Aggiornamenti. Email dell'1 settembre 2005
carissimi,
"Antenati" riprende le attivita' dopo la pausa
estiva. In questo 2005 i nostri accessi si sono moltiplicati,
segno che il progetto va avanti e trova il consenso del "popolo
del web". Abbiamo portato a termine uno dei progetti
che avevamo avviato nel corso del 2004, e cioe' il Lunario.
La Biblioteca europea, con i testi online pronti da scaricare
diventa sempre piu' consistente. Ringraziamo quanti inviano
le loro proposte e schede su autori, materiale e altro, cio'
che rende "Antenati" sempre piu' grande e aggiornata.
Insomma, continuate a seguirci!
Vogliamo ricordare in questo 1 settembre, una brutta pagina
contemporanea. Attraverso le parole del poeta Evhenij Evtusenko:
"La scuola di Beslan":
Io sono uno che non ha mai finito una scuola in vita sua
Uno che ha sempre pagato per le malefatte altrui
ma ora vengo a te, Beslan,
per imparare davanti alle rovine della scuola tua.
Beslan, lo so, sono un cattivo padre io,
ma davvero dovra' assistere
alla fine di tutti i cinque figli miei
sopravvivendo nella vecchiaia per castigo?
Lo so, non sono in una citta' straniera
mentre cerco il mio cuore tra i fiotti del dolore
inciso goffamente col coltello
in quell'ultimo banco bruciato della scuola.
Che cosa sarai mai in Russia tu, o poeta?
Paragonato al tritolo, sei un moscerino.
E non abbiamo oggi scusa alcuna
se sulla terra tutto questo accade.
Come ad un tratto la' a Belsan tutto si fonde ancora:
l'inafferrabilita', il caos, l'orrore
l'imperizia di saper salvare senza fare vittime
e al tempo stesso tutte quelle storie di coraggio.
E il passato, guardandoci, trema
e il futuro, promessa innocente,
tra i cespugli si sottrae al presente
che gli spara alla schiena.
Ma la mezza luna abbraccia la croce.
Tra i banchi bruciati e tra i cespugli
come fratelli vagano Maometto e Cristo
raccogliendo dei bambini i pezzi.
Oh Dio dai tanti nomi, abbracciaci tutti!
Che davvero dovremo seppellire senza gloria
accanto ai bambini di ogni credo
noi stessi nel cimitero di Beslan?
Quando andavano i convogli in Kazakhstan,
stracolmi di ceceni ammassati l'un sull'altro,
il terrore futuro si stava generando la',
nel liquido amniotico di quei nascituri.
Laggiu', in quella prima culla sempre piu' cattivi,
si stringevano loro, felici di nascondersi cosi',
eppur sentivano attraverso il grembo della madre
il calcio dei fucili sulle teste.
E certo non pregavano Mosca
che li confinava nella steppa, dove tutto Ú piatto
e spoglio,
come se per incanto sulla terra
Satana avesse cancellato i monti antichi.
Ma la lama ricurva della luna, la'
tra le fessure nei tetti delle case di terra
ricordava loro il segreto dell'Islam
tra gli slogan sovietici dell'inganno
E lâ??arroganza plebea di Eltsin,
e la fanfaronata di Graciov su quella "guerra-lampo"
li spinsero poi verso i primi attentati,,
e allora alla guerra non ci fu piu' scampo...
Le kamikaze cecene portano esplosioni sul petto,
alla vita, e al posto della collana al collo.
E come sempre, tanti piu' morti si lasciano alle spalle
tanto piu' basso e' il prezzo della vita.
Come' cambiato il volto del firmamento,
la tenebra a Beslan esplode solo per i tank,
e ha sussultato al pensiero della fine
in quella scuola e il quel campo di basket laggiu'
la mina innescata da Stalin.
Ma a niente serve la vendetta.
Salvaci, Dio dai molti nomi, dalla vendetta.
Finche' ci sono ancora bimbi vivi,
non ci dimentichiamo la parola "insieme".
Nessuno di noi e' eroe da solo,
ma dinnanzi alla nuda verita' tutti noi siamo nudi.
Io sto insieme ai bambini bruciati.
Sono anch'io uno di loro... Uno della scuola di Beslan.
(traduzione di Nadia Cicognini)
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