Aleksandr
S. Puskin
Aleksandr S. Puskin
Nel primo trentennio del XIX secolo è
in Russia un fitto incrociarsi di tendenze e aspirazioni che trova
in Puskin la sua maggiore espressione. Egli è il massimo
scrittore romanticista russo. Eleva a modello intuizioni formali
e tematiche decisive per la letteratura russa posteriore. Egli
coltivò molti generi, molti introdotti per la prima volta:
accanto alla lirica erotica, quella di ispirazione filosofica
e storiosofica, il poema narrativo (nucleo del romanzo russo),
il dramma, il romanzo storico, il saggio critico, il racconto
d'argomento fantastico e contempo raneo, le favole. Molti dei
temi affrontati da Puskin saranno fondamentali per la futura letteratura:
il contrasto insanabile tra libertà creativa e le esigenze
della massa, le limitazioni inquisitive di un grande complesso
statale, il senso di un sentimento nazionale e sopraindividuale,
la comprensione dei diritti dell'uomo naturale, l'intuizione della
condizione esistenziale dell' "uomo superfluo". Con Puskin e i
suoi contemporanei si chiude il periodo aristocratico della letteratura
russa.
1) Notizie biografiche
Aleksandr Sergeevic Puskin nacque a Mosca
nel 1799 da una famiglia di piccola (ma antichissima) nobiltà.
Crebbe in un ambiente favorevole alla letteratura: lo zio paterno
Vasilij era un poeta, il padre si dilettava di poesia e frequentava
letterati di primo piano come Karamzin e Zukovskij. Una casa ricca
di libri, soprattutto francesi, che stimolarono le sue precoci
letture, ma povero anche di affetti. Nell'infanzia e nell'adolescenza
restò affidato, secondo l'uso del tempo, alle cure di precettori
fran cesi e tedeschi, e soprattutto a quelle della 'njanja' Arina
Ro dionovna, che gli raccontava le altiche fiabe popolari.
Un ambiente sostitutivo della famiglia Puskin lo trovò
nel 1812-1817 al liceo di Carskoe Selo. Uscito dal liceo, ottenne
un impiego al ministero degli esteri e partecipò intensamente
alla vita mondana e letteraria della capitale. A causa di alcuni
com ponimenti 'rivoluzionari' fu confinato nella lontana Ekaterinoslav.
Qui si am- malò . Fu ospite della famiglia Raevskij. Seguì
poi i Raevskij in un viaggio in Crimea e nel Caucaso, ma alla
fine del 1820 dovette raggiungere la nuova sede di Kisinë
v [Moldavia]. Vi restò fino al 1823, quando ottenne il
trasferimento a Odessa. A Odessa visse una vita meno monotona,
con due amori: per la dalmata Amalia Riznic, e per la moglie del
governatore locale, il conte Voroncov.
Nel 1823, per l'intercettazione di una sua lettera in cui esprimeva
idee favorevoli all'ateismo, fu licenziato dalla burocrazia imperiale,
e costretto a vivere nella tenuta familiare di Michajlovskoe,
vicino Pskov. Il forzato isolamento non gli impedì di partecipare
alla rivolta decabrista del 1825.
Nel 1826 il nuovo zar Nicola II lo chiamò a Mosca per offrirgli
una occasione di "ravvedimento". Il "perdono" era in realtà
una sorveglianza ancora più diretta e paralizzante. L'essere
sce so a compromesso con il potere gli alienò per di più
l'entusiasmo dei giovani. Nel 1830 Puskin sposò la bellissima
Natal'ja Goncarova, che gli diede quattro figli ma anche molti
dispiaceri per la condotta frivola che alimentava i pettegolezzi
di corte. In seguito a uno di questi pettegolezzi, Puskin sfidò
a duello il 27 gennaio 1837 il barone francese Georges D'Anthès,
a Pietroburgo. Ferito a morte, Puskin spirò due giorni
dopo.
2) Opere: la produzione poetica
Le prime prove poetiche e i contatti con i
riformatori Puskin li ebbe al liceo. le liriche liceali sono sostanzialmente
ancora imitative, nel tipico gusto dell'Arzamas, la semiseria
associazione politica creata da Zukovskij, Batjuskov e Vjazemskij.
Ma incredibilmente mature e scaltrite dal punto di vista tecnico.
Nel 1820 ebbe il primo clamoroso successo con il poema Ruslan
e Ljudmila. Domina una limpida ironia di tipo voltaireiano.
Agli inizi dell'esperienza poetica puskiniana sono influenze francesi,
e una ispirazione lirica classicista che privilegia il momento
della composizione, della scelta lessicale e sintattica rispetto
a quello della creazione metaforica.
A Kisinev, sotto influsso di Byron, scrisse i cosiddetti 'poe
mi meridionali': Il prigioniero del Caucaso (1820-1821),
La fon tana di bachcisaraj (1822), I fratelli masnadieri
(1821): mate riali di cronaca e di storia, di autobiografia e
di leggenda servono a maturare la sua tendenza realista. L'incontro
con Byron condizionò più i temi e le atmosfere,
e soprattutto certe cadenze narrative, che non la forma, sempre
tesa a un ideale di purezza e perfezione verbale perseguito attraverso
una irripetibile corri spondenza tra lessico, costruzione sintattica
e impianto metrico.
