Guy 
              de Maupassant: opere 
            
             
             
               Guy de Maupassant: opere 
               
               Il suo esordio letterario è legato al racconto Palla 
                di sego (Boule de suif, 1880), apparso nel volume collettivo "Le 
                serate di Médan". Maupassant nel suo racconto fa sfoggio 
                del suo talento di acuto osservatore, frusta con violenza satirica 
                piccoli e grandi borghesi, smascherati nella loro vigliaccheria 
                dalla guer ra. Presenta con asprezza grottesca il penoso sacrificio 
                di una prostituta immolata al pudore delle dame e alla preghiera 
                di due suore. Nel 1881 uscì il primo volume di racconti, 
                Casa Tellier (La maison Tellier), seguito da Signorina Fifì 
                (Mademoiselle Fifi, 1882). 
                 
                Pubblicò poi una serie di romanzi di grande successo. Una 
                vita (Une vie, 1883) dalla delicata trama, centrata su una figura 
                femminile di derivazione flaubertiana. Bel-Ami  (1885) 
                sfrutta il te ma della scalata sociale attraverso il giornalismo 
                e le donne per condannare politicamente l'alta finanza speculativa 
                e coloniali sta. Protagonista è Georges Duroy, giovane 
                e ambizioso, che va a Paris dalla provincia, in cerca di fortuna. 
                L'amico Charles Fo restier riesce a farlo entrare nel giornalismo. 
                Il successo con le donne aiuta Georges a fare carriera. Diventato 
                Bel-Ami, sfrut ta abilmente e spietatamente le simpatie e le passioni 
                che ispi ra. Morto Forestier ne sposa la vedova Madeleine da cui 
                si fa ce- dere metà di una cospicua eredità. Mira 
                poi a Susanne, figlia se dicenne del proprietario del suo giornale. 
                Per poterla sposare deve liberarsi di Madeleine. La fa sorprendere 
                in intimo colloquio con il ministro Laroche-Mathieu, e così 
                può divorziare. Rapisce Susanne, costringe il padre a dargliela 
                in moglie. La ma dre, che è perdutamente innamorata di 
                Bel-Ami, impazzisce di dolore. 
                 
                Seguirono Mont-Oriol (1887). Pierre e Jean (Pierre et Jean, 1888) 
                analisi di una coppia di fratelli improvvisamente divisi da una 
                eredità e dalla scoperta della loro origine adulterina. 
                Del 1889 è Forte come la morte (Fort comme la mort). L'ultimo 
                suo ro manzo fu Il nostro cuore (Notre coeur, 1890), bilancio 
                fallimen tare di una vita di scapolo. 
                 
                Parallela alla scrittura dei romanzi è quella dei racconti, 
                in cui diede il meglio delle sue capacità stilistiche. 
                Si leggano Miss Harriet (1884), Le sorelle Rondoli (Les soeurs 
                Rondoli, 1884), Chiaro di luna (Clair de lune, 1884), Tonie (1885), 
                Rac conti del giorno e della notte (Contes du jour et de la nuit, 
                1885), Monsieur Parent (1886), Le Horla (1887), La mano sinistra 
                (La main gauche, 1889). 
                 
                Tra fiction e giornalismo si pongono Le domeniche di un borghese 
                a Paris , dieci testi aventi per protagonista il borghese Patissot, 
                cinquantenne scapolo impiegato, uomo d'ordine che si identifica 
                con Napoleone III. Patissot anche nel nome denuncia il suo essere: 
                fusione di "pâtir" (soffrire) e di "sot" (stupido), a indicare 
                un inutile, stolido patimento, una sofferenza meschina. Dietro 
                questo personaggio è già una tradizione consolidata, 
                ma non per questo meno graffiante: si pensi a Balzac con i suoi 
                me diocri travettistici e conformisti "ronds-de-cuir" (mezzemaniche) 
                in opere come "Gli impiegati", "I piccoli borghesi", "Fisiologia 
                dell'impiegato"; ma anche disegnatori come Gavarni e Henry Monier 
                si erano esercitati a caricaturare l'ottusa bolsaggine di questa 
                specie umana; fino a Bouvard e Pécuchet, i due copisti 
                flaubertiani, quelli che il loro autore chiamava «i miei due idioti», 
                e Taine «i due lumaconi maniacali». Nel 1893 sarà un romanzo 
                come "Signori mezze-maniche" di Georges Courteline. Maupassant 
                cominciò a pubblicare il suo racconto tra il 31 maggio 
                e il 16 agosto 1880 su «Le Gaulois». Verso questo personaggio 
                Maupassant prova l'odio-amore che Flaubert provava per i suoi 
                Bouvard e Pécuchet. Nelle prime pagine descrive l'unico 
                momento di gloria del suo pa tetico Patissot, quando cioè 
                scopre con stupito orgoglio di poter assomigliare all'imperatore 
                Napoléon III. L'impiegato-Patissot è una sovrapposizione 
                macchiettistica, che si spoglia volontariamente di ogni individualità, 
                si mortifica beatamente in una iden tificazione che viene beffardamente 
                sottolineata: «Così diventò talmente simile al modello 
                che si poteva scambiarli l'uno per l'altro». Maupassant lo descrive 
                quasi chaplinianamente: le scarpe che ha comprato per le sue gite 
                che lo fanno scivolare grottescamente, i vestiti che si infangano, 
                le larve per la pesca che gli esplodono tra le dita quando cerca 
                di infilzarle nell'amo. La resistenza del mondo è vissuta 
                con il disagio, con lo stupore del borghese che scopre il mondo 
                alieno. Maupassant insegue con sguardo impietoso, con effetti 
                farseschi e di vero diverti mento questo cliché di borghesuccio 
                nei suoi goffi tentativi di uscire nel mondo, inadeguato, inesperto 
                ma soprattutto incapace di esperienza. Non aspira ad altro che 
                a un modello, a una guida cui conformarsi. Velleitario ma impotente, 
                cerca di fingersi, si mimetizza nella moda, si dota del necessario 
                per apparire. Per una tranquilla passeggiata in campagna (a Versailles, 
                Saint- Cloud, allora molto di moda tra i Parisni) si barda in 
                modo iperbolico, subendo la vendetta del suo stesso abbigliamento: 
                «Patissot ansimava, gravato dallo zaino, le gambe massacrate dal 
                le ghette, strascinando nella polvere gli scarponi più 
                pesanti di palle di cannone»; e naturalmente la cartina militare 
                cui si af fida lo porterà a perdersi. Maupassant non concede 
                al suo perso naggio alcuna speranza di redenzione, lo abbandona 
                per sempre al ridicolo. Tutto attorno a Patissot è stereotipo, 
                Maupassant ap profitta ghiottamente di quest'occhio bovino per 
                mimare i toni, le immagini più ricalcate e viete della 
                letteratura, quello stpi dario borghese insomma di cui Flaubert 
                diede il "Dizionario". 
               
              
               
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