Friedrich
Schiller
Friedrich Schiller
1) notizie biografiche
Nato a Marbach [Stoccarda] nel 1759. Figlio
di un modesto ufficiale, nel 1773 fu accolto come cadetto nell'accademia
militare del duca Karl Eugenio del Württemberg, per prepararsi
a entrare al servizio del duca. Studiò giurisprudenza e
poi medicina, ma studiò e lesse anche Klopstock, Bürger,
Goethe.
Per assistere alla prima rappresentazione de "I masnadieri", vietato
nel Württemberg, Schiller si allontanò dal reggimento
senza autorizzazione. Fu arrestato dal duca, che gli impose di
non scrivere più . Schiller fuggì a Mannheim. Continuò
a viaggiare, sempre in pericolo e economicamente disagiato. Nel
1783 trovò rifugio presso la fami- glia Wolzogen a Bauerbach
in Turingia. Malato, tornò a Mannheim, dove si impiegò
come drammaturgo di corte. Dopo due soggiorni a Lipsia e a Dresda,
attraversò una crisi personale, alla quale trovò
conforto nell'amicizia di Christian Gottfried Kö rner. Nel
1787 si stabilì a Weimar: sono anni piuttosto fecondi ("Don
Carlos" ecc.).
Nel 1789 su raccomandazione di Goethe è nominato professore
di storia all'Università di Jena. Lo studio approfondito
di Homeros e Euripides, le sue traduzioni di capolavori antichi
("Ifigenia in Aulide", "Le Fenicie") contribuiscono a definire
il suo gusto letterario nel senso di un ideale di misura, dignità,
libertà. Sono anni in cui a Weimar furono rappresentate
opere come il "Nathan" di Lessing, "Turandot" di Gozzi, "Otello"
di Shakespeare. Con le sue recensioni, fu in Germania uno degli
iniziatori della critica teatrale e letteraria. Nel 1790 sposò
Charlotte von Lengefeld. Scrive di storia e di estetica. Dopo
i primi difficili incontri, si stabilisce una migliore intesa
e collaborazione tra lui e Goethe. Negli anni questa collaborazione
divenne una calda amicizia. Nel 1794, mentre si faceva più
intenso lo scambio epistolare con Goethe, Schiller divenne amico
anche di Humboldt e di Hö lderlin. Nel 1798 si riavvicina
a Fichte, dopo la rottura avvenuta nel 1795. Sono anni intensi,
di scrittura e studi. Nel 1802 si stabilisce a Weimar e riceve
un titolo nobiliare. Nel 1804 potè ancora assistere a Berlin
alla rappresentazione trionfale di alcuni suoi drammi. L'ultimo
incontro con Goethe avvenne alcuni giorni prima della sua morte,
avvenuta per una affezione polmonare che lo tormentava da anni,
a Weimar nel 1805.
2) opere
I masnadieri
(Die Räuber, 1781) fu rappresentato per la prima volta nel
1782 al teatro nazionale di Mannheim, dopo che era stato vietato
nel Württemberg, ottenendo un successo grandioso. Si tratta
di una tragedia in cinque atti. La vicenda è questa: Franz
Moor carpisce al padre l'autorizzazione a rispondere al fratello
Karl, che voleva tornare alla casa paterna pentito delle giovanili
dissolutezze, e gli invia una perfida lettera con cui lo ripudia
e disereda senza appello. La delusione spinge Karl a porsi a capo
di una banda di masnadieri, con il proposito di vendicare ovunque
torti e ingiustizie. Frank, che vuole sedurre la fidanzata di
Karl Amalia, annuncia la morte del fratello in combattimento.
Spinto dalla nostalgia, Karl torna alla casa paterna e scopre
i misfatti di Franz, vorrebbe rinunciare alla vendetta giacché
è ormai dubbioso che si possa ottenere giustizia con la
violenza, ma scopre che il padre non è morto per il dolore
di averlo perso, come invece diceva Franz, ma sepolto vivo in
una torre in mezzo a un bosco vicino. Franz si sente condannato,
maledice dio e si strangola tremante per il castigo eterno. Il
padre, vedendo nel figlio il masnadiero e il responsabile della
morte del fratello, muore di crepacuore. Karl, ritenendosi indegno
di Amalia, la uc cide e si consegna ai gendarmi. Il dramma appartiene
idealmente allo sturm-und-drang. Schiller attacca le istituzioni
politiche e sociali del tempo con violenza, ma mostra anche l'aporia
della ribellione irrazionale del suo eroe, la cui grandezza consiste
nell'aver raggiunto alla fine lu cida coscienza della propria
colpa.
