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La produzione cinematografica tra le due guerre


La produzione cinematografica tra le due guerre



Tra consumo e ricerca

Nel periodo tra le due guerre il cinema raggiunge la sua maturità . Le opere prodotte raggiungono livelli qualitativi equivalenti alle migliori opere prodotte in campo letterario, pur riuscendo, in genere, a un maggior impatto di pubblico.
La pił macroscopica trasformazione che avviene in questo campo è nel 1927 il passaggio dal cinema "muto" al cinema "sonoro" (o, meglio, "parlato"), con il film Il cantante di jazz (The jazz singer) uscito nella metà dell'autunno di quell'anno, prodotto dalla Warner Bros e dalla Vitaphone e tratto da una piece di Samson Raphaelson, protagonista Al Jolson - storia del figlio di un rabbino che si dedica al varietà -. "Il cantante di jazz" fu il primo film con dialoghi sincronizzati. Fino ad allora le pellicole erano accompagnate, durante la proiezione, da un commento sonoro dal vivo, tramite un complessino o un rumorista - pił spesso un pianista -: durante la proiezione, il pianista sottolineava le azioni che erano proiettate sul telone, suonando a suon di ragtime (il musicista Scott Joplin ad esempio fece questo di mestiere) o servendosi di altre musichette d'accompagnamento, molte volte improvvisando anche se non mancano film che prevedono una partitura musicale propria, composta per quel film (es. la partitura di Edmund Meisel per "La corazzata Potė mkin" di Ejzenstejn, quella di Antheil per "Ballet mé canique" di Lé ger, di Hindemith per "Vormittagsspuk" di Hans Richter). La Warner aveva prima del 1926 realizzato dei film sonori, profittando del fatto di detenere molti contratti con artisti del varietà detenendone in pratica il monopolio dei diritti musicali (sarà questa una costante della casa di produzione negli anni) ma solo con "Il cantante di jazz" si riesce a inserire alcuni segmenti 'parlati'.
L'avvento del sonoro nel cinema ha spezzato si può dire in due la storia. Tentativi di registrazione e riproduzione simultanea delle immagini e dei suoni erano stati fatti fin dall'inizio del secolo (Edison, Gaumont, Mester ecc.), e furono ripresi con maggiore intensità dopo la guerra (sistemi a disco e sistemi a film) fino ad essere del tutto perfezionati nel 1925. Eppure le case di produzione non si interessarono molto della faccenda. Agiva su di esse il conservatorismo proprio dei sistemi economici: l'introduzione di nuovi procedimenti significa ristrutturazione, e cioè esborso di notevoli capitali, tanto maggiori quanto maggiore è lo sviluppo dell'industria: innovazione, per un produttore, significa aumento dei costi e diminuzione dei profitti. E' una legge economica che vale nel cinema come in genere in qualsiasi attività industriale. Le innovazioni vengono accettate solo quando il mercato ristagna e occorre stimolarlo con il "nuovo".
Fu la Warner Bros., in un periodo di crisi economica, a dare via al fonofilm nel 1926-1927. A causa delle profonde modifiche che la novità imponeva alla produzione e all'esercizio, all'inizio furono solo la Fox e la Warner a impegnarsi su questa strada. Ciò ebbe notevoli conseguenze: modifica delle apparecchiature, delle sale, dei teatri di posa; sparizione di alcuni divi del cinema muto; bisogno di nuovi capitali, che vennero soprattutto dall'industria elettrica e dal capitale bancario (Morgan e Rockfeller, che stavano dietro all'American Telephone and Telegraph Company e alla RCA); ripresa della battaglia dei brevetti; lotta per la conquista del mercato nazionale e internazionale con lo scontro, ad esempio, tra industria americana e tedesca per la conquista del mercato inglese; spartizione dei mercati mondiali, con zone riservate e zone aperte alla libera concorrenza.
A partire dal 1935 è la progressiva affermazione del cinema a colori. Anche qui non si tratta di una vera novità : la cinematografia anteriore aveva fatto ampio uso del "colore", usando sistemi artigianali di colorizzazione, il pił delle volte manuale, delle pellicole, fotogramma per fotogramma. La "novità " è nell'uso di "pellicole a colori" e non pił "colorizzate" in fasi successive della lavorazione, la produzione industriale di tali pellicole.
Si affermano cinematografie nazionali, per cui si può parlare di cinema tedesco, americano francese italiano ecc.; a dar conto della qualità di una pellicola non basta il regista, ma occorre spesso tener conto della qualità e dell'apporto proveniente dagli interpreti, e dai tecnici di ripresa montaggio fotografia.
Il cinema si pone come arte collettiva, in cui è un gruppo di lavoro, un collettivo gerarchizzato, che raggiunge tramite la messa in comune delle specifiche abilità e competenze un risultato finale che è il film. Si pensi all'importanza che nella storia del cinema hanno avuto direttori della fotografia come Lee Garmes a cui si devono i sontuosi chiaroscuri barocchi che circondano Marlene Dietrich in "Marocco" (1930), "Disonorata" (1931), "Shanghai express" (1932) diretti da Joseph von Sternberg; William Daniels che accondiscende all'ossessione dei particolari di Erich von Stroheim, per il quale cura tra il 1921 e il 1925 "Femmine folli", "Donne viennesi", "Greed" e "La vedova allegra", per poi proseguire la sua carriera con i registi Clarence Brown e George Fitzmaurice contribuendo a valorizzare l'attrice Greta Garbo ("La carne e il diavolo", "Anna Christie", "Mata Hari" 1932 con Ramon Novarro e Lionel Barrymore); Russell Metty che lucida e addensa di significati violenti i melodrammi di Douglas Kirk ("Magnifica ossessione", "Come le foglie al vento", "Tempo di vivere e tempo di morire"); si pensi all'apporto che Gregg Toland ha dato ai films di Orson Welles nell'ideazione della profondità di campo; la storia del cinema ha conosciuto sodalizi molto forti tra registi e direttori della fotografia: Ejzenstejn e Eduard Tissé , Pabst e Eugen Schüfftan, Bergman e Sven Nykvist; alcuni direttori della fotografia hanno segnato un'intero periodo storico, come Karl Freund con l'espressionismo tedesco; altri hanno determinato l'impostazione di un'intera compagnia, come Nicholas Musuraca con la RKO degli anni '40 di Val Lewton ("Cat people" di Jacques Tourneur, "The seventh victim" e "Bedlam" di Mark Robson, "Il giardino delle streghe" di Robert Wise), o Floyd Crosby con la maggior parte delle realizzazioni di Roger Corman negli anni '50-60.

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