Flaubert:
l'aristocrazia borghese e la piccola borghesia
Flaubert: l'aristocrazia borghese e la piccola
borghesia
Protagonisti dei romanzi di Flaubert sono
dei borghesi e delle casalinghe. Una caduta sociale rispetto ai
nobilotti di Stendhal. Il denaro, la competizione economica, il
successo, tutti gli ele menti della nuova società industriale
ottocentesca con il loro risvolto tragico di bancarotte, fallimenti,
truffe. La città di Flaubert non è più sede
di palazzi e giardini, ma di botteghe, ristoranti, bordelli, teatri
da commedia. Così ne "L'educazione sentimentale" è
il provinciale Frédéric Moreau che sogna grandi
passioni e successi letterari ma studia senza impegno legge; un'eredità
avuta da uno zio lo porta a una vita solo leggermente più
mondana e dissipata. Un romanzo sull'a mor platonico e romantico
(lui ama la bella dolce e triste Madame Arnoux), impossibile nel
nuovo tempo storico. Un tempo storico di cui i personaggi sono
solo spettatori: è proprio la sera del feb braio 1848,
quando crolla la monarchia e il "popolo sovrano" esulta nelle
strade che lui aspetta invano lei nella garçonniere.
Ma mentre scrittori come Balzac e Stendhal
intervenivano nel corso della narrazione con commenti e giudizi,
o identificandosi con questo o quel personaggio, Flaubert si limita
a scegliere i fatti e a tradurli in linguaggio, convinto che la
perfetta espressione di un fatto basti a interpretarlo. Lo scrittore,
per Flaubert, deve rinunciare a confessarsi, a prendere posizione:
deve dimenticarsi e vivere unicamente in funzione dell'opera.
A questa ascetica e fanatica concezione dell'arte, fondamentale
come prima definizione della cosiddetta teoria dell' "impersonali
tà", Flaubert giunse reprimendo le fortissime tendenze
"romantiche" della sua personalità, senza tuttavia averne
completamente ragione: di qui la compresenza di romanzi realistici
e romanzi di immaginazione e, in quelli realistici, fantasie e
nostalgie idea li pur ironicamente censurate e rimosse ma sempre
sottintese.
Isolamento e annullamento nel lavoro artistico
conseguono, in Flaubert, al rifiuto di partecipare alla vita sociale
del suo tempo. Flaubert avvertì traumaticamente la crisi
della società borghese, lo scacco dei valori individuali
e l'avvento della società di massa, la degradazione del
conformismo. Sullo scrupolo analitico prevalgono orrore e disgusto.
Benché il suo metodo ab bia aperto la strada alla scuola
naturalistica di Zola, Flaubert non fu lo storico della società
del suo tempo. Il denaro è pre sente nella sua opera ma
a Flaubert sfuggono i rapporti economici su cui si regge l'ordinamento
sociale.
Flaubert è lo scrittore della frustrazione.
Ciò è particolarmente evidente nel suo capolavoro,
"L'educazione sentimentale", il cui filo conduttore è la
passione mai appagata del protagoni sta per Madame Arnoux. La
narrazione è tutto un susseguirsi di slanci delusi, progetti
abortiti, occasioni mancate. L'alternanza di partecipazione e
ironia e lo stesso stile, apparentemente og gettivo in realtà
elusivo, finiscono per comunicare un senso di angoscia quasi intollerabile.
Negli ultimi anni l'odio antiborghese di
Flaubert diventò ossessione antisociale. E come Baudelaire,
finì per confondere in un'unica condanna capitalismo e
democrazia, scienza e pseudo scienza. Scriveva il 29 luglio 1874
a Turgenev: «ciò che sarà al la ribalta per forse
due, tre secoli, è roba da far vomitare un uomo di gusto.
E' ora di sparire». E' la molla che porta a "Bou vard e Pécuchet".
Flaubert è un borghese. Appartiene
per famiglia all'alta borghesia ma non alla borghesia industriale.