3) "Evgenij Onegin"
La fase più alta della lirica di Puskin
è data dal romanzo in versi Evgenij Onegin. Iniziato
nel 1823, portato a termine nel 1831, si tratta di un poema narrativo
in otto canti.
Onegin è giovane e ricco, egocentrico, prediletto dal bel
mondo pietroburghese. Ritiratosi per un po' in campagna, fa amicizia
con il giovanissimo poeta Vladimir Lenskij, con cui frequenta
la famiglia Larin. Il puro idealista Lenskij si fidanza con una
delle figlie Larin, Olga. L'altra figlia, Tat'jana, graziosa e
appassionata, si innamora di Onegin e glielo confessa ingenuamente
in una lettera. Onegin la respinge freddamente, e durante una
festa corteggia Olga suscitando l'ira di Lenskij. Nel duello,
Lenskij muore. Più tardi Onegin incontra a Pietroburgo
Tat'jana, di ventata moglie di un generale e dama del gran mondo
della capitale. La corteggia, ma lei rifiuta il suo amore dichiarandosi
fedele al marito e non disposta al tradimento, pur non avendo
dimenticato l'antica passione.
E' un perfetto, concluso organismo vitale nel suo graduale evolversi
dalla esuberante vitalità del primo capitolo alla compressa
tensione drammatica degli ultimi. Nato, come impulso iniziale,
dal ricordo del "Don Juan" di Byron, influenzato come struttura
narrativa dal "Tristram Shandy" di Sterne, il poema divenne il
modello di una lingua fondamentale del romanzo russo ottocentesco.
E' un realismo poetico, dove la descrizione è stimolata
dall'atmosfera emotiva dei personaggi e scavalca la pura analisi
psicologica. E' la matrice della grande tradizione realistica,
da Lermontov a Turgenev a Goncarov fino a "Guerra e pace" di Tolstoj.
Onegin con la sua irresponsabile autoindulgenza, Tat'jana la donna
virtuosissima ma non puritana nè moralista, sono i capostipiti
di tutta una serie di personaggi della letteratura russa moderna,
anche se l'atteggiamento di Puskin, di "simpatia senza pietà
per l'uomo e di ammirazione senza ricompensa per la donna" (secondo
la formula datane da *D.P. Mirskij), nessun altro autore è
riuscito più a riproporlo.
Nel periodo in cui lavorava all'"Evgenij
Onegin", Puskin scrisse anche Il conte Nulin (1825), e
La casetta a Kolomna (1830), ironici e piccanti racconti
in versi di argomento contemporaneo. Ne Gli zingari (1824),
la raffigurazione idealizzata degli zingari bessarabici come rappresentanti
di uno stato naturale dell'umanità, fece parlare *Dostoevskij
di scoperta e difesa dell'anarchia. In Poltava (1828)
la storia dell'amore del vecchio cosacco Mazeppa si intreccia
con il motivo epico della lotta di Pietro il Grande contro Carlo
di Svezia.
A questo periodo appartengono alcune tra le migliori liriche puskiniane.
Esse vanno sempre più perdendo ogni traccia di accattivante
emotività lirica per raggiungere, negli anni '30, un ideale
di «elegia oggettiva», impersonale nella sua universalità,
spesso usata per dare corpo a sentimenti corali.
L'ultimo grande poema narrativo di Puskin è Il cavaliere
di bronzo, scritto nel 1833 (pubblicato nel 1841). Una drammatica
espressione del contrasto tra ragione di stato e diritti dell'individuo,
simbolizzati nella figura di Evgenij, il primo piccolo burocrate
della letteratura russa ottocentesca: un insignificante impiegato
alle prese con l'inondazione di Pietroburgo del 1824.
Puskin ha scritto anche splendide fiabe in
versi. Tra esse: La favola dello zio Saltan, e La
fiaba del galletto d'oro. Le sue capacità tecniche
e formali sono qui in perfetta sintonia con l'atmosfera e gli
umori del folklore russo.
4) Opere: la narrativa in prosa
Del 1828 è il romanzo incompiuto
Il negro di Pietro il Grande, in cui Puskin rievoca la figura
di un suo avo, l'etiope Hannibal, che era stato ingegnere generale
alla corte di Pietro il Grande. Dal 1830 Puskin si dedicò
intensamente alla prosa. Nacquero così i Racconti di
Belkin (1830), dove la trama-aneddoto serve da pretesto per
mettere a punto congegni narrativi.
La donna di picche (1834). In esso una materia altamente
romanticista e evocativa viene compressa in una forma di nobile
nudità parnassiana. Una storia narrata dal giovane ufficiale
Tomskij ha stimolato l'avidità di Germann, uomo di pochi
mezzi e molta ambizione. Secondo il racconto, una vecchissima
contessa conosce tre carte sicure per vincere al gioco, indicatele
in gioventù dal famoso occultista Saint Germain. Circuita
la giovane dama di compagnia della contessa, Lisaveta, Germann
riesce una notte a introdursi nella camera della vecchia. Minaccia
e implora invano: la vecchia muore di spavento senza aprire bocca.
