Juliusz 
              Slowacki 
            
             
             
               
                
                   Juliusz Slowacki 
                
                Nato in quella che allora si chiamava Krzemieniec 
                [oggi Kremenec, Ucraina] nel 1809, viaggiò a lungo in Svizzera, 
                Italia, Grecia, Medio Oriente. Nel 1839 si stabilì a Paris, 
                dove morì nel 1849.  
                 
                 Influenzato dalle teorie del mistico Towianski, 
                Slowaski si convertì a una letteratura di ispirazione filosofico-religiosa, 
                incentrata sul mito del poeta-vate che assolve una missione storica 
                e spirituale tra i propri compatrioti.  
                Esordì nel 1830 con due raccolte di poesie ("Mindowe", 
                - "Hugo"), molto influenzate da Byron. Ma già 
                nel 1833 mostra una sua originale vena romanticista con il racconto 
                in versi  Lambro, e con il poemetto  Ora di meditazione 
                dedicato al primo amore, Ludwika Sniadecka, e al primo amico d'infanzia, 
                L. Spitznagel, morto suicida. Subito dopo si cimentò in 
                un'opera pił vasta, il dramma  Kordian (1834): in forme 
                lirico-simboliche complesse Slowacki tenta di interpretare e emblematizzare 
                il fallimento dell'insurrezione del 1830 spiegandola con l'incapacità 
                all'azione, che sarebbe connaturata allo spirito mistico della 
                sua gente. Questo tema è ripreso e arricchito di nuove 
                motivazioni nel poema in prosa biblica Anhelli (1838), 
                e in tre tragedie di stile shakespeariano che evocano altrettanti 
                momenti della storia e della tradizione leggendaria polacca:  
                Balladyna (1839) tratta da una antica ballata popolare, ricca 
                di elementi magici e fantastici;  Mazepa (1840) dedicata 
                al famoso eroe nazionale ucraino; e  Lilla Weneda (1840) 
                che risale a epoche della preistoria e delinea il dramma del paese, 
                sempre diviso tra spinte battagliere e fatalistiche rinunce.  
                L'indifferenza con cui i connazionali accolsero queste opere, 
                fece scattare in Slowacki la molla insospettata dell'ironia: nel 
                poema  Beniowski (1841) protagonista è una singolare 
                figura di avventuriero del XVIII secolo, Maurycy Beniowski, e 
                tramite suo Slawacki polemizza allusivamente con i polacchi contemporanei. 
                L'opera piacque, e Slawacki, confortato dalla certezza di poter 
                svolgere un lavoro utile al suo popolo e al pubblico degli esuli, 
                si impegnò nella fondazione di un teatro patriottico e 
                religioso. Nacquero così i drammi  Il teschio d'oro 
                (Z ota czaszka, scritto probabilmente nel 1844, pubblicato postumo), 
                 Padre Marco (1843),  Il sogno argenteo di Salomè 
                (Sen srebrny Salomei, 1844). Sono drammi progressivamente segnati 
                da un ardore mistico, da una concezione messianica dell'arte, 
                che ebbe la maggiore espressione nel poema filosofico  La genesi 
                dello Spirito (1845-1846), e nella incompiuta raccolta di 
                rapsodie  Il Re-Spirito (1847).  
                 
                 Slowacki fu un intellettuale esuberante e 
                eclettico, che espresse nei suoi drammi e poemi, con virtuosistica 
                padronanza di ritmo e linguaggio, il martirio della patria e la 
                condanna del suo tempo.  
                 
              
              Contesto storico  
              
             
            
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