Nel mondo borghese che ha visto il fallimento e la regressione
dell'aristocrazia nobi liare, l'alta borghesia ricerca un modo
di vita aristocratico. L'aristocraticismo di Flaubert vede nella
piccola e media borghesia il baratro aperto sotto i piedi dell'alta
borghesia agiata, il peccato d'origine ma anche la tara genetica
i cui effetti si fanno sentire nelle manifestazioni, culturali
e sociali, dell'alta borghesia. L'impossibilità all'aristocraticismo
nell'era borghese è il tema di Flaubert. Una impossibilità
che Flaubert tenta di disinnescare procedendo a una analitica
revisione di quegli atteggiamenti piccolo-borghesi contro cui
si rivolta ma che sente compresenti, componenti indissolubili
di una parte di sé: il proprio male interiore. Di qui lo
scacco cui sono sottoposti sempre i suoi personaggi.
Il successo editoriale e critico di Flaubert
nella epoche successive non deriva solo dagli effetti di lungo
termine provocati dallo scandalo del processo di "Madame Bovary".
Flaubert certa mente ha contabilizzato gli effetti della critica
che lo ha incensato come martire della libertà espressiva,
come ribelle alla società borghese (una ribellione in cui
sia la destra che la si nistra politica si è riconosciuta).
Ma certamente soprattutto per i temi affrontati. Temi vari, propri
di un periodo di transizione culturale in cui la compresenza non
riesce a farsi scelta monolitica. I vantaggi di Flaubert sono
stati anche quelli di non es sersi esaurito nella monoliticità
di un unico tema o di un unico stile, anche se poi è avvertibile
una certa debolezza, anche nel la singola opera ciò che
lo ha reso non uno scrittore- mostrosacro, ma certamente uno scrittore
stimolante. Così se "Ma dame Bovary" ha avuto successo
negli anni '80 del secolo, e poi negli anni '20 quando si è
avuto un rivàival del mondo- piccolo (anche con sfumature
e cadute sentimentaleggianti piccolo- borghesi, proprio quelle
sfumature cui Flaubert tentava di sfug gire con lo sprezzo della
critica), un testo come "Salammbô" ha avuto successo in
epoca estetistico-decadentista.
Mentre "Bouvard e Pecuchet" è rimasto
quasi senza lettori finché non se ne è data una
nuova lettura a partire dagli anni '60 del XX secolo (si pen si
all'influenza e il prestigio che l'opera ha goduto per scrit tori
come Queneau, Georges Perec, Calvino).
Certamente la dichiarazione di poetica che
ha avuto più in fluenza è stata quella relativa
all' "oggettività". La scuola naturalistica ne fece il
proprio cavallo di battaglia. Attraverso l' "oggettività"
e la scomparsa dal testo dell'autore, l'autore si difendeva dalla
storia, 'allora' particolarmente convulsa e coinvolgente soprattutto
nell'aspetto politico-sociale: le re pressioni e le censure di
cui il potere politico dominante era in grado di compiere, non
solo con la repressione poliziesca ma anche con quella economica.
Scrivere sulla realtà, imperativo cate gorico dal punto
di vista etico, era scomodo per il potere. L' "oggettività"
si pone come mezzo di auto-difesa per lo scrittore. Ma non è
solo ipocrisia o tentativo di sfuggire alle conseguenze sociali
di ciò che si scrive, mezzuccio di deresponsabilizzazione.
Agisce nell' "oggettivismo" l'istanza scientista: lo scritto re
è lo scienziato della realtà sociale e umana. Colui
che ricerca la verità, una verità scomoda, anche
per lo scrittore e per il ceto sociale cui esso appartiene. La
volontà "oggettivista" porta così a testi che vanno
oltre gli scrittori stessi, la loro personalità e il gruppo
sociale (dominante) cui appartengono. Tra scrittore e gruppo sociale
di appartenenza si determina una frat- tura, che è poi
un preannuncio della frattura che si determinerà come cosciente
tra individuo e società di massa.
Le opere di Flaubert appartengono al realismo
ottocentesco. Alle sue opere si richiamarono sia Maupassant che
la scuola naturalistica. Per la sua concezione dell'oggettività
dell'arte, il culto strenuo dello stile, l'implicito nichilismo,
ha avuto una enorme influenza sulla maggior parte delle poetiche
del XX secolo, dall'imaginismo di Pound alle tecniche del nouveau-
roman, al la radicalizzazione del negativo di Beckett.
© Antenati - 1994-1997
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