George 
              G. Byron 
            
             
             
               
                
                   George G. Byron 
                
                George Gordon Byron, nato a London nel 1788, 
                figlio di un aristocratico stravagante e dissoluto, trascorse 
                una infelice infanzia, tormentata tra l'altro da una deformità 
                congenita a un piede, nella casa di famiglia in Scozia. Studiò 
                alla 'public school' di Harrow e al Trinity College di Cambridge 
                (1805-1808). Iniziò a pubblicare poesie. Insofferente dei 
                ristretti orizzonti dell'alta società inglese, partì 
                per un lungo viaggio in Spagna e in oriente. Tornò nel 
                1812 e si diede a pubblicare una serie di poemi che lo resero 
                famoso. Il 27 febbraio 1812 (a 21 anni) fa il suo primo intervento 
                alla Camera dei Pari: argomento, la sua opposizione alla legge 
                voluta dai tories (dopo la protesta operaia del Nottinghamshire) 
                che prevede la pena di morte per gli operai sabotatori; l'intervento 
                gli guadagna l'inimicizia dei tories mentre i whigs lo accusano 
                di demagogia. Nel 1815 si sposa, ma la moglie lo abbandona dopo 
                un anno. Lo scandalo che ne seguì , con la voce tra l'altro 
                che Byron avesse un rapporto incestuoso con la sorella, gli fecero 
                perdere i favori dell'alta società londinese e lo costrinsero 
                a lasciare l'Inghilterra. Si stabilì in Svizzera, a Venezia, 
                a Ravenna, in un inquieto esilio fatto anche di molte donne conosciute, 
                di varie classi sociali. Così a Ravenna incontra Teresa 
                Guiccioli . Conquistato dalla causa dell'indipendenza ellenica, 
                si recò in Grecia con una spedizione: voleva organizzare 
                la rivolta contro i turchi. Morì di febbri a Missolungi, 
                nel 1824. 
                 
                 Giovanissimo, Byron nel 1806 pubblicò 
                il suo primo volume di poesie,  Brani fugaci (Fugitive 
                pieces), che fu immediatamente ritirato. Divenne noto come poeta 
                satirico con il poema  Bardi inglesi e critici scozzesi 
                (English bards and scottish reviewers, 1809), sprezzante risposta 
                alle critiche mosse dalla «Edinburgh review» alla sua precedente 
                raccolta di poesie  Ore d'ozio (Hours of idleness, 1807). 
                Al periodo giovanile appartiene anche la lirica  Lachin Y Ghair, 
                dedicata alle Alpi Scozzesi, in cui appare già il motivo 
                dell'esilio, innestato sulle radici culturali e mitologiche del 
                ramo materno. 
                Dal ritorno dal viaggio in Spagna e oriente pubblicò i 
                primi due canti del  Pellegrinaggio del giovane Harold 
                (Childe Harold's pilgrimage). Il poema lo rese celebre. Byron 
                rappresentò un tipico "figlio del suo tempo", Harold-Byron 
                misterioso dandy, uomo fatale a sé e agli altri. Nel 1816 
                e nel 1818 apparvero il terzo e il quarto volume. Harold, dopo 
                una vita di piaceri, inizia un viaggio che lo porta dal Portogallo 
                al Giura, dopo aver visitato Spagna Albania Belgio. Esule volontario 
                e ribelle appassionato, medita sulle situazioni e le memorie che 
                i vari luoghi gli sugge riscono: la triste condizione di schiavitù 
                della Grecia, Napolé on a Waterloo, Rousseau e Julie. Nel 
                quarto canto, dimessa la finzione del pellegrino, Byron parla 
                in prima persona dell'italia e dei suoi grandi: Petrarca, Boccaccio, 
                Tasso, Scipione, Rienzi, contrapponendo il passato storico e splendente 
                al presente indegno. 
                In pochi anni seguirono numerosi poemi tra cui  Il giaurro 
                (The giaour, 1813),  Il corsaro (The corsair, 1814),  
                Parisina (1816). Diverse anche le poesie singole:  Su di 
                un cuore di corniola che fu spezzato è il rimpianto 
                di un amore maschile (come del resto dedicò Thyrza al giovane 
                Edleston). 
                Nel periodo dell'esilio scrisse il dramma  Manfred (1817), 
                 Bep po (1818) che è il suo primo tentativo di poema 
                burlesco,  Mazeppa (1819),  Don Juan (1819-1824) 
                rimasto incompiuto. "Don Juan" è un poema satirico: ancora 
                ragazzo, don Juan deve lasciare Sevilla e andare all'estero a 
                causa di un intrigo amoroso. Un naufragio lo getta in un'isola. 
                Lo salva Haidé e, la bella figlia di un pirata, che si 
                innamora di lui. Il padre li sorprende, fa prigioniero don Juan 
                imbarcandolo su una delle sue navi. Haidé e muore di dolore. 
                Don Juan è venduto come schiavo a Gubelyaz sultana di Costantinopoli. 
                Anche Gubelyaz si inna- mora di lui, ma don Juan riesce a evadere, 
                si rifugia presso un esercito russo che assedia Ismailia. Si distingue 
                per il suo valore, è inviato a San Pietroburgo dove si 
                guadagna il favore della zarina Caterina che lo manda in Inghilterra 
                per una missione politica. Gli ultimi canti rimasti sono una satira 
                della società inglese. Incompiuti anche i drammi in versi 
                 Cain (1821) e  Werner (1823). Tornò alla 
                satira con  Una visione di giudizio (A vision of judgment, 
                1822), violento attacco al poeta romanticista Southey 
                 
                 . La produzione poetica di Byron la si divide 
                in due, prima e dopo gli avvenimenti del 1816. La prima fase romanticista 
                è rappresentata soprattutto dal "Pellegrinaggio del giovane 
                Harold": prevalgono il sentimento e i luoghi comuni del romanticismo. 
                 
                Nella seconda fase Byron scrisse soprattutto poemi burleschi, 
                a imitazione di quelli italiani (Pulci): la cosa migliore è 
                il "Don Juan", poema eroicomico-satirico: all'interno di uno schema 
                picaresco mescola satira, epica e romanzo. "Don Juan" incarna, 
                oltre alle spinte tragiche dell'imperativo romanticista già 
                pre senti nelle narrazioni orientaleggianti ("Manfred", "Cain"), 
                lo spirito ironico di un eroe umanissimo, accondiscendente verso 
                le contraddizioni terrene e la fallibilità del desiderio, 
                sempre sospeso tra trasgressione e impatto con la caducità 
                delle passioni umane. Attore e vittima della propria volontà, 
                ma destinato a scoprire, ad ogni infatuazione amorosa, il senso 
                dell'ingannevolezza come unico valore dell'esistenza, e a ricavarne 
                una visione positiva del mondo, in cui sensualità e gioia 
                di vivere riescono una volta tanto a contrastare i fantasmi della 
                predestinazione al male. Nel "Don Juan" Byron usa un linguaggio 
                antieroico, fatto di colloquialità, di momenti prosastici 
                comici o semplicemente disarmanti (così come in "Beppo"). 
                 
                Tutti i personaggi di Byron, dal giovane Harold a Manfred, a Mazzeppa 
                a Cain, sono accomunati dalla ricerca, sovrumana, che si nutre 
                di una costante, distruttiva, struggente poetica dell'esilio. 
                Un esilio che esalta l'io lirico attraverso la scelta della solitudine, 
                che insegue dapertutto: nelle affollate calli veneziani come negli 
                scenari orientali. Qui il suo senso, tipicamente romanticista, 
                dell'esotismo, si sovrappone alla concreta esigenza di affrancamento 
                dei Greci dall'oppressione ottomana. In questa poetica dell'esilio 
                sta l'unità morale (e politica) di Byron.  
                Come poeta e come uomo Byron subì drammatiche contraddizioni, 
                espresse nei toni del lirismo più delicato e nel più 
                arrogante cinismo. Temperamento ambiguo, che si riflette nello 
                stile: impetuoso, irrequieto e esuberante, con un ritmo che tende 
                alla robustezza 'virile' oppure alla fluida eleganza. 
                 
                
                 
              
              
             
            
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