Storia della letteratura europea - Torna in homepageI poemi omerici


I poemi omerici

Si ritiene di poter attribuire all'VIII secolo (-) i poemi che tradizionalmente risultano come le prime maggiori opere letterarie prodotte dalle genti della regione greca, che allora gravitava tra le coste della Grecia e quelle anatoliche. Due poemi, Iliade" e "Odissea", ci sono stati tramandati come i due maggiori prodotti di questo periodo. Questi poemi, attribuiti a Omero, hanno tutte le caratteristiche formali della produzione e trasmissione orale a tema e sviluppo ciclico. Sulla vita di questo Omero sapevano poco già i greci del VII secolo (-). Tra coloro che ritenevano realmente esistito un Omero, alcuni ritenevano fosse vissuto ai tempi della guerra di Troia (XII secolo -), oppure nel IX o nel VII secolo (-). I poemi omerici non descrivono la civiltà micenea come contemporanea, ma la rievocano in forma semi-leggendaria. Alcuni riferimenti sono stati confermati dalle ricerche archeologiche. Alcuni passi (ma non si sa se sono spuri o meno) dell'"Iliade" non sembrano anteriori all'VIII secolo (-): l'uso della falange (Il., XIII), lo scudo di Agamennon (Il., XI), altri riferimenti archeologici (Il., VI). Sappiamo però che i due poemi erano già ampiamente noti e sfruttati nel VII secolo (-). I due poemi sarebbero comunque stati elaborati negli ambienti culturali greci delle coste anatoliche. Semonide da Amorgo parla di come a Chio vivessero gli Omeridi, che mantennero religiosamente la tradizione orale dei poemi; mentre Smirne, ipotizzata come patria di Omero da Pindaros,sembra un ambiente culturale affine per lingua. Riferimenti geografici e elementi dialettali presenti nei due poemi fanno pensare a un'origine dalla costa ionica dell'Asiaminore. Nell'"Odissea" appare meno precisa la rappresentazione delle coste del Peloponneso e delle isole attorno a Itaca, tanto che le descrizioni sembrano una rielaborazione fantastica della conoscenza delle coste anatoliche.
Nei due poemi sono coagulate memorie storiche e mitologiche risalenti all'età micenea. Sappiamo che tali forme epiche erano trasmesse dagli aedi (nell'"Odissea" ne sono rappresentati due, con il nome di Demodoco e Femio), cantori professionali itineranti che giravano di corte in corte, presso i vari signori e principotti del tempo. Essi elaboravano un contenuto tradizionale usando per lo più formule fisse e tipi canonizzati. I due poemi per il loro contenuto poetico superano il livello di una produzione standardizzata.
La sensazione è di trovarci davanti a qualcosa di simile alle "chanson de gestes". Da una parte una serie di avvenimenti storici e dall'altra un gruppo di elaboratori di tale materiale epico che oralmente organizzano tale materiale e lo offrono a un pubblico di uditori, variando le storie originarie a seconda delle esigenze e degli umori del pubblico, producendosi in forme provate dal contatto con il pubblico e riusate anche in altri contesti finché tali forme diventano segno esso stesso dell'arte. I due poemi sono probabilmente i sopravvissuti di una serie di poemi imperniati sul ciclo troiano. Perché siano sopravvissuti proprio questi e non altri non sappiamo, anche perché non sappiamo se veramente ce ne fossero altri di poemi di questo supposto ciclo troiano. Di solito un testo sopravvive quando è possibile per le epoche successive riutilizzarlo in qualche modo. Non deve essere estranea a questo la guerra che impegnò in epoche successive alcune delle città-stato greche contro l'impero persiano, mentre per l'Odissea l'attività marinara e di colonizzazione dei greci che a un certo punto arrivarono a dominare i commerci del mediterraneo. Divenuti un classico, a essi si riferirono sempre greci e latini delle epoche successive, ponendoli alle basi della propria storia.

