Seneca:
notizie biografiche
Seneca: notizie biografiche
Personaggio indicativo ddel Primo Secolo è lo spagnolo
Lucius Anneus Seneca, nato a Córdoba nel c.4- (morì
a Roma nel 65+) figlio del retore Lucius Anneus Seneca sr. autore
tra l'altro di un manuale di retorica (Oratorum et rhetorum sententiae,
divisiones, colores), e di Elvia, donna che ebbe fama di bellezza
e virtù, e che ebbe gran parte nella formazione morale
del figlio. Lucius jr ebbe due fratelli: Marcus Anneus Novatus,
fratello maggiore che prese il nome di Gallio, e Marcus Anneus
Mela che sarà il padre di Lucanus.
Seneca fu educato a Roma, alla scuola del padre e di declamatori
come Papirius Fabianus, e di filosofi come lo stoico Attalus e
il cinico Demetrios. Fece per un anno pratica di vita pitagorica
con il filosofo Sotio, avviandosi a un ideale di vita ascetica
(rinunce, mortificazione del corpo, astenzione dalla carne ecc.).
A causa della salute cagionevole trascorre una quindicina di anni
in Egitto, presso una zia materna - moglie del prefetto Gaius
Galerius -, al 19+ viene datato un periodo di crisi che lo porta
a meditare il suicidio. Nel 31+ torna a Roma e viene avviato dal
padre alla carriera forense, rivelandosi un brillante oratore.
Grazie agli appoggi della zia, tornata a Roma con lui, ottiene
la questura. Membro del senato sotto Caligula, rischiò
la pena di morte nel 37+ per un duro discorso anti-Caligula: l'imperatore
decise di condannarlo a morte ma una sua favorita lo convinse
che non ne sarebbe valsa la pena: viste le condizioni di salute
di Seneca, sarebbe morto tra breve di consunzione.
Seneca fu poi relegato in Corsica per otto anni per il suo coinvolgimento
negli intrighi politici di corte sotto Claudius, e a causa di
una storia di adulterio. Secondo quanto ne sappiamo, dietro la
sua condanna c'era Messalina, che non vedeva di buon occhio l'amicizia
di Seneca con Iulia Livilla sorella di Caligula e di Agrippina;
Iulia Livilla fu anche lei esiliata e poi fatta ammazzare. Nel
lungo periodo della solitudine maturò i suoi interessi
per la meditazione filosofica approfondendo la tematica, sul significato
dell'esistenza, già affrontata in scritti teoreticamente
non originali, rivelandosi diviso tra la ricerca di una autosufficienza
interiore e il bisogno di rapporti sociali che valorizzassero
l'opera del filosofo. Da un lato il conseguimento dell'"apatia"
stoica, del controllo delle passioni, dall'altro il concetto di
un princìpio provvidenziale che regge il mondo servono
a Seneca a sopportare la sua sventura, giustificarla, facendola
rientrare in un disegno extra-umano contro cui è inutile
opporsi. E' una giustificazione teorica che evidentemente non
serve a molto: Seneca tenta in tutti i modi di tornare a Roma,
ciò che lo spinge ad adulare Claudius. Decisamente poco
stoico è un opuscolo come "La consolazione di Polybius"
(Consolatio ad Polybium) dedicato a un potente liberto di Claudius,
cui di recente era morto il fratello. Sfacciate adulazioni che
non servono a nulla, perché l'ostilità di Messalina,
moglie di Claudius, rimase costante.
Tornò a Roma nel 49, dopo la morte di Messalina. La nuova
moglie di Claudius, Agrippina, gli affidò l'educazione
del figlio Domitius Enobardus (il futuro Nero). Agrippina richiamandolo
a corte sperava di attirarsi l'appoggio del popolo che stimava
Seneca, e voleva probabilmente servirsi di lui per far giungere
il figlio al principato. Seneca divenne pretore, personaggio di
corte potentissimo; sperava di realizzare il sogno che era già
stato di Plato: mettere la filosofia al vertice del potere, assicurare
agli uomini una guida razionale e giusta. Seneca guardava ad Augustus
e all'equilibrio raggiunto ai suoi tempi tra potere dell'imperatore
e classe dirigente senatoriale. Nel 54+ Claudius muore avvelenato
(forse da Agrippina), Nero diventa il nuovo imperatore e Seneca
il suo consigliere. Nero forzò le tappe verso un governo
di tipo autocratico, scontrandosi con la classe dirigente e le
ambizioni della madre. Seneca accettò l'assassinio di Britannicus
e di Agrippina, accumulò enormi ricchezze (le fonti parlano
di un valore di 300 milioni di sesterzi). Fu trascinato in tribunale
da un certo Publius Suillius che lo accusava di guadagni illeciti,
usura e di essere cacciatore di testamenti: Suillius perse la
causa e fu condannato all'esilio per peculato. Seneca fu forse
l'autore della lettera al Senato con cui Nero affermava che la
madre si era suicidata poco dopo il fallimento di un complotto
organizzato contro di lui: nella totale e passiva accettazione,
solo lo stoico Trasea Peto ebbe il coraggio di manifestare apertamente
il proprio dissenzo.
Dopo la morte del prefetto del pretorio Afranius Burrus (62+)
l'influenza politica di Seneca era finita. Burrus era co-consigliere,
con Seneca, di Nero. L'elezione di Tigellinus al posto di Burrus
rese la posizione di Seneca insostenibile. Sfuggì a un
tentativo di avvelenamento da parte di Nero. Si ritirò
a vita privata in una sua villa in Campania, dopo aver offerto
tutti i suoi beni all'imperatore; fece vita da anacoreta, confortato
dall'affetto della seconda moglie Paolina, e dell'amico Lucilius.
Scoperta nel 65+ la congiura dei Pisoni, Seneca venne coinvolto
insieme a altri noti personaggi - senatori, consoli, filosofi,
poeti. Nero ne decretò la morte. Seneca si tolse la vita
cercando di affermare con quel gesto, che divenne poi esemplare,
l'indipendenza e la libertà del saggio.
Indice Seneca
[1997]
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