Storia della letteratura europea - Torna in homepageUgo Foscolo


Ugo Foscolo

Notizie biografiche

Nato a Zante nel 1778, figlio di Andrea Foscolo , un chirurgo veneziano, e della greca Diamantina Spathis , dopo la morte del padre rag- giunse con la famiglia Venezia (1792). Qui conobbe vari intellettuali locali, e frequentò tra l'altro il salotto della dotta Isabella Teoto- chi , di cui si innamorò . Conobbe anche Ce- sarotti , e ne seguì le lezioni all'Università di Padova. L'ambiente padovano lo aprì alle idee francesi. Caduto in sospetto del governo veneziano, dovette rifugiarsi a Teolo [Colli Euganei] e poi a Bologna. Inneggiante a Napolé on, una volta instaurata a Venezia la municipalità provvisoria (1797), fu tra i più accaniti di- fensori dell'indipendenza della città. Nel 1798, svanito questo so gno con il trattato di Campoformio, si trasferì a Milano dove di venne amico di Vincenzo Monti e conobbe Pa- rini. Poi a Bologna, dove proseguì l'attività già iniziata di pubblicista, scrivendo sul «Genio democrati- co» e sul «Monitore bolognese» . Scrive la prima redazione delle "Ultime lettere di Jacopo Ortis".
All'avvicinarsi delle truppe della seconda coalizione anti-napoleonica Foscolo si arruola nella guardia nazionale di Bologna e combatte in Emilia e in Liguria, rimanendo ferito due volte. Al termine della guerra, compì come capitano aggiunto, varie missioni in Toscana. E' in questo periodo l'amore per Isabella Roncioni (che gli ispira la seconda redazione delle "Ultime lettere di Ja copo Ortis"). Tornato a Milano, fece vita mondana, ed ebbe una relazione con la contessa Antonietta Fagnani Arese . Nel 1804 segue la divisione italica, destinata a prendere parte al progettato sbarco napoleonico in Inghilterra. Soggiorna in Francia. Nel 1805 gli nasce la figlia Floriana, da una relazione con l'inglese Fanny Emerytt. Nel 1806 rientra a Milano. Nel 1808 ottiene la cattedra di eloquenza all'Università di Pavia. Pronun cia nel gennaio 1809 la prolusione ("Dell'origine e dell'ufficio della letteratura"), ma la cattedra poco dopo fu soppressa.
Divenuti difficili i rapporti con l'ambiente milanese a causa soprattutto dei suoi atteggiamenti antinapoleonici, abbandonò la Lombardia. Andò a Firenze. Caduto nel 1814 il Regno italico, Fo scolo fu dapprima incerto sull'atteggiamento da tenere verso il restaurato potere austriaco, che tra l'altro gli offrì la direzione di una nuova rivista letteraria. Decise di non prestare giuramento alle autorità, e fuggì in Svizzera. A Zurigo dal maggio 1815, Foscolo trova rifugio presso il banchiere Pestalozza (e la moglie Veronica), e dal libraio-editore Orel Füssli (con le sue tre figlie). Ricercato dal go- verno austriaco, nel 1816 è costretto a lasciare la Svizzera. Rag- giunge l'Inghilterra.
A London fu accolto dalla società intellettuale con considerazione, gli fu dato di collaborare alle migliori riviste culturali inglesi del tempo, ma ben presto tali rapporti si guastarono a causa del suo comportamen- to ombroso. Si trovò in gravi difficoltà economiche. Dal 1822 visse con la figlia Floriana. Nel 1824 fu anche arrestato per debiti. Nonostante l'indigenza, non interruppe l'attività di critico e editore. Idropico, logorato dai disagi, morì a Turnham Green [London] nel 1827. Fu sepolto nel cimitero di Chiswick. Nel 1871 le spoglie furono portate in Ita- lia e poste nella chiesa di Santa Croce a Firenze.

