Sofoklès
Sofoklès
In Sofoklès, rispetto ad Aiskhù
los, già serpeggia, all'interno della religiosità
tradizionale, l'influsso della riflessione razionalistica sulla
natura. Personaggi di Sofocle sono grandi uomini che la fortuna
travolge, rivoltando contro di essi il loro stesso ingegno.
Sofokles era nato a Colono [Atene] nel 496-
da una ricca famiglia. Ricevette una educazione raffinata. Fu
musicista e attore prima che autore di teatro. Partecipò
attivamente alla vita pubblica ateniese, con cariche importanti
anche se mai in posizione di primo piano. Seguace di Perikles,
fu due volte stratego e fu eletto nel collegio straordinario di
sei magistrati che resse la città dopo il disastro di Sicilia
(413-). Nel 411- fu tra quelli chiamati a stabilire una nuova
costituzione. Ebbe anche incarichi di natura religiosa, per cui
dopo la morte gli fu tributato il culto dovuto agli eroi. Morì
vecchissimo, prima di assistere al crollo definitivo della sua
città. Bello, ricco, di carattere mite, Sofokles si conquistò
il benvolere dei contemporanei tanto che nei comici non troviamo
attacchi contro di lui. Ebbe subito gran successo di pubblico,
che conservò anche dopo l'affermarsi del più giovane
Euripides.
La tradizione attribuisce a Sofokles 123
testi, escluse sette tragedie considerate spurie già dal
grammatico Aristofanes da Bisanzio, e compresi 25 drammi satireschi.
A noi restano 400 versi del dramma satiresco I segugi (c.440-),
e sette tragedie disposte nell'arco di 40 anni di attività.
In Antigone (442\1-) la scena è
a Tebe. Eteocle e Polinice, figli di Edipo, si sono uccisi. Creonte,
nuovo re, ha ordinato che il traditore Polinice sia lasciato insepolto.
Ma per Antigone, sorella dei due uccisi, le leggi divine sono
al di sopra di quelle umane, e trasgredisce agli ordini del re.
Creonte la fa rinchiudere viva in un antro di pietra. Con lei
però si è fatto rinchiudere, all'insaputa del padre,
Emone, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone. Quando
il vecchio indovino Tiresia lo ammonisce con terribili parole,
il re sconvolto fa riaprire l'antro, ma Antigone si è appena
impiccata e Emone si uccide sotto gli occhi del padre. Alla morte
di Emone non regge la madre Euridice, che si uccide a sua volta.
Alla tragedia di Sofokles si sono ispirati molti autori: si pensi
a Robert Garnier, fino a V. Alfieri. Nel XX secolo la vicenda
di Antigone è stata intesa come paradigmatica dei rapporti
tra individuo e potere. Si vedano: W. Hasenclever, J. Anouilh,
B. Brecht.
Nel Filottete (409-) l'oracolo rivela
che per espugnare Troia è necessario l'arciere Filottete
con il suo arco prodigioso donatogli da Eracle. Ma Filottete ce
l'ha contro gli achei che l'hanno abbandonato nell'isola deserta
di Lemno perché infermo per una ferita. Ulisse si reca
a Lemno con il giovane Neottolemo figlio di Achille che, fingendosi
nemico degli achei, dovrà convincere Filottete a seguirlo.
Ma quando già sembra tutto riuscito, Neottolemo, preso
da sincera amicizia per l'infelice Filottete, non ha cuore di
portare a termine l'inganno e gli rivela le trame di Ulisse. Filottete
è commosso dalla lealtà di Neottolemo, ma rifiuta
di partire. Solo Eracle, apparso all'amico, riuscirà a
convincerlo a seguire Neottolemo a Troia.
Di Aiace sappiamo fu composta verso
il -456\455.
Re Edipo (430\425-?) è imperniato
su Edipo che, dopo aver sciolto gli enigmi della Sfinge, regna
su Tebe, sposo di Giocasta vedova del re Laio, e padre di quattro
figli: Eteocle, Polinice, Antigone e Ismene. La città è
devastata da una terribile pestilenza. L'oracolo di Delfo ha consigliato,
per allontanare il flagello, di scoprire l'assassino del re Laio.
Attraverso l'indovino Tiresia e a Giocasta, si chiarisce la concatenazione
degli eventi: Laio e Giocasta avevano affidato al pastore Polibo
il loro figlio, perché venisse ucciso: essi volevano evitare
il compimento della profezia secondo cui il piccolo sarebbe stato
l'assassino del padre. Il bimbo era stato risparmiato, e si tratta
proprio di Edipo. Il neo re apprende che laio, suo padre, è
l'uomo che lui stesso ha ucciso in una lite sulla strada per Tebe.
Giocasta apprende di essere stata sposa di suo figlio e inorridita
si impicca. Edipo si acceca per non vedere più il sole,
testimone del suo delitto. Si allontana da Tebe, affidando i figli
e il regno al cognato Creonte.