Nell'VIII secolo (-) il variegato mondo greco era dominato, da quel che si può comprendere attraverso i poemi omerici, da forme aristocratiche di potere, in cui nessuna cosa era messa in discussione nonostante l'estrema durezza di quella società, con gli scontri tra signori locali per il predominio nelle città-stato, gli intrighi, le rivalità e gelosie, i tentativi reciprochi di scalzarsi ecc.
Dei due poemi, l' "Odissea" ha caratteristiche (modo di concepire e descrivere le divinità, di trattare questioni morali e mitologiche ecc.) che parrebbero porre questo poema in periodo leggermente successivo all' "Iliade". In entrambi sono presenti ripetizioni e incoerenze, spiegabili con il fatto che i due poemi furono composti per l'ascolto e non per la lettura. E posseggono una concezione unitaria: nell'"Iliade" argomento centrale è l'ira di Achille, e l'ultimo libro riprende, dopo l'introduzione di molti episodi secondari, l'argomento proposto nel primo. L'"Odissea" inizia descrivendo come era Itaca prima del ritorno di Odisseo e si conclude con la ripresa del potere da parte del re. In entrambi i caratteri dei maggiori protagonisti sono elaborati con coerenza e organicità.
Anche linguisticamente non vi sono molte differenze: uso di parole astratte, del digamma, di forme eoliche e micenee ecc. sembra comune a entrambi i poemi. Chiunque abbia composto i due poemi, ha certamente raccolto materiale epico precedente, ma riuscendo a armonizzare il tutto. L'influenza di questa letteratura orale si rileva tra l'altro dal fatto che si accennano a molte vicende (come quella di Pilo, di Tebe ecc.) senza svilupparle, perché ritenute già sufficentemente note al pubblico. Il procedimento formulare, per cui in molti versi si ritrovano sintagmi fissi come tessere ricorrenti in un mosaico ed epiteti già standardizzati, proviene dalla tecnica di improvvisazione dei cantori: molte formule possono benissimo essere invenzioni originarie di Omero, ma la tecnica è quella dei cantori orali. Dal punto di vista tecnico, il carattere episodico della narrazione costituisce forse una sopravvivenza dei più brevi racconti antichi. Nella trattazione della materia mitica, come testimoniano gli scoli antichi e le memorie che ci sono giunte degli altri poemi ciclici, sono presenti nei due poemi delle innovazioni: sono riuniti miti diversi, modificati quelli anteriori (ad esempio, sembra una innovazione l'episodio della restituzione a Priamo del corpo di Ettore, in "Iliade").
Nella descrizione della società degli dei olimpici, considerati come modelli etici ma anche come figure comiche in rapporto di soggezione o di insubordinazione nei confronti di Zeus, e le cui vicende si intrecciano con quelle dei mortali, siamo davanti a un complesso rapporto tra poemi omerici e tradizione. La relazione degli dei con Zeus è paragonabile a quella degli eroi achei con Agamennon durante la guerra, riflette forse i rapporti sociali della società monarchico-oligarchica micenea.
Il linguaggio è ricco di arcaismi, di sinonimi, di forme idiomatiche tratte da diversi dialetti: si differenzia profondamente dalla lingua parlata. Sembra derivare da una più antica tradizione letteraria. Dal punto di vista stilistico l' "Iliade" risulta più ricca di similitudini, mentre nell' "Odissea" vi è un maggiore sviluppo fantastico. Una diversità dovuta anche all'argomento (lunghe vicende di guerra in "Iliade", lunghe peregrinazioni in tempo di pace in "Odissea"), per cui cambia anche la struttura sociale (Troia non è la stessa cosa di Itaca). Elementi comuni nella tecnica narrativa: passaggio brusco da un argomento all'altro, frequenti anticipazioni, rapidità dell'azione, allentamento della tensione dopo la crisi, finale quieto, la frequenza del discorso diretto, il carattere stereotipo di alcune formule. Differenti, ma non contraddittori gli ideali di vita celebrati nei due poemi: il coraggio e la forza fisica di Achille, l'astuzia di Odisseo.
L'"Odissea" si pone come continuazione dell'"Iliade": tutti gli avvenimenti intermedi, come la costruzione del cavallo di legno, la distruzione di Troia, il ritorno e l'uccisione di Agamennon sono, anche se brevemente, accennati nell'"Odissea". I personaggi presenti in entrambe le opere hanno gli stessi caratteri, mutano solo per il naturale succedersi degli anni.

