Karel 
              Hynek Mácha 
            
             
             
               
                
                   Karel Hynek Mácha 
                
                Karel Hynek Mácha nacque nel 1810 a 
                Praga. Studiò filosofia e poi diritto, prendendo viva parte 
                al fermento politico e culturale della gioventù praghese, 
                animata da ideali democratici e nazionalistici. Recitò 
                nella compagnia filodrammatica di Tyl.  
                Nell'ambiente teatrale conobbe Eleonora Somková, di cui 
                si invaghì e scrisse. Temperamento appassionato, spinto 
                da un romanticista malessere a solitarie visite notturne ai cimiteri 
                o ai pellegrinaggi per gli antichi ca- stelli boemi, lettore di 
                Byron e dei poeti tede schi, fu costretto dalle angustie finanziarie 
                a impiegarsi in un ufficio legale di Litomerzice. Morì 
                a Litomerzice nel 1836, solo e abbandonato, per i postumi di una 
                malattia polmonare contratta, secondo alcuni, mentre prestava 
                opera di soccorso durante un in cendio. 
                 
                 Mácha registrò ogni piega del 
                suo amore intenso e morboso per Lori (Eleonora Somková), 
                con una scrittura di allucinante meticolosità nel  Diario 
                del 1835. Scrisse anche un  Diario di viaggio in Italia 
                (1834) e dei  Taccuini letterari che offrono dati illuminanti 
                sulla sua complessa personalità umana e artistica.  
                Certo è che la sua figura è divenuta una delle leggendarie 
                della lette- ratura boema, anche per la sua morte prematura oltre 
                che per la sua vita byroniana. La poesia di Mácha raggiunse 
                il suo vertice in  Maggio (1836). Il poema narra la tragica 
                vicenda di Vilé m condannato per aver ucciso, ignorandone 
                l'identità, il proprio padre se- duttore della fanciulla 
                da lui amata. L'orrore del nulla e del non-essere sono drammaticamente 
                contrappuntati dalle immagini di una natura trionfante di colori 
                e di suoni, impassibile di fronte alle sventure umane. L'ancora 
                viva tradizione del barocchismo boemo, spogliata di ogni religiosità, 
                è evidente nel grandioso impianto scenografico di "Maggio": 
                ciò dà luogo a un singolare impasto con la tensione 
                roman- ticista, che Mácha porta fino alle estreme conseguenze 
                esistenzia- listiche di negazione totale.  
                Significativa anche la sua prosa. Come altri autori di quel periodo, 
                sembra voler cancellare i confini tra poesia e prosa, dando alla 
                prosa una intensa pregnanza lirica. Protagonista di  Krivoklad 
                (1834) che, insieme a altri racconti dedicati a altrettanti castelli 
                boemi, doveva far parte del ciclo "Il boia", è il carnefice 
                al servizio di re Vaclav IV (secolo XV), misconosciuto erede dell'estinta 
                dinastia premyslide.  Gli zingari (1835) narra una storia 
                di immense passioni e vendette, densa di umori visionari e grotteschi. 
                Mácha è stato riconosciuto nel XX secolo come il 
                creatore della moderna poesia ceca. Egli ha direttamente influenzato 
                lo sviluppo di tutta la lirica posteriore. Nel suo nome nacquero 
                gruppi poetici, a lui si richiamarono nel XX secolo i surrealisti, 
                con una interessante lettura tesa a mettere in luce la natura 
                quasi automatica della sua scrittura, e i grandi poeti 'metafisici' 
                cechi come Hora, Halas, Holan. 
                 
                
                 
              
              
             
            
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