Sergio
Corbucci
Sergio Corbucci
Sergio Corbucci (morto nel 1990) iniziò
come regista di films del genere mitologico (muscoli e sandaloni),
si dedicò poi al western-spaghetti, per poi passare alla
commedia leggera. Si può collocare tra i registi di mestiere,
che durante la loro carriera hanno girato di tutto, per la fascia
di pubblico medio- bassa, nel filone b-movie.
Le sue cose migliori appartengono forse al genere western-spaghetti.
Corbucci fa parte con Leone e Tessari del gruppo
di registi che diedero inizio al western-spaghetti.
Cronologicamente anzi può essere considerato il primo. Nel
1963 diresse in Almeria Minnesota Clay, avente come protagonista
Cameron Mitchell e Ethel Rojo. Il film non si discosta molto dall'imitazione
hollywoodiana, ma contiene anche due aspetti che saranno tipici
del western-spaghetti. Uno di questi è l'esagerazione: il
protagonista è uno sheriff diventato cieco che combatte la
sfida finale sparando ai rumori. La seconda sorpresa è che
alla fine il protagonista muore. Il film incasserà quasi
quanto "Per un pugno di dollari" di Leone, e permise a Corbucci
di continuare a dirigere films western. Incalandosi ormai nel filone
le cui caratteristiche Leone aveva nel frattempo rivelato.
Nel 1966 dirige il suo capolavoro, Django,
interpretato dall'esordiente Franco Nero. La storia è uguale
a "Per un pugno di dollari" di Leone. Django è un'altra versione
dell'uomo senza nome leoneiano, ma con un tocco lugubre in più
. Arriva nel solito paese abbandonato da dio non da satana, ma trascinandosi
dietro una bara. Ma Django non porta morti. Chiusa nella bara c'è
la sua fidata mitragliatrice. "Django" fu uno dei due western-spaghetti
vietati ai minori (l'altro fu "Se sei vivo spara" di Giulio Questi).
I cattivi di "Django" sono una banda di messicani e una guarnigione
di banditi razzisti, delle vere carogne. A un traditore viene tagliato
un orecchio che gli viene fatto mangiare. A Django gli fracassano
le mani, prima a colpi di calcio di fucile e poi passandoci sopra
i cavalli.
In Navajo Joe (1967) lanciò come attore Burt Reynolds che
fino ad allora aveva interpretato ruoli da stuntman. Diresse Eli
Wallach in Il bianco, il giallo e il nero. Tra i tanti western-spaghetti
da lui diretti si può ricordare Johnny Oro, in cui tra l'altro
i cattivissimi apaches usati erano in realtà comparse e figuranti
romani (il capo-apaches era uno stuntman di Anzio).
Corbucci si confermò come il regista più cinico e
violento del western- spaghetti ne Il grande Silenzio (1969). Protagonista
del film è Silenzio (Jean Louis Trintignant), un pistolero
muto che alla fine viene ucciso in duello dal cattivo, il ghignante
Klaus Kinski. Uno dei finali più provocatori della storia
del cinema.
Più tipico, e tra i migliori del genere
western-spaghetti oltre che del filone tortilla-western, è
Vamos a matar compañ eros (1970) regia di Sergio Corbucci
(tra gli interpreti è Franco Nero, e Thomas Milian): durante
la rivoluzione messicana, un generale dei ribelli libera un professore
(interpretato da Fernando Rey) che guida le lotte rivoluzionarie,
per carpirgli il segreto di una cassaforte. Alla fine i ladri si
uniscono alla disperata ribellione. Splendida la colonna sonora,
con il motivo di "Vamos a matar". Anche qui il comico, accanto all'umanità
dei peones e i soprusi di soldati e potenti. Alla fine, la scelta
di stare dalla parte dei perdenti.
"Vamos a matar compañ eros" fa parte di una trilogia corbucciana
che comprende anche Il mercenario (1967) con Franco Nero e Tony
Musante, e Che c'entriamo noi con la rivoluzione? (1970) con Vittorio
Gassman e Paolo Villaggio. Corbucci evolverà poi verso la
commedia e lo spettacolo, lasciando perdere la politica.
Filmografia: Sergio Corbucci
I due marescialli (1943)
Il monaco di Monza (1963)
Minnesota Clay (1963)
Django (1966)
Navajo Joe (1967)
Il mercenario (1967)
Il grande Silenzio (1969)
Vamos a matar compañ eros (1970)
Che c'entriamo noi con la rivoluzione? (1970)
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