Le Trachinie (c.430\425-?) è
ambientata nella città di Trachis. Qui l'araldo Lica annuncia
a Deianira moglie di Eracle il ritorno del marito dalla sua ultima
impresa guerresca. Tra le prigioniere di guerra è la bella
Iole, la nuova amata da Eracle. Appreso il tradimento, Deianira
manda a Eracle una tunica imbevuta del sangue del centauro Nesso,
che lei crede avere virtù di filtro d'amore e invece è
un potente veleno. Appena sa che il marito è avvelenato
e che, semifolle per le sofferenze, ha ucciso Lica, Deianira si
uccide. Prossimo alla fine, Eracle ordina al riluttante figlio
Illo di porlo su un rogo sul monte Eta, e di sposare Iole. Il
coro è formato dalle Trachinie, le fanciulle di Trachis
con le quali Deianira si confida.
Nell' Elettra(418\413-?) la scena
è ad Argo. Elettra, sorella di Oreste, vive nella reggia
di Argo dove regnano la madre Clitennestra e il nuovo marito Egisto,
assassini di suo padre Agamennon. Lei pensa incessantemente alla
vendetta e spera nel ritorno del fratello. Durante un alterco
tra lei e Clitennestra, giunge il pedagogo di Oreste annunciandone
la morte: si tratta di un piano concertato con Oreste. La regina
si crede salva, mentre Elettra è disperata e riceve tra
le lacrime l'urna contenente le supposte ceneri del fratello.
Oreste, travestito, si fa riconoscere. Rapidamente, incitato e
aiutato da Elettra, Oreste penetra nel palazzo e uccide la madre
e Egisto.
A far risaltare la figura inflessibile di Elettra, le figure minori
delle sorelle Crisotemi e Ifianassa.
Edipo a Colono (407-?) fu rappresentato
postumo, nel 401-. Nel demo di Colono, presso Atene, nel bosco
sacro alle Eumenidi, giunge Edipo vecchio e cieco, guidato dalla
figlia Antigone. Gli si fanno incontro la figlia Ismene che narra
la contesa tra Eteocle e Polinice; Teseo re di atene che accoglie
benevolmente Edipo; il cognato Creonte che vorrebbe ricondurlo
a Tebe; Polinice annuncia il suo proposito di muovere guerra contro
Eteocle, invano ammonito dalle sorelle. Nel tuono che scoppia
all'improvviso Edipo riconosce il segno, predetto dall'oracolo,
della sua prossima morte. Si addentra nel bosco insieme a Teseo,
cui affida il segreto che salverà Atene dai nemici tebani,
scomparendo in modo misterioso.
Sofokles visse nel periodo del massimo splendore
ateniese. Rivela nella sua vita e nella sua opera l'equilibrio
precario e mirabile, conquistato a caro prezzo, che costituisce
l'ideale dell'età di Perikles e che ha la sua raffigurazione
plastica nelle sculture di Fidia. Già Aristoteles prese
"Re Edipo" a modello della perfetta trago:idì a, giusto
mezzo tra Aiskhulos e Euripides. Sofokles non ha lo slancio religioso
del primo ma non conosce neppure il gusto razionalistico e la
freddezza intellettuale del secondo. In lui si contemperano la
lucida consapevolezza dell'infelicità umana e il senso
della dignità della sofferenza, la chiarezza dell'analisi
razionale e la percezione delle forze oscure che le sfuggono.
Nei racconti del mito rappresenta i grandi temi della vita umana,
individuale e sociale. Una delle sue figure, Edipo, ha conosciuto
nei secoli una fortuna che va al di là dei motivi puramente
letterari, è diventata una delle chiavi della scoperta
delle forze inconsce della psiche.
In Sofokles è un equilibrio che gli ha permesso di farsi
apprezzare da un classicista come J.J. Winckelmann e da un inquieto
come Nietzsche. Straordinaria la sua arte nel costruire il carattere
dei suoi protagonisti, perno delle molteplici forze che agiscono
nella tragedia, ricorrendo spesso all'accostamento con un personaggio
minore che fa da contrappunto (Antigone e Ismene, Elettra e Crisotemi).
Il protagonista non entra nel dramma già definito, ma si
compie a poco a poco nell'azione, evolve di fronte agli spettatori.
L'attenzione al procedere drammatico della vicenda si unisce a
momenti di piena effusione lirica, mai disgiunti dai fatti e dai
personaggi ai quali il coro, per contrasto o per solidarietà,
è sempre strettamente unito. Il suo linguaggio è
piano ed evocativo, senza le audacie metaforiche di Aiskhulos,
di luminosa e composta profondità.
La tradizione attribuisce a Sofokles una
serie di innovazioni tecniche importanti: l'uso del terzo attore,
il numero dei coreuti portato da 12 a 15, la soluzione del legame
tra i drammi della trilogia. Non è possibile verificare
se sia stato davvero il creatore della scenografia greca.
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