Pochi giorni dopo gli appare lo spettro della contessa, gli rivela
le carte (tre, sette, asso) ma gli impone di sposare Lisaveta.
Deciso a vincere, ma senza obbedire alla seconda richiesta della
vecchia contessa, Germann gioca e vince due volte. La terza volta,
al posto delol'asso esce la dama di picche. Germann impazzisce.
La figlia del capitano (1836) è la storia della
rivolta di Pugacë v. Si narra delle avventure del giovane
alfiere Pë tr Andreic Grinë v, mandato militare dal padre.
Il viaggio verso la fortezza di Orenburg, accompagnato dal precettore
Savelic, l'aiuto ricevuto da un barbuto contadino durante una
tormenta che gli ha fatto perdere la strada, l'arrivo e il soggiorno
alla fortezza di Bologorsk dove, mentre arrivano glie chi dell'avanzata
di Pugacë v, Grinë v si innamora della timida Masha, figlia
di Mironov capitano del fortino. Sono gli episodi che precedono
l'episodio centrale: la presa della fortezza da parte di Pugacë
v. Mironov e la moglie sono uccisi dai ribelli, Grinë v viene
inesplicabilmente graziato da Pugacë v, che pure ha al fianco
un antico nemico di Grinë v, il disertore Svabrin. Venuto
a sapere che Masha, creduta morta, è invece prigioniera
di Svabrin, Grinë v ottiene da Pugacë v, che è
poi il contadino incontrato nella tormenta, Masha, la vita salva
e la libertà. Svabrin lo denuncia per collusione con i
ribelli. Grinë v arrestato, rischia la pena di morte. Lo salva
Masha che, superata ogni timidezza, va a Pietroburgo e ottiene
la grazia dalla zarina Caterina II, che riesce a convincere dell'innocenza
dell'alfiere. Il conciso realismo di questo racconto, sottilmente
ironico, diede alla narrativa russa una stimolante alternativa
allo splendore ornamentale di Gogol'.
5) Opere: il teatro
Al teatro Puskin diede il grande affresco
drammatico in prosa e in versi Boris Godunov. Composto nel 1825
(pubblicato nel 1831), è il primo tentativo russo di tragedia
romanticista, in senso shakespeariano. Il soggetto è ripreso
dalla "Storia" di Karamzin. Quattro microdrammi in versi sono:
Mozart e Salieri, Il festino durante la peste,
Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra (1830),
nei quali Puskin affronta con una scrittura splendidamente disadorna
alcuni nodi di intensa drammaticità psicologica.
Restano anche frammenti di opere incompiute,
come il dramma Rusalka, il romanzo Dubrovskij. Tra i saggi è
la Storia della rivolta di Pugacë v (1834), mirabile
esempio di letteratura storico-narrativa. Viaggio a Arzrum
(1836) è un resoconto di viaggio fatto sul fronte caucasico
nel 1829. Fitto e illuminante il suo Epistolario.
6) Fortune critiche
Puskin ebbe tra i contemporanei i maggiori
successi con le opere giovanili. A partire da "Poltava" l'accoglienza
del pubblico fu sempre più fredda. A trent'anni era considerato
dai giovani un classico fuori moda. I criteri 'utilitaristici'
che prevalsero nella critica letteraria durante gli anni '50 e
'60, impersonata da *N.G. Cernyse- vskij, impedirono una valutazione
totalmente positiva dell'opera puskiniana. Solo alla fine del
secolo il culto di Puskin uscì dalla ristretta cerchia
di imitatori: famoso il discorso di *Dostoevskij nel 1880. Un
culto che si diffuse in tutti gli strati sociali e di pubblico,
divenendo una costante della cultura russa pre-rivoluzionaria
e poi sovietica.
Oggi la sua opera è valutata soprattutto per la funzione
innovatrice che ebbe. Ruppe i ponti con la tradizione settecentesca,
con ogni tendenza arcaista e ogni tentativo pseudo-classicheggiante,
ma imponendosi anche come modello classico e fonte di tradizione.
Bibliografia: Aleksandr S. Puskin
Ruslan e Ljudmila (1820)
Il prigioniero del Caucaso (1820-1821)
I fratelli masnadieri (1821)
La fontana di Banchcisaraj (1822)
Gli zingari (1824)
Il conte Nulin (1825) Il negro di Pietro il Grande (1828)
Poltava (1828)
Racconti di Belkin (1830)
La casetta a Kolomna (1830)
Mozart e Salieri (1830)
Il festino durante la peste (1830)
Il cavaliere avaro (1830)
Il convitato di pietra (1830)
Boris Godunov (1825, pubbl.1831)
Evgenij Onegin (1831-1833)
Il cavaliere di bronzo (1833, pubbl.1841)
La favola dello zio Saltan
La fiaba del galletto d'oro
La donna di picche (1834)
Storia della rivolta di Pugacë v (1834)
La figlia del capitano (1836)
Viaggio a Arzrum (1836)
Rusalka
Dubrovskij
Epistolario
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