Del 1783 è la tragedia Fiesko, storia drammatizzata
della rivolta di Genova. Centro dell'opera è anche qui
una grande anima in conflitto tra ambizione e virtù . Si
affaccia il tema, che sarà poi peculiare delle opere migliori,
del fascino perverso del potere.
Nel 1784 fu rappresentato il dramma borghese Intrigo e amore
(Kabale und Liebe), imperniato sul tragico fallimento di un amore
puro, condannato dall'ambiente sociale in cui era facile riconoscere
l'assolutistica corte di Stoccarda. In questo periodo tenne un
discorso, come nuovo membro di una società letteraria,
intito lato Il palcoscenico come istituzione morale (Die
Schaubühne als moralische Anstalt), in cui espresse la sua
concezione del dramma come tribunale dell'anima e specchio dei
tempi.
A Weimar, in un gruppo di poesie celebrò l'arte come guida
alla suprema armonia dell'uomo: si tratta delle odi Alla gioia
(An die Freude, 1786), Gli dei della Grecia (Die Gö
tter Griechenlands, 1788), Gli artisti (Die Künstler,
1789).
Nel 1787, dopo approfondite ricerche storiche, ultima il poema
drammatico Don Carlos, concepito prima in prosa (1782-1783)
e poi svolto in pentapodie giambiche. Don Carlos figlio di Filippo
II re di Spagna, ama ancora Elisabetta che lo ha lasciato per
sposare suo padre. L'amico marchese di Posa lo spinge a andare
nelle Fiandre al posto del duca d'Alba per ridare libertà
a quel popolo, ma Filippo gli rifiuta il permesso. Intanto la
principessa d'Eboli, respinta da don Carlos, trama contro di lui
aiutata dal duca d'Alba e dal confessore di Filippo. Il marchese
di Posa muore colpito alle spalle per ordine del re. Don Carlos,
sorpreso in colloquio notturno con Elisabetta mentre progetta
di fuggire, è consegnato dal padre al tribunale dell'Inquisizione.
Sullo sfondo della lotta di liberazione dei Paesi Bassi contro
Filippo II, il sovrano viene rappresentato come un autentico eroe
tragico. Sul modello della tragedia classica francese, si intrec
ciano vicende familiari, conflitti affettivi e azioni politiche.
Incompiuto il romanzo Il visionario (Der Geisterseher,
1789), descrizione in chiave psicologica della Venezia occultistica
di Cagliostro. Qui Schiller si allontana, con interessanti risultati,
dal filone prevalente della sua drammaturgia storica.
Del 1789 è il discorso inaugurale per le sue lezioni di
storia all'Università di Jena: Che cosa significa la
storia universale e per quale scopo la si studia? (Was heisst
und zu welchem Ende studiert man Universalgeschichte?). Ispirandosi
a Herder e a Kant, sostenne la tesi che la storia, come rappresentazione
del mondo morale, contribuisce allo sviluppo umano dell'individuo.
Fanno parte dei suoi interessi storici anche alcuni saggi impor
tanti: una Storia dell'insurrezione dei Paesi Bassi (Geschichte
des Abfalls der Niederlande, 1788), e la Storia della guerra
dei trent'anni (Geschichte des Dreissigjährigen Krieges,
1790) in più volumi.
Nel 1793, ripreso lo studio di Kant, scrisse il notevole trattato
estetico Della grazia e dignità (über Anmut
und Würde). Esso fu proseguito con il trattato politico-culturale
Lettere sull'educazione estetica dell'uomo (Briefe über
die ästhetische Erziehung des Menschen, 1795) che è
un tentativo di edificare un sistema estetico in cui l'arte acquisti
dignità scientifico- filosofica. D'accordo in questo con
Goethe, Fichte e con Kant, Schiller vede nell'educazione estetica
la premessa per una politica dettata dalla ragione.
