Il
teatro tragico in occidente
Il teatro tragico in occidente
Il teatro tragico è quel teatro in
cui si condensa fondamentalmente il tragico. Il tragico è
una categoria dell'esistenza, per cui prescinde dalla precisa
determinazione: la presenza del tragico è riscontrabile
ovunque, anche in opere in cui prevalgono altre categorie. Come
tutte le categorie dell'esistenza, si tratta anche di un sentimento,
una pulsione, uno stato d'animo, qualcosa che è difficilmente
spiegabile in termini razionali.
Il tragico è connesso a un contrasto che porta sofferenza.
La tragedia (il far vedere il tragico attraverso l'opera teatrale,
o la narrazione, o l'opera filmica ecc.: attraverso il muthos)
ha come caratteristica il pathos, la sofferenza che porta a consapevolezza;
a prescindere dei contenuti specifici (storici, leggendari, fantastici
ecc.) materia della tragedia è un muthos che si pone come
"presa di coscienza di certe opposizioni e tende alla loro progressiva
mediazione" (*C. Lévi-Strauss).
La trago:idìa, cioè il teatro
tragico greco del V secolo (-) ha rappresentato nella storia culturale
dell'occidente un punto di riferimento costante. La trago:idì
a divenne modello per il teatro colto quando si verificò
la trasformazione in classico di quel teatro, permettendo così
all'elemento tragico di realizzarsi in altre forme teatrali.
Il mondo latino mutua il tragico teatrale da esempi ellenici,
con una normatività molto precisa ("Arte poetica" di Horatius).
Come genere peculiare sviluppò la "praetexta", tragedia
storica di ambiente romano, illustrante i grandi fatti e i grandi
eroi. La produzione latina è completamente perduta, tranne
l'opera di Seneca: le sue tragedie, forse destinate alla lettura
pubblica più che alla rappresentazione, sono di tipo psicologistico,
hanno un senso cupo dell'orrore e della violenza. Il suo è
un tragico horror. Trago:idì a e tragedì a (cioè
il teatro tragico greco del V secolo e quello latino successivo)
vengono definiti con il termine complessivo di "tragedia classica".
Con la fine dell'impero romano, la crisi culturale e sociale europea.
La tragedia in senso classico (trago:idì a, tragèdia)
scompare: si perde la conoscenza del fenomeno stesso. Il tragico
è da ritrovare in generi d'ambiente cristiano (rappresentazioni
della vita di Cristo, su Maria, sui martiri ecc.). Interessante
può essere un centone euripidesiano sulla "passio", in
ambiente bizantino (Christus patiens, XII secolo). In termini
estetici, permane la categoria di "tragicus", ma nel senso di
linguaggio elevato, adatto a temi nobili ed eccezionali (e contrapposto
per questo a "comoedia"). L'umanesimo pose un recupero della tragedia
classica, basandosi sullo stato delle conoscenze del tempo (per
cui non si sapeva più della presenza dell'elemento musicale
nella trago:idì a ecc.). Si scrivono tragedie in latino.
Alcune hanno per argomento la storia contemporanea (Ecerinis di
Albertinus Mussatus, sulla figura di Ezzelino da Romano). Con
l'affermarsi delle realtà regionali, nasce la tragedia
nelle lingue regionali, ai primi del XVI secolo e come frutto
di ricerche erudite (Trissino, Ruscellai, Martelli ecc.) e con
l'apporto di scrittori "controcorrente" (Pietro Aretino ecc.).
Tornando a leggere Aristoteles, si derivano regole ferree con
cui il genere viene canonizzato: così la regola delle tre
unità, di luogo tempo e azione. Grazie a G.B. Giraldi Cinzio
si recupera Seneca e il suo teatro di lutti e sangue. Da questo
momento il teatro tragico conosce due filoni distinti: la tragedia
classicista e non. La prima è legata al classicismo dell'Italia
e della Francia; vi è una forte attenzione alle regole
compositive, e all'elemento razionale che domina le vicende, il
perfetto gioco d'intrecci attraverso cui si rivelano i protagonisti.
Si hanno così i lavori di Racine e di Corneille. In Italia
l'indagine sul genere e la presenta del canto nella trago:idì
a porta alla nascita di una forma completamente nuova, il melodramma.
Il secondo filone si ha in Spagna e Inghilterra dove più
vivo rimane l'influsso del teatro medievale, si può cominciare
a parlare di tragico come elemento all'interno del lavoro teatrale:
gli argomenti stessi si rifanno meno al mondo classico e toccano
invece i grandi temi ideologici e religiosi (Spagna) o storici
(es. Shakespeare). La contemporaneità si riversa in questi
drammi, irrompono il sentimento e la individualità, l'intreccio
passa in secondo piano, l'interesse si appunta sul personaggio.
Elemento serio e giocoso penetrano a dar vita al dramma (es. il
personaggio di Falstaff in Shakespeare).
Il tragico è elemento non più formalizzato come
genere ma come carattere all'interno di un'opera, nel quadro della
dissoluzione dei generi operata dal romanticismo in poi (soprattutto
grazie a A.W. Schlegel). Il tragico si contraddistingue come titanismo
nei pre-romanticisti dello Sturm und Drang e nel loro confratello
classicheggiante Alfieri. Tragico in senso cristiano è
quello tentato da Manzoni. In teatro è il dramma, in cui
la borghesia parla di sé e dei propri problemi rifiutando
la mediazione della storia e della mitologia (Ibsen, Cechov; Strindberg,
Pirandello). Mentre Wagner, sorretto in parte dalle interpretazioni
di Nietzsche sulla trago:idì a, presenta un teatro diverso,
in cui tutte le arti concorrono a creare un'opera totale.
Nel XX secolo, nel quadro della dissoluzione definitiva dei generi
"classici", il teatro tragico è relegato a esperimenti
colti: il teatro di poesia, di Maeterlinck e di D'Annunzio, quello
di Eliot. Il tragico diventa consapevolezza angosciosa dell'impossibilità
di una qualsiasi forma di felicità o di autenticità
nel teatro surreale di Beckett.
Contesto storico: Il -V secolo
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