Plautus 
            
             
             
              Plautus 
               
               Titus Maccius Plautus nacque a Sarsina [Umbria] nel c.259\251-. 
                Morì a Roma nel c.180-. Non sappiamo nulla della sua vita, 
                e lo stesso nome con cui lo conosciamo potrebbe essere un soprannome 
                legato alla sua attività teatrale. Maccius potrebbe venire 
                da "maccus", la maschera dell'atellana, che era una antica forma 
                teatrale popolare. Mentre Plautus potrebbe significare "piedi 
                piatti". 
                 
                Di Plautus sappiamo che si dedicò in maniera totale al 
                teatro, come attore, autore, capocomico, organizzatore di spettacoli. 
                Secondo *Gellius, perse il denaro accumulato in questa attività 
                e fu per un certo tempo schiavo per debiti: le commedie scritte 
                in questo periodo gli avrebbero ridato la libertà e un 
                nuovo successo che lo accompagnò fino alla fine. 
                 
                *Varro distinse, nel gran numero di opere che circolarono sotto 
                il suo nome, 21 autentiche: sono le uniche pervenuteci, alcune 
                lacunose. Sappiamo solo di due commedie la data di composizione: 
                dello "Stichus" (200-) e del "Pseudolus" (191-). Per le altre 
                valgono ipotesi riguardo elementi interni. Plautus scrive per 
                un pubblico composito, in cui predomina l'elemento popolare: in 
                teatri lignei e provvisori, rumorosi, occorreva catturarne l'attenzione 
                con una comicità esplicita e prepotente. Siamo nel periodo 
                delle guerre puniche, matura l'imperialismo mediterraneo di Roma 
                ma le sue radici sono ancora saldamente italiche: tra non molto 
                la cultura greca, importata dalla parte pił raffinata dell'oligarchia 
                dominante diverrà la copertura intellettuale di questa 
                classe e si sovrapporrà agli elementi rozzi ma vitali delle 
                tradizioni locali. Plautus riflette ancora nelle sue commedie 
                questi rapporti: vi sono tracce dell'antico teatro popolare latino, 
                di derivazione osca o etrusca, e spunti della vita quotidiana 
                di Roma. Lo schema invece è quello della "commedia nuova" 
                greca, e greci sono i nomi dei personaggi.  
                Non sappiamo quanto Plautus debba ai suoi modelli greci: Difilos, 
                Filemon, Demofilos soprattutto, solo in parte Menandros. Ma sappiamo 
                che larga pratica aveva la "contaminatio", lo spostamento e fusione 
                di scene tratte da opere diverse, e la ripresa di intere trame. 
                Erano previste situazioni fisse: l'amore del giovane per una bella 
                schiava che sarà poi riconosciuta libera; la presenza di 
                vecchi comprensivi o rivali in amore; gli inganni astuti dei servi. 
                Si tratta di situazioni che dal teatro classico latino e greco 
                passeranno a quello rinascimentale e alla commedia dell'arte. 
                All'interno di questi stereotipi si snodava la ricchezza dell'intreccio, 
                il meccanismo degli scatti obbligati, e le situazioni di ilarità. 
                I personaggi erano tipi, simili in questo alle maschere dell'atellana. 
                la comicità affidata a digressioni esilaranti, a battute 
                salaci o beffarde, a dialoghi scoppiettanti. 
                 
                Nell'Amfitruo (Amphitruo), Zeus innamorato di Alcmena prende l'aspetto 
                del marito Amfitruo partito per la guerra. Mentre è nel 
                letto di Alcmena giunge Amfitruo con il servo Sosia. Mercurio 
                che fa la guardia travestito da Sosia, fa dubitare il vero Sosia 
                della propria identità. Amfitruo comprende che Alcmena 
                ha accolto qualcun altro al suo posto ma quando la accusa di infedeltà, 
                Giove spiega la situazione all'amata, le promette un figlio eroe 
                e interviene in suo aiuto fermando Amfitruo con un fulmine. Un'ancella 
                annuncia che Alcmena ha partorito due gemelli, uno dei quali nato 
                da Giove sarà Ercole. La voce di Giove dal cielo chiarisce 
                a Amfitruo l'inganno, e questi è costretto a sottomettersi 
                al volere degli dei. Plautus riprende qui il testo di un autore 
                ignoto della commedia greca [Il tema plautusiano è stato 
                poi ripreso tra gli altri da Molière, J. dryden, H. von 
                Kleist, J. Giraudoux ecc.]. 
                 