Appartengono agli anni della maturità di Schiller gli epigrammi
scritti insieme a Goethe, Xenie (Xenien, 1796), attacco
contro la critica pedantesca che aveva preso di mira la rivista
diretta da Schiller, «Die Horen». Al 1797 risalgono le ballate
Il tuffa tore (Der Taucher), e Le gru di Ibykus
(Die Kraniche des Ibycus), pubblicate in poetica gara con Goethe
nell'«Almanacco delle Muse del 1798». Con esse Schiller attua
il passaggio definitivo dal soggettivismo giovanile a una visione
universale.
Nel 1798 la prima parte della trilogia "Wallenstein" ha una accoglienza
entusiastica. La trilogia è composta da Il campo di
Wallenstein (Wallenstein Lager, 1796), I Piccolomini
(1797-1798), e da La morte di Wallenstein (Wallensteins
Tod, 1798-1799). Le vicende sono ispirate alla guerra dei trent'anni
(1618-1648), hanno inizio a Pilsen dove le truppe del duca sono
acquartierate. Attorno a lui, che desidera la corona di Boemia
e vuole porre fine alla guerra, la congiura dell'imperatore Ferdinando
II, alla quale risponde con le stesse armi. Max Piccolomini, figlio
di Ottavio (seconda parte: "I Piccolomini") ama Tecla figlia di
Wallenstein, ma Ottavio trama con Questenberg contro Wallenstein.
Il tradimento è scoperto (nella terza parte, "La morte
di Wallenstein"). Il duca, abbandonato da tutti, è ucciso
dai sicari imperiali, mentre attorno a lui è la rovina
generale. Sotto l'influsso di Goethe e di Shakespeare, Schiller
sostituisce all'eroe concepito idealisticamente il protagonista
costruito realisticamente, ma senza rinunciare a quella che per
Goethe Schiller è la necessaria "idealizzazione" poetica,
la profondità della visione filosofica che dà senso
agli eventi storici.
Del 1799 è la Canzone della campana (Das Lied von
der Glocke), allegoria della borghesia tedesca e trasfigurazione
delle sue virtù . Nel 1800 Schiller pubblica il saggio
Della poesia ingenua e sentimentale (über naive und
sentimentalische Dichtung), in cui cercava di caratterizzare le
diverse essenze della poesia antica e di quella moderna, prefigurando
l'antitesi tra natura e cultura. E' un tentativo di chiarire le
ragioni della propria impostazione poetica, e in questo si discosta
da Goethe. A questo saggio seguì nel 1801 l'ultimo dei
grandi scritti filosofici di Schiller, Del sublime (über
das Erhabene).
Nel 1801 fu rappresentata con enorme successo Maria Stuart,
tragedia analitica in cinque atti, imperniata sulla regina scozzese
che morendo trionfa sulla sua antagonista Elizabeth. Maria Stuart
rinchiusa nel castello di Fotheringhax sotto l'accusa di aver
congiurato contro la regina Elizabeth, è condannata a morte.
Lei è innocente, condannata perché legittima aspirante
al trono di Inghilterra e sostenitrice della fede cattolica. Maria
si sente in colpa per l'antica debolezza di essersi concessa al
conte di Bothwell, uccisore di suo marito lord Darnely. Il conte
di Leicester, favorito di Elizabeth ma segretamente innamorato
della bella e affascinante Maria, propone un incontro di pacificazione.
Un altro ammiratore di Maria, Mortimer, trama per liberarla. Nel
colloquio, prima Maria si piega fino a chiedere la grazia, ma
da vanti all'atteggiamento beffardo di Elizabeth le rinfaccia
la sua nascita illegittima. Il complotto a favore di Maria viene
sventato; Leicester, che lo ap- poggiava, si salva gettando tutte
le colpe su Mortimer. Si sparge la voce di un nuovo complotto
contro la regina. Il popolo reclama la punizione dei colpevoli.
Elisabeth, su istigazione di Burleigh, firma l'esecuzione immediata
della condanna. Maria si avvia nobilmente al patibolo come liberazione
da una condizione umiliante per la sua regalità e necessaria
espiazione.
Sempre nel 1801 termina La pulzella di Orlé ans
(Die Jungfrau von Orlé ans), rappresentazione poetica di
argomento storico-leggendario in cui è un tragico conflitto
di coscienze. Schiller si voleva qui riavvicinare al modello della
tragedia di Sofokles.
