Augustinus
teologo e polemista
Augustinus teologo e polemista
Augustinus è stato uno dei più
fecondi scrittori, teologo e polemista pienamente dentro le controversie
religiose del suo tempo. Uno dei modi di 'sistemare' la sue opera
è quello di seguirlo nel corso delle sue polemiche. Del
suo periodo manicheista non ci rimane nulla. Sappiamo che scrisse
un "De pulchro et apto", andato perduto, in cui pare si sforzasse
di dare veste filosofica al manicheismo.
a) contro il manicheismo
Le prime opere giunteci di lui risalgono probabilmente al periodo
di ritiro a Cassiciasum [Cassago, in Brianza] poco dopo la conversione
al cristianesimo: i dialoghi "Contra academicos", "De vita beata",
"De ordine", "Soliloquia". Come si vede, comincia subito con un
"contra". Contro i manicheisti scrive non solo in queste opere,
ma anche in testi successivi di tipo religioso-filosofico (De
quantitate animae, De libero arbitrio, il libro Vi "De musica",
De magistro, De vera religione, De utilitate credendi). Augustinus
passa gradatamente dalla affermazione della superiorità
essenziale della ragione sulla fede, a quella dell'utilità
e ragionevolezza di affidarsi all'auctoritas della Chiesa. E elabora
la sua caratteristica dottrina della conoscenza. La felicità
cui gli uomini aspirano non si consegue senza il possesso della
verità. Contro gli scettici dice: se dubito, so di dubitare,
dunque di essere; se sbaglio, sono (ma Augustinus non dà
a questi princì pi lo svolgimento che darà poi Descartes).
La verità va cercata in me stesso: è la dottrina
neoplatonica del ritorno su sé stessa dell'anima che, riconosciuta
la mutevolezza del mondo esteriore percepito dai sensi, e la propria,
si avvia a ricercare la verità incommutabile, per cui è
vero ogni ragionamento vero, e che è Dio medesimo.I sensi
dunque, e anche le parole del maestro, non fanno che ridestare
idee che sono già nell'anima. Non per la dottrina neoplatonica
della reminiscenza ma perché in fondo all'anima parla il
Maestro interiore, il Verbo divino (in interiore homine habitat
veritas). E' la teoria dell'illuminazione, che Augustinus però
non chiarisce, e che si è prestata poi a varie interpretazioni.
Il primitivo entusiasmo per Socrate e Platon, che se fossero vivi
si farebbero cristiani (dice Augustinus), si affievolì
col tempo. La polemica anti-manicheista è poi continuata
in altri scritti (Contra Adimantum, Contra epistolam Manichei
quam dicunt Fundamenti) fino al voluminoso "Contra Faustum" e
ad altri opuscoli. Dopo il 405 solo sporadicamente (un paio di
opuscoli, e in parte del trattato contro tutte le eresie "De haeresibus"
428-429).
b) contro il donatismo
Dopo l'ordinazione sacerdotale, entra nel dibattito sullo scisma
della chiesa africana. "Psalmus abecedarius contra contra partem
Donati" è il primo esempio di scritti popolareggianti di
Augustinus: sono opere con testi a 16 sillabe, con l'abbandono
della prosodia e metrica classica, l'uso dell'assonanza in 'e'.
Segue un gruppo numeroso di opere (Contra epistolam Parmeniani,
De baptismo, Contra litteras Petiliani, Contra Cresconium), fino
alla grande conferenza di Carthago del 411 (Breviculus collationis
cum donatistis). Poi con minore frequenza in altri scritti, fino
al "Contra Gaudentium" (c.420). Questa polemica lo fa occupare
di ecclesiologia. Segue Cipriano e Ottato, mantenendo fermo il
principio della validità e efficacia obiettiva (ex opere
operato) dei sacramenti. L'unità della chiesa al di fuori
della quale non c'è salvezza. La chiesa è "corpus
mixtum", ne fanno parte grano e zizzania, buoni e malvagi e solo
Gesù Cristo ha diritto di separare nel giorno del giudizio.
All'inizio, e fino al 411, voleva ricorrere al solo mezzo della
persuasione attraverso la discussione. Con le leggi di Onorio
contro gli scismatici e di fronte alla 'loro ostinazione', cambiò
parere. Distinse scisma da eresia, e definì l'eresia come
"scisma inveterato", ammettendo la legittimità e necessità
della coercizione e del ricorso all'autorità civile. Fissando
il dovere per il sovrano cristiano di attenersi al magistero della
gerarchia ecclesiastica.
c) lo studio della Genesi e di Paulus
Augustinus si dedicò soprattutto allo studio della Genesi.
Passò dall'interpretazione strettamente allegorica (De
Genesi adversus manichaeos, 388-390), a quella letterale e di
valore filosofico (De Genesi ad litteram liber imperfectus). E
studiò Paolo (Expositio quarundam propositionum ex Epistola
ad Romanos, Epistolae ad Romanos expositio inchoata, Expositio
Epistolae ad Galatas; parecchie delle questioni trattate nel "De
diversis quaestionibus octogintatribus). Augustinus si sforza
di mantenere la giustizia di Dio che premia i buoni, cioè
coloro che credendo si acquistano un merito, e che punisce i malvagi.