E' naturale che nel corso dei secoli siano avvenute interpolazioni successive dei testi. Alcune interpolazioni siamo in grado di riconoscerle, altre no. Interpolazioni riconoscibili sono quelle di Od.,XI (nella "Nekia"), e in Il.,X (la "Dolonia"). Anche la lingua fu alterata, in particolare con l'introduzione di forme attiche, dovuta alla recitazione dei poemi a Atene; alcuni vocaboli originari, non più compresi o compresi male, furono sostituiti da altri più moderni. I maggiori mutamenti probabilmente si ebbero nel periodo compreso tra la composizione e la comparsa dei primi testi "ufficiali" (all'epoca di Pisistrato), durante i quali i testi furono tramandati dai rapsodi omerici. Noi leggiamo oggi in pratica il testo ricostruito in epoca alessandrina.
I poemi omerici hanno avuto una centralità determinante nel mondo culturale greco e poi latino. Si conoscono pochi casi di critiche negative nell'antichità: Zoilo da Anfipoli fu conosciuto come "homeromastix", detrattore di Omero. I poemi furono alla base dell'educazione scolastica a partire almeno dal V secolo (-), e ovviamente enorme fu l'influenza sulla poesia e sulla cultura. Basti pensare al fatto che la storia della poesia latina inizia con la traduzione dell'"Odissea" fatta da Livius Andronicus. Essi divennero modello per il genere epico.
Nel medioevo europeo (dal V secolo +) si perse la conoscenza dei testi, oltre che della lingua greca. Nel rinascimento (XVI secolo +) il culto per Virgilius fece apprezzare poco i poemi omerici ritenuti meno armoniosi. La rivalutazione si ha con il preromanticismo inglese (fine XVIII secolo +) e con il romanticismo tedesco: fu molto amata la fantasia epica dei poemi, la naturalezza primitiva, lo spirito popolare. Non a caso risalgono all'inizio del XIX secolo le prime traduzioni in italiano dei poemi omerici (Foscolo, Monti, Pindemonte ecc.).
Oggi si tende ad apprezzare maggiormente "Odissea" rispetto a "Iliade". "Iliade" è concentrato intorno a vicende guerresche con tutte le variazioni di situazione, compreso l'accenno domestico, "Odissea" si avvicina maggiormente al gusto moderno della sfida dell'intelligenza e dello stato di dubbio. Anche per il tema della lontananza una cosa è il lamento dell' "eroe" per il suo essere lontano dalla patria in una guerra voluta e cercata e altra cosa è la lontananza a cui Odisseo è costretto a causa dell'accanirsi contro di lui di una parte degli dei, cioè per motivi non dipendenti dalla sua volontà ma contro cui non smette mai di combattere. Ciò che salva "Iliade" dall'essere solo esibizione di una virtù guerresca e guerrafondaia, è la pietas umana, ciò per cui achei e troiani sono accomunati nella sofferenza della guerra: non siamo davanti cioè a una ricostruzione "di parte" di una storia, l'esaltazione di una parte contro un'altra, la divisione manichea tra buoni e cattivi. A soffrire nella guerra sono tutti, e le parti migliori di "Iliade" sono appunto quelle in cui appaiono i troiani nella consapevolezza di un destino di morte e distruzione che li attende.
A rendere entrambi i poemi dei capolavori è la drammaticità dell'azione, il conflitto causa di strazio per i vinti e di gloria ma anche di altra sofferenza per i vincitori, l'alterno prevalere della forza, dell'astuzia, dell'ingiustizia, del valore. La tragedia del dolore, della separazione, dell'esilio, della morte. L'esaltazione non solo di virtù eroiche e guerresche, ma anche della pietà, della fedeltà, dell'amicizia. Sono valori concentrati in grandi individualità (Achille, Ettore, Odisseo) che caratterizzano eterni tipi umani. Nello stesso tempo siamo davanti alla descrizione di una società, quella greca arcaica, con i suoi propri, storici valori: il culto sacro dell'ospitalità, l'amore per la virtù e la bellezza, il gusto delle arti 8canto, danza, pittura), il senso della natura legato all'importanza delle attività produttive agricole e pastorali, lo spirito d'avventura che fa promuovere viaggi e spinge il commercio.
La grandezza dei poemi omerici supera i confini di un genere e il valore di una testimonianza storica. L'armonia ampia e solenne del verso, la forza di rappresentazione, la molteplicità di toni (elegiaco, realistico, comico, favoloso ecc.) avviano un processo, quello della cultura greca con le sue filiazioni, teso all'approfondimento della conoscenza psicologica sociale e fantastica degli umani.


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