Ispirata alla tragedia classica è anche La fidanzata
di Messina (Die Braut von Messina), che fu rappresentata a
Weimar nel 1803, storia della disgregazione di una famiglia. Nella
prefazione, molto critica verso la letteratura contemporanea,
fa una difesa dell'importanza del coro.
Nel 1804 è il Wilhelm Tell, dramma costruito intorno
alla figura dell'eroe nazionale svizzero: felice, corposa sintesi
di drammaticità individuale e coralità popolare.
Il dramma è in cinque atti, in versi. I rappresentanti
dei cantoni svizzeri di Scwyz, Uri e Unterwalden stringono un
patto contro l'Austria e il suo tirannico procuratore Gessler.
Wilhelm Tell, il miglior tiratore di balestra del paese, è
coinvolto nella vicenda quando rifiuta di compiere un simbolico
gesto di omaggio a Gessler. Per punirlo il tiranno lo costringe
a colpire con una freccia una mela posta sul capo del figlio.
Tell non fallisce, ma quando rivela che una seconda freccia sarebbe
stata destinata a Gessler nel caso avesse fallito il primo colpo,
è imprigionato. Riesce a fuggire e spia le mosse del suo
nemico finché un giorno sulla riva del lago, lo uccide.
La rivolta si propaga, Tell diventa il simbolo di una nuova nazione.
Incompiuto rimase Demetrius, sull'usurpatore russo che
succedette allo zar Boris Godunov nel XVII secolo.
3) estetica
Schiller fu tra i maggiori studiosi ricercatori
di estetica. A essa ha dedicato la parte migliore del suo pensiero.
L'opera maggiore sono al riguardo le "Lettere sull'educazione
estetica dell'uomo" (1793-1795), ma altri elementi sono ricavabili
anche in altri scritti sparsi.
Così sei lettere scritte all'amico Gottfried Kì
rner, tra il 25 gennaio e il 28 febbraio 1793, che sarebbero dovute
diventare un trattato sulla bellezza, mai compiuto. I "Pensieri
sull'uso del volgare e del basso nell'arte", probabilmente del
1793 ma pubblicati nel 1802. E le lezioni di estetica tenute da
Schiller all'università di Jena, di cui possediamo vari
frammenti, tra cui le trascrizioni di un uditore che assistette
alle lezioni del semestre invernale 1792-1793.
Schiller muove dall'esigenza di dare una
base oggettiva al bello contro il soggettivismo volgare espresso
dal luogo comune 'il bello è ciò che piace'. Per
riuscirci fa appello alla natura razionale comune a tutti gli
uomini. L'arte è fondamentale nella vita umana perché
è libertà: «la bellezza non è che libertà
nel fenomeno», libertà è determinarsi da sé
, e l'oggetto bello ha in sé la propria legge. La bellezza
non dipende né dalla materia - con i colori e i suoni si
può creare vera arte o paccottiglia - né dalle teorie
ricevute. Ogni artista nasce sul terreno di una concezione determinata
del mondo e dell'arte ma non è questa a renderlo tale,
essa è 'materia' dell'arte come i colori, la lingua, i
suoni. La bellezza vive «nel fenomeno», non in vaghe astrazioni:
esiste solo in un oggetto concreto.
4) valutazioni complessive
Schiller espresse ideali aristocratici, nobiliari:
culto della libertà, della giustizia, culto del bello e
del buono. Nonostante questo, o forse proprio per questo, divenne
presto, nel XIX secolo tedesco, un classico. Veicolo dei valori
positivi della borghesia tedesca in ascesa che ne fece il suo
autore, anche a livello scolastico.
Altrettanta influenza ebbe sulla letteratura europea: apprezzato
e letto da Coleridge, Carlyle, Constant, Puskin. Fecondissimo
il suo rapporto con la musica: si pensi al giovanile inno "Alla
gioia" musicato da Beethoven nel finale della sua "Nona sinfonia",
e alle opere tratte da Verdi dai drammi schilleriani ("Giovanna
d'Arco", "I masnadieri", "Luisa Miller", "Intrigo e amore", "Don
Carlos"). Minore fortuna ha avuto dalla fine del XIX secolo, mentre
oggi, oltre che sull'importanza storica, ci si concentra sul valore
dei suoi scritti estetici.
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