In un secondo momento, ammette che il momento iniziale dell'atto
di fede (initium fidei, che è initium salutis), non è
opera dell'uomo ma viene da Dio: a lui non gli si può rimproverare
alcuna ingiustizia se gratuitamente fa grazia a alcuni. Gli uomini
tutti, in cui sopravvive il peccato originale, meritano la condanna.
Sono concetti che appaiono per la prima volta nel "De diversis
quaestionibus ad Simplicianum".
d) le "Confessioni"
Frutto di questa conquista è anche la voglia di rileggere
la propria vita con le "Confessioni". Qui riprende anche due temi
che lo appassionano: 1) quello della cultura cristiana, e 2) quello
dei princì pi che presiedono all'interpretazione della
sacra scrittura. La prima questione è affrontata sotto
l'aspetto teorico nel "De doctrina christiana" (interrotto ma
poi ripreso e terminato nel 426), in cui "doctrina" va intesa
nel senso di "cultura". Come nelle "Confessioni", Augustinus è
sensibile ai pericoli della cultura tradizionale pagana, ma vuole
salvare il buono che va fatto proprio dal cristianesimo. Chiudendo
una lunga controversia, Augustinus assicura col peso della sua
autorità la trasmissione della cultura antica. Nelle "Confessioni
il problema della memoria, della misura del tempo, trascina con
sé quello della creazione. Augustinus la ritiene avvenuta
nel tempo, con il tempo, dal nulla, e per tutte le cose simultaneamente
ma non allo stesso modo. Alcune furono create da Dio non in atto
e nella loro forma perfetta ma solo in potenza, in germe (rationes
seminales): energie latenti destinate a svilupparsi nel tempo
e a produrre al momento opportuno per ciascuno, i diversi esseri.
A queste conclusioni Augustinus è portato da un nuovo studio
dei primi tre capitolo della Genesi (De Genesi ad litteram libri
XII) tra il c.401 e il c.415. E, tra le opere esegetiche: De consensu
evangelistarum (c.400), Enarrationes in Psalmos, Tractatus in
Ioannis Evangelium (raccolte di sermoni su questi libri). Nelle
"Confessioni" Augustinus inserisce anche una istruzione catechetica,
proprio con il commento alla Genesi, affine a quella data nel
"De catechizandis rudibus" (c.400).
e) "La Trinità"
Il motivo della memoria diventa importantissimo nel "De Trinitate"
intorno cui lavorò a lungo (c.400-c.416). Augustinus scorge
nell'anima umana le "vestigia" della Trinità divina. L'anima
umana con le sue facoltà: la mente, la conoscenza, l'amore,
che l'uomo ha in sé stesso (mens, notitia, amor), nella
memoria, nell'intelletto e nella volontà: nella parte cioè
più alta e nobile dell'anima, che ricorda, comprende e
ama sé stessa ma soprattutto ricorda conosce e ama Dio.
Criticando a volte le formule di Ilario da Poitiers, Augustinus
mette in rilievo l'unità di sostanza della Trinità.
Insiste sull'uguaglianza delle tre Persone. Le operazioni ad extra
sono l'opera indistinta di tutte, ciò che si dice di ciascuna
quanto alla sostanza, e anche alla sapienza e agli attributi,
è comune, uguale, identico e numericamente uno in tutte.
Mentre si distinguono e oppongono secondo la relazione. Questa
teoria, mettendo in rilievo questo predicamento, chiarendo la
processione dello Spirito Santo 'principaliter' non solo dal Padre
ma anche dal Figlio, divenne importantissima per lo svolgimento
della teologia occidentale. A essa Augustinus ha legato il carattere
cristocentrico. Da menzionare anche il breve, bellissimo compendio
della dottrina cristiana, l'"Enchiridium ad Laurentium (De fide,
spe, charitate)" (421).
f) contro Pelagius
Il cristocentrismo agostiniano, con il rilievo dato alla persona
e all'opera di Cristo, alla redenzione dell'uomo dal peccato,
tramite la grazia, si scontrò con le posizioni di Pelagius.
Pelagius si era già scandalizzato a Roma per l'invocazione
delle "Confessioni" a Dio: «da quo iubes et iube quod vives».
Si rifugiò poi in Africa continuando la polemica, con il
suo compagno Celestius: che, denunciato da Paolinus da Milano,
venne condannato da un concilio locale tenuto a Carthago (411).
Nella polemica si possono distinguere varie fasi:
- 1) all'inizio Augustinus combatte solo le dottrine, non
gli uomini che sa molto stimati: "De peccatorum meritis et
remissione" a Marcellinus (il libro III dopo che Augustinus
conobbe il commento di Pelagius a Paulus), "De spiritu et
littera ad Marcellinum" e, a complemento, per asserire la
necessità delle opere buone accanto alla fede, "De
fide et operibus". E il "De bono viduitatis" dedicato a Giuliana
madre di Demetriade, in occasione della consacrazione di questa.