                Nell'Asinaria ovvero la commedia degli asini, Demenetos vecchio 
                vizioso e sfrontato è tiranneggiato da una moglie ricca 
                il cui amministratore, il servo Saurea, conta in casa pił di lui. 
                Suo figlio Argirippo, innamorato di Filenio, ha bisogno di 20 
                mine per darle alla madre della ragazza, una ruffiana senza scrupoli. 
                Con l'aiuto del padre e dei servi Leonida e Libano, riesce (facendo 
                passare Leonida per Saurea) a riscuotere il ricavato della vendita 
                di alcuni asini fatta dalla madre. La madre, avvertita da un amante 
                deluso di Filenio, si precipita in casa della ragazza e vi sorprende 
                a gozzovigliare marito e figlio. La commedia è stata ripresa 
                dall'"Asinaio" di Demofilos. 
                 
                Ne La pentolaria (Aulularia) Euclion è un avaro che si 
                fa passare per poverissimo, ha trovato una pentola piena d'oro 
                sotto il focolare di casa sua. Da allora vive nel terrore che 
                la pentola gli venga rubata oppure che venga scoperta. Il ricco 
                vicino Megadoro gli chiede in moglie la figlia Fedria. Euclion 
                acconsente, ma non sa che la figlia aspetta un bambino, essendo 
                stata violentata da uno sconosciuto durante le feste di Cerere. 
                Lo sconosciuto è Liconide, nipote di Megadoro che, saputo 
                delle prossime nozze dello zio, confessa a Euclion la sua colpa 
                chiedendo in moglie Fedria. Strobilo, servo di Liconide, ha scoperto 
                la pentola, l'ha rubata ma è disposto a darla al suo padrone 
                in cambio della libertà. Non si sa come finisce, anche 
                se è immaginabile, giacché il finale è andato 
                perduto. La commedia è derivata da un esemplare ignoto, 
                forse menandreo. 
                 
                Protagonista di Casina è una trovatella che Cleostrata 
                ha raccolto e allevato. Casina significa infatti ragazza del caso, 
                della sorte. Cresciuta, diventa una bella ragazza contesa tra 
                suo marito e suo figlio: uno la vuole far sposare al suo intendente, 
                l'altro al suo scudiero, ambedue per goderne i favori con tranquillità. 
                Cleostrata propone un sorteggio, che favorisce il marito, ma non 
                si arrende. Travestito lo scudiero Calino con le vesti nuziali 
                di Casina, fa in modo che padrone e intendente invece delle pregustate 
                carezze ricevano una fracco di legnate. In un brevissimo epilogo 
                il capocomico informa gli spettatori che Casina, che si è 
                scoperta di condizione libera, sposerà il giovane innamorato. 
                L'opera deriva dalla commedia "Coloro che tirano a sorte" di Difilos. 
                 
                Il titolo della commedia Curculius deriva dal nome del protagonista 
                parassita. Ma "curculius" è anche il nome del verme del 
                grano. Curculius è mandato in Caria dal giovane Fedromo 
                per riscuotere un credito di cui ha bisogno per riscattare dalle 
                mani del lenone Cappadox la bella Planesio. Curculius torna raccontando 
                che Planesio era stata già riscattata da un soldato per 
                ben 30 mine al banchiere Licon. Ubriacato il soldato, Curculius 
                gli ha tolto l'anello con il sigillo, che gli servirà per 
                falsificare una lettera del banchiere e riscuotere il denaro. 
                Planesio è riscattata. Arriva furibondo il soldato, Terapontigono. 
                Le liti si susseguono finché Planesio non riconosce nell'anello 
                rubato quello di suo padre. Terapontigono è quindi suo 
                fratello. Cappadox deve restituire il denaro, dato che Planesio 
                è nata libera, e Fedromo può sposare la fanciulla. 
                 
                Nei I Menekhmi (Menaechmi) l'azione è imperniata sugli 
                equivoci provocati dallo scambio di persona tra due gemelli. Un 
                mercante di Siracusa andato a Taranto con uno dei figli gemelli, 
                Menekhmo, ha smarrito il bambino nella folla e ne è morto 
                di dolore. Menekhmo raccolto da un mercante di Epidamno e allevato 
                da lui, ne ha ereditato le ricchezze e vive a Epidamno con una 
                moglie gelosa e una bella amante, Erozio. Suo fratello intanto, 
                chiamato anche lui Menekhmo dal nonno, giunge a Epidamno ed è 
                scambiato per il primo Menekhmo dal parassita Penicolo, da Erozio 
                e perfino dalla moglie del fratello. Menekhmo II crede causa delle 
                sue incomprensibili avventure il fatto di essere piaciuto a una 
                cortigiana (cioè a