Opere

Il periodo giovanile veneziano e padovano e poi quello bolognese è un periodo di apprendistato. Scrive odi, canzoni di vario metro. Del 1796 la prima tragedia Tieste. Nel 1797 sono le odi A Bonaparte liberatore e Ai nuovi repubblicani (Ai no- velli repubblicani).
Già nel clima delle prime delusioni napoleoniche, a Bologna nel 1798 scrisse la prima redazione parziale del romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis, che fu pubblicata quell'anno. L'opera, profondamente riveduta, sarà ripubblicata a Milano (1802), e poi a Zurigo (1816) e London (1817). In essa trova espressione la sua crisi politica, filosofica e esistenziale, scaturita dal contrasto tra leggi meccanicistiche della natura e ansia di vita, tra razionalismo e nuove aspirazioni romanticiste. Si tratta di un romanzo epistolare, come il "Werther" di Goethe. Protagonista è Jacopo, fuggiasco a Venezia dopo Campoformio, che si isola nella solitudine della sua terra, i Colli Euganei. Qui conosce Teresa figlia del conte T., e se ne innamora. Ma sa che l'amore è destinato allo scacco: Teresa è promessa a Odoardo, né Jacopo può offrirle la sua misera esisten- za di profugo, Jacopo viaggia per l'Italia senza meta, afflitto dallo spettacolo desolante di un popolo sventurato, indolente, oppresso dallo straniero. Non lo consolano le bellezze naturali e paesaggistiche, né a Santa Croce il ricordo delle glorie, la rassegnata saggezza di Parini in- contrato a Milano. Torna nella sua terra, dove Teresa intanto ha sposato Odoardo. Senza speranza nel mondo, si uccide.
Del 1803 è il Commento alla Chioma di Berenice, in cui Fosco- lo precisa le origini della poesia come incontro tra le passioni contemporanee e la dimensione mitica classicista.
Nel 1803 raccolse il meglio della sua produzione poetica fino a quel momento: dodici sonetti tra cui Alla sera, In morte del fratello Giovanni, A Zacinto; e due odi: A Lui- gia Pallavicini caduta da cavallo (1799) e All'amica ri- sanata (1802). Sono componimenti che mostrano la sua ma- turità artistica, capace di trasporre l'accesso autobiografismo nello sti- lizzato neoclassicismo delle odi.
Dopo il soggiorno francese, rientrato a Milano, pubblica nel 1807 il carme Dei sepolcri (che uscì presso l'editore bresciano Nicolò Bettoni ). In esso, prendendo spunto dal- l'editto napoleonico di Saint-Cloud che imponeva la sepoltura fuori degli abitati, dà voce alla sua concezione della poesia: il sepolcro è per Foscolo come il luogo che può alimentare la memoria, il legame tra i morti e i vivi, la poesia del grande passato: che può quindi eternare i valori umani e civili di fronte alle devastazioni del tempo. Del 1811 è la sua seconda tragedia, Ajace, in cui sono posizioni anti-napoleoniche. Nel breve periodo fiorentino mette in scena la terza tragedia, Ricciarda (1813). Nel 1813 pubblica la traduzione del "Viaggio sentimentale" di Sterne , cui aveva lavo- rato fin dal soggiorno in Francia (nel 1804), e la Notizia intorno a Didimo Chierico. Soprattutto, inizia a lavorare attorno al poema Le Grazie, che non concluse mai pur lavorandoci fi- no alla fine. Si tratta di tre inni dedicati a Canova , in cui canta l'opera delle Grazie, apportatrici di civiltà e con- solatrici degli uomini.
Fuggito in Svizzera, per O. Füssli redasse la nuova edi- zione dell'"Ortis"; diciannove capitoli di 333 versetti latini dell'anti-Ortis, il visionario Didimo Chierico - lo pseudonimo da lui usato - dell'Ipercalisse (solo dodici le copie della "Cla vis": con dedica a biblioteche o figure maschili), satira in pro sa latina contro politici e letterati; e un'operina dal titolo volutamente riduttivo: Vestigi della storia del sonetto italiano dall'anno 1200 al 1800. Epigrafe virgiliana, dichiarazione di stampa di sole tre copie (Zurigo, 1 gennaio 1816), per tre donne: con tre dediche personalizzate in apposita pagina incorniciata. Quella a Quirina Mocenni Magiotti con lettera augurale, undici veri galanti di Pindemonte per Matilde Dembowski Viscontini, e otto versi di Pindemonte per Suseta Füssli. L'operina contiene 26 sonetti, postillati da Foscolo. Un solo testo per autore, da Guittone allo stesso Foscolo ("Un dì , s'io non andrò "). Pagi- ne finali bianche per personali aggiunte. Da notare che i 26 sonet ti, moltiplicati per i 14 versi di un sonetto, fanno 364: i gior ni dell'anno meno il primo. Secondo il gioco di Foscolo, un li brino da leggere intero «ad ogni principio d'anno», e poi un ver so al giorno. Non è un'operina erudita, ma divulgativa per donne che non sanno di greco né di latino, commenti-guida, opportune presenze poetiche femminili (Colonna, Gambara, e in nota Saffo in traduzione giovanile di Foscolo, e Giustina Levi Perotti presunta contemporanea di Petrarca). Il percorso delinea una indiretta au tobiografia foscoliana, da amore a morte (con ammiccamento pe trarchesco), cadenzati dai due sonetti di Guittone e Foscolo po sti in apertura e chiusura; e dalla "donna" va al "se stesso", poeta amante esiliato affannato solo timoroso della morte. I temi sono quelli tipici foscoliani: l'indigantio contro l'Italia put tana, le faziosità politiche, i poeti servi, l'imbarbarimento dell'epoca barocchista, Monti-giuda ecc.. Il tono delle postille è discorsivo, ma non superficiale, con materiali derivati dalla "Perfetta poesia italiana" di Muratori.
Durante il lungo periodo londinese, Foscolo pubblicò varie opere, so- prattutto satira e critica, continuando a lavorare attorno a "Le Gra- zie". Le Lettere scritte dall'Inghilterra (1816) descrivono ironicamente il mondo snobbistico italiano confrontato con quello in- glese; da esse derivò il Gazzettino del bel mondo (1816). Tra gli studi critici: "Saggi sul Petrarca" (1821), "Discorso sul testo della 'Divina Commedia'" (1825), "Sui poemi narrativi e romanze- schi italiani" (1825), "Della nuova scuola drammatica in Italia" scritto nel 1826 (pubbl.1850), "Epoche della lingua italiana" (pubbl.1850). Foscolo critico è stato importante, anche se il suo in- flusso si è fatto sentire solo troppo tardi, con *Carducci e poi *Serra. Nei suoi scritti critici è la ca pacità di cogliere lo spessore della parola, la sua pregnanza af fettiva. Antidogmatico, attento alla psicologia, alla ricostru zione storica, ma soprattutto sensibile ai fatti dello stile.

