e l'urbanizzazione tendevano ad allontanare 
                gli ebrei dalle campagne e dagli antichi modi di vita, anche lo 
                jiddish cominciò a perdere il suo antico ruolo sociale; 
                per l'illuminismo ebraico, lo jiddish era simbolo delle tenebre 
                e della vita del ghetto. Così ad esempio, N.W. Wesseley 
                nella sua opera "Divrei shalom weemet", definiva lo 
                jiddish una «lingua tedesca deformata e corrotta» il cui uso era 
                d'ostacolo all'integrazione degli ebrei nella società germanica. 
                Le commedie satiriche di Isaac Euchel e Aaron Wolfsohn (1790), 
                rappresentanti dell'illuminismo ebraico in Germania, forniscono 
                un esempio istruttivo: solo i personaggi negativi parlano in jiddish, 
                motivo di disprezzo e dileggio, mentre gli eroi ostentano un tedesco 
                puro. Per reagire alle traduzioni in jiddish della Bibbia e i 
                vecchi metodi di accesso ai testi sacri, Moses Mendelsshon iniziò 
                la sua traduzione della Bibbia in nuovo alto-tedesco, in caratteri 
                ebraici. Era un processo di rivolta contro il vecchio, appoggiato 
                dalle autorità politiche che incoraggiavano la germanizzazione 
                e l'abbandono dei particolarismi ebraici: la politica assolutista 
                di Federico II, e lo stesso "editto di tolleranza" (Toleranzpatent) 
                di Giuseppe II (1782) miravano all'assimilazione degli ebrei. 
                Agli inizi del XVIII secolo risalgono le prime testimonianze a 
                stampa del teatro jiddish. Il teatro jiddish ha una tradizione 
                tarda, a causa dell'atteggiamento ostile dei rabbini verso gli 
                attori e la commedia. Eppure all'origine del teatro jiddish è 
                il Purim shpil, rappresentazione biblica recitata per la 
                festa di Purim: si tratta di una drammatizzazione della liturgia 
                che si è andata formando intorno alla lettura del Rotolo 
                di Ester, una emanazione diretta dei riti carnascialeschi. Commedie 
                legate al riso senza freni, al "mondo alla rovescia". 
                Partendo dal racconto di Ester si insinua una critica sociale 
                che tende a denunciare i privilegi, abbattere le gerarchie, disinnescare 
                i conflitti sempre latenti nel ghetto ebraico. All'inizio il Purim 
                shpil si rifaceva alla tradizione della cultura popolare comica 
                e ai suoi principali protagonisti, i badchonim, intrattenitori 
                e improvvisatori che interpretavano, durante i matrimoni, canzoni 
                (chons kale lider) e sermoni in parodia; i letsonim erano buffoni, 
                folli, che alternavano canti mimi e musica, mentre il marshalik 
                era il maestro di cerimonie. Non è da trascurare l'influenza 
                del teatro cristiano, tra cui i fastnachspieln, rappresentazioni 
                comiche recitate durante la festa del martedì "grasso".
 Il manoscritto pił antico del teatro jiddish risale al 1697 e 
                si intitola Eyn sheyn purim shpil (stampato a Francoforte nel 
                1708 con il titolo Eyn sheyn naye Ahasveres shpil): personaggio 
                principale è Mordechai, eroe comico attorno cui si cristallizzano 
                gli ingredienti della parodia carnevalesca (trasgressione verbale, 
                esagerazione del gesto, battute oscene); lo scontro tra Mordechai 
                e Hamman dà luogo a dispute, risse, ingiurie, botte secondo 
                la tradizione della commedia dell'arte. Lo shrayber o soyfer, 
                una specie di Bertoldo, assicura il passaggio da una scena all'altra.
 Tutta una serie di drammi è basata su temi biblici: Giuseppe 
                (Mekhres Yosef, Francoforte 1707), Giona (Hanau 1717), il sacrificio 
                di Isacco , re Salomone, re Saul, David e Golia, Mosè e 
                il faraone (alla metà del XVIII secolo); alcuni si ispirano 
                a personaggi aggadici e midrashici (il profeta Elia, Asmodeo). 
                Con il Reb Hanokh e il Leichtsin un Fremelei (1796) di A. Wolfsohn-Halle 
                siamo all'interno della produzione moderna, influenzate dall'ideologia 
                dell'haskalà .
 
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