Produzione
jiddish nel XIV secolo
Produzione jiddish nel XIV secolo
Al XIV secolo risale il Libro di Samuele (Shmuel-Buch)
di Mosheh 'esrim w'arbà. Si tratta di un poema di derivazione
biblica, in jiddish.
Lo jiddish (dal tedesco jüdisch=giudaico)
è la lingua popolare degli ashkenaziti [La denominazione
jiddish o yiddish è attestata a partire dal XVII secolo;
si è usato nel passato anche il termine di taytsh per evidenziare
la parentela con il tedesco (fine del XVI secolo); il termine
loshn-ashkenaz, la lingua di ashkenaz, era usato dai sefarditi
per indicare quella lingua parlata nell'area geografica tedesca.
Nel mondo non ebreo, le prime attestazioni risalgono al XVI secolo:
vi si parla di hebraeo-germanice o judaeo-germanice. I testi tedeschi
parlano di hebräisch-teutsch ecc.] , di quegli ebrei
che intorno al X secolo si stanziarono in Renania e di lì
, nei secoli seguenti, per effetto di persecuzioni, della peste
nera e di interessi economici, emigrarono (a partire dal XIII
secolo) in Polonia e nei paesi slavi circostanti (Lituania, Bielorussia,
Ucraina, Boemia) spingendosi anche in Italia, Francia e Olanda.
Lo jiddish era in origine un dialetto alto-tedesco,
scritto in caratteri ebraici, con elementi lessicali ebraici o
ibridi (ad es. parole tedesche con suffisso plurale ebraico).
In Polonia si aggiunse un nuovo apporto lessicale, slavo, mentre
cessò l'evoluzione comune ai dialetti tedeschi. Si fissò
, con varianti locali, la tipica pronuncia jiddish, che gli ebrei
ashkenaziti adottano anche per l'ebraico. Per diversi secoli,
analogamente a quanto avvenne con i volgari europei, lo jiddish
fu considerato un dialetto privo di dignità letteraria,
limitato all'uso quotidiano e allo svago di ignoranti e donne
ignare di ebraico. Per questo i più antichi documenti letterari
sono rielaborazioni anonime dei romanzi cavallereschi tedeschi,
come il Dukus Horant (1382, scoperto nei manoscritti della
Genizà del Cairo) e il Ditrich fun Bern, adattate
allo spirito ebraico estraneo al mondo aristocratico: un adattamento
che, pur nella fedeltà agli originali tedeschi, tendeva
ad esempio a spurgare le allusioni sprezzanti nei riguardi degli
ebrei contenuti negli originali, come di ogni riferimento a riti
e credenze non ebraiche; oppure canti popolari e preghiere tradotte
dal rituale quotidiano e pasquale. La cultura delle popolazioni
ebraiche ashkenazite si mosse dunque lungo questo doppio binario:
popolare in jiddish, e religioso in ebraico; ma con uso dello
jiddish anche in testi religiosi, volti a recuperare alla religione
popolazioni che tendevano ad allontanarsi dalla conoscenza dell'ebraico
tradizionale. Del resto la più antica traccia di jiddish
che si conosca ha proprio questa funzione. Nel Machazor di Worms
(1272), è una benedizione scritta nello spazio tra le lettere
quadrate della parola ebraica "bedaatò", che è all'inizio
di un inno liturgico (piyyut) recitato il primo giorno di Pesach:
è una corta preghiera che non è parte integrante
della liturgia in ebraico, rivolta all'ebreo "ignorante" che non
conosce la lingua sacra.
Il XIV secolo segna l'inizio di una lunga
tradizione di adattamenti della materia biblica, fonte da cui
attingere storie leggende e racconti. In un manoscritto conservato
a Cambridge (1382) sono racconti in versi ispirati alla storia
di Abramo, Giuseppe, Mosè; e un poema intitolato Aqeydas
Itschok, che narra la storia del sacrificio di Isacco prendendo
spunto dalle fonti bibliche e midrashiche.
Contesto storico
[1996]
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