Foscolo non aderì al romanticismo, che negli ultimi anni della sua vita era un movimento ormai pienamente affermato. Ebbe come costante punto di riferimento il classicismo, ma risentì profon damente dell'influsso della nuova generazione romanticista. Oltre che per il suo impegno politico, fu uno dei pochi in Italia in quegli anni a concepire la poesia come creatività fantastica. La sua stessa biografia appare romanticisticamente esemplare, con il suo rapporto conflittuale con l'ambiente circostante, l'esilio, gli elementi passionali. In lui si alternano fede e scetticismo, impegno ideale e raffinato alessandrinismo letterario, umori pre-romanticisti e rigore illuminista, autobiografismo esasperato e ricerca di valori asso- luti e universali.
Questi contrasti possono essere sintetizzati nei due personaggi emblematici, di Ortis e di Didimo, le due proiezioni fantastiche della sua personalità . Ortis dà voce agli slanci, anche enfatici, del poeta, il sentimentalismo, la volontà di fare mito della propria vi- cenda. Nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis" lo straripante autobiogra- fismo si esprime attraverso uno stile movimentato, in cui le remini- scenze letterarie non riescono a diventare struttura.
Un maggiore equilibrio è nei sonetti. La forma poetica, rigo rosamente fissata e ricca di tradizione, consente al poeta un at tento controllo della materia, un atteggiamento di superiore se renità che trascende le angosce personali. Nello stesso filone ortisiano sono "Dei sepolcri". Qui i contrasti del suo animo sono volontaristicamente superati in una accettazione senza riserve di valori chiari e oggettivi. L'inquietante presentimento della morte è riassorbito da un culto (quasi religioso) della esemplarità dei grandi, nel conforto della bellezza e della gloria.
Caratteristiche del filone ortisiano sono l'ampiezza e articolazione dei periodi, la rilevanza degli incisi ("Ultime lettere di Jacopo Ortis") e degli enjambements, i toni non infrequenti da colloquio intimo (il «tu» posto come interlocutore), l'intensità di una serie di coppie sostantivo- aggettivo: «fatal quiete», «reo tempo», «illacrimata sepoltura», «secrete cure» ecc.
Nel personaggio di Didimo i turbamenti esistenziali sono di stanziati, decantati alla luce di una superiore saggezza. Nella "Notizia attorno a Didimo Chierico" Foscolo parla di «calore di fiamma lontana». Dà un ritratto ironico ma anche fremente del suo personaggio. La prosa, attentamente sorvegliata, lontana da ogni magniloquenza, cerca di cogliere le più sottili sfumature dei mo ti intimi dell'animo. In questo filone si inserisce anche la tra duzione del "Viaggio sentimentale" di Sterne : con esso Foscolo prospettava un modello di romanzo opposto a quello che sarebbe stato proposto da Manzoni, e che sarebbe diventato egemone in Italia nel XIX secolo.
Opera fondamentale del Foscolo didimeo sono "Le Grazie", poema rivisitato di continuo e rimasto incompiuto, frammentario. Supe rati gli eventi e le passioni contingenti, Foscolo si appunta sulla virtù catartica della poesia, sul suo valore rasserenante: la poesia coin- cide con il regno della fantasia, viene contrapposta al mondo pre- sente e reale. I frammenti de "Le Grazie" sono il culmine di un processo di sublimazione e universalizzazione.

Bibliografia: Ugo Foscolo

Tieste (1796)
A Bonaparte liberatore (1797)
Ai novelli repubblicani (1797)
Ultime lettere di Jacopo Ortis (1798, 1802, 1816, 1817)
A Luigia Pallavicini caduta da cavallo (1799)
All'amica risanata (1802)
Commento alla Chioma di Berenice (1803)
Dei sepolcri (1807)
Dell'origine e dell'ufficio della letteratura (1808)
Ajace (1811)
Notizia intorno a Didimo chierico (1813)
Ricciarda (1813)
Ipercalisse (1814)
Vestigi della storia del sonetto italiano (1816)
Lettere scritte dall'Inghilterra (1816)
Gazzettino del bel mondo (1816)
Saggi sul Petrarca (1821)
Discorso sul testo della 'Divina Commedia' (1825)
Sui poemi narrativi e romanzeschi italiani (1825)
Della nuova scuola drammatica in Italia (1826, pubbl.1850)
Epoche della lingua italiana (pubbl.1850)
Le Grazie




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