- 2) la polemica diretta provocata dalle vicende di Pelagius
in oriente fino alla condanna da parte di papa Innocenzo I
con la celebre affermazione che, dopo tanti concili, anche
«Roma locuta est, causa finita est; utinam aliquando finiatur
error». E dopo il grande concilio di Carthago (418) da papa
Zosimo: De natura et gratia contra Pelagium, De perfectione
iustitiae hominis (contro Celestius), De gestis Pelagii, De
gratia Christi et peccato originali.
- 3) la lotta contro i pertinaci difensori di Pelagius: De
nuptiis et concupiscentia ad Valerium comitem, Contra duas
epistolas pelagianorum, Contra Iulianum, Contra secundam Iuliani
responsionem. E il cosiddetto "Opus imperfectum" contro lo
stesso Iulianus da Eclano, interrotto per la morte di Augustinus.
- 4) la serie di opere scritte per chiarire la propria dottrina
ai monaci di Adrumeto: De gratia et libero arbitrio, De corruptione
et gratia: dedicati all'bate Valentinus.
- 5) le opere contro i semipelagiani della Gallia meridionale
insorti contro gli scritti adrumetini: De praedestinatione
sanctorum, De dono perseverantiae.
La dottrina agostiniana del peccato originale, della grazia e
della predestinazione, è stata tra le più sottoposte
alla diversità d'interpretazione. Augustinus nella polemica
si irrigidisce e radicalizza. Per Augustinus Adamo fu creato esente
dalla morte (posse non mori: diverso da 'non posse mori' proprio
degli esseri spirituali) e dalla concupiscenza: capace dunque
di non peccare (posse non peccare: diverso dal 'non posse peccare'
degli eletti), e nella piena libertà di optare per il bene
conformandosi a una ragione che aveva il perfetto predominio sui
sensi; capace di perseverare nel bene grazie all'aiuto concessogli
da Dio (adiutorium sine quo non). Adamo invece peccò e
la sua colpa si trasmise all'intero genere umano divenuto così
'massa damnata'. Peccato di origine: la chiesa battezzando gli
infanti annulla la concupiscenza in quanto reato ma la lascia
sopravvivere 'actu': l'uomo, pur conservando il libero arbitrio,
è privato di quella "libertas [...] quae in Paradiso fuit"
(Enchir. 26-27). Per poter resistere alla concupiscenza occorre
ora un aiuto divino maggiore di quello dato a Adamo. La grazia
è necessaria per avere fede, e la fede è necessaria
perché vi sia l'amore di Dio che è il sommo bene,
senza del quale non esiste beatitudine né vera moralità:
non vi sono vere virtù dunque tra i pagani. Questo soccorso
non è concesso a tutti: Dio senza ingiustizia, ma per un
suo atto gratuito di misericordia, prepara per alcuni i mezzi
per condurli alla salvezza cui li ha predestinati ab aeterno.
Augustinus era accusato dai pelagisti di manicheismo. Ma egli
non considera malvagia la natura umana, non condanna la procreazione.
Nel matrimonio il male è la "concupiscentia carnis". E
anche questo può essere rivolto a un fine buono, la generazione
dei figli congiunta alla volontà della loro rigenerazione
attraverso il battesimo. I bambini morti senza battesimo sono
condannati alla pena eterna. La trasmissione del peccato originale
si spiegava secondo due teorie: a) il traducianismo, secondo cui
l'anima è generata spiritualmente da quella dei genitori;
e b) il creazionismo, secondo cui ogni anima era creata da Dio.
Augustinus rimase incerto al riguardo fino all'ultimo ("De anima
et eius origine" 419-420).
g) "La città di dio"
La scossa profonda data a tutto il mondo romano dall'incursione
di Alaricus, la polemica dei pagani che additavano nel cristianesimo
la causa di tutti i mali del mondo, indussero Augustinus a meditare
sulla storia e a scrivere il "De civitate Dei". Non si tratta
anche qui di un'opera sistematica. Per Augustinus nel corso della
storia procedono unite le due città, nate l'una dall' «amor
Dei usque ad contemptum sui», l'altra dall' «amor suiusque ad
contemptum Dei», e predestinate: la prima a regnare in eterno
con Dio, l'altra a subire l'eterno supplizio del diavolo.
h) le "Retractationes"
Cosciente dello sviluppo del suo pensiero e non del suo carattere
statico e sistematico, Augustinus invita i lettori a imitarlo
nello sforzo di progredire, e volle correggere i suoi errori in
quella originalissima rassegna dei suoi scritti che sono le "Retractationes"
(426-427). Era anche un modo per dimostrare, specie contro i manichei,
la sua fondamentale coerenza.
Indice Augustinus
[1996]
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