Geoffrey 
              da Monmouth 
            
             
             
               
                
                   Geoffrey da Monmouth 
                
                Geoffrey da Monmouth era nato a Monmouth [Galles] 
                nel c.1100 (morì a Llandaff nel c.1155), fu arcidiacono 
                e maestro nella scuola cattedrale di Llandaff e dal 1136 vescovo 
                di Saint- Asaph. La sua storia (Historia regum Britanniae, 1136) 
                in sette libri rievoca le leggendarie vicende dei re bre- toni, 
                dall'epoca di Brutus, preteso pronipote di Enea, fino alla fine 
                del VII secolo. Il nucleo principale concerne il favoloso regno 
                di Arthur (prima metà del V secolo). L'opera dichiara come 
                fonte un misterioso «liber vetustissimus»: in realtà è 
                il frutto di una fervida immaginazione, sostenuta da un reale 
                talento di scrittore. Geoffrey scrisse poi anche una  Profezia 
                di Merlino, cui seguì nel 1148 una  Vita di Merlino 
                (Vita Merlini). Quest'ultima saga presenta alcune novità 
                rispetto alla "Profezia": un mago meno prodigioso e più 
                umano, sposato, con una sorella, reduce da una guerra disastrosa 
                che lo affligge al punto da "impazzire", abbandonare tutti e rifugiarsi 
                in solitudine nella foresta. Sono gli anni in cui, quando Geoffrey 
                scrive questa "Vita di Merlino", il regno d'Inghilterra attraversava 
                lotte devastanti per una grave crisi dinastica che opponeva i 
                seguaci di Matilda erede al trono alla nobiltà schierata 
                con Stefano di Blois: tempi di guerra civile non diversi da quelli 
                della Britannia del VI secolo. Le rievocazioni delle avventure 
                ei Arthur e di Merlino servono anche a esortare i contemporanei 
                a deporre le armi e fermare lo spargimento di sangue fraticida. 
                Merlino abbandona il palazzo reale dove odio e infedeltà 
                gareggiano e cerca rifugio nella foresta dove fa una vita da "uomo 
                selvatico" a contatto con i segreti della natura. Solo così 
                può tornare a profetizzare e indurre sovrani, popolo, eserciti 
                alla ragionevolezza. La foresta è il luogo delle prove 
                per diventare veri uomini, dove spuntano sorgenti d'acqua miracolosa 
                che ridà saggezza al mago. Il mago può così 
                interpretare l'universo, svelare le debolezze umane. Immancabile, 
                il bestiario che occupa un intero capitolo: dall'avvoltoio che 
                si riproduce senza accoppiarsi all'aquila che sfida con lo sguardo 
                il sole, dall'airone alla fenice, dalla luminosa ircinea alle 
                mennonidi che ogni cinque anni tornano sulla tomba di Mennone 
                a «piangere l'eroe caduto nella guerra di Troia»: gli uccelli 
                ispirano saggezza agli uomini e li educano a osservare il cielo 
                infinito culla del divino. Già i contemporanei considerarono 
                Geoffrey un mistificatore. La sua opera ebbe un successo enorme, 
                se ne conservano quasi duecento manoscritti. Nel 1155 Robert Wace 
                la riprese in versi francesi. La sua storia è una delle 
                matrici del romanzo bretone.  
                 
                Contesto storico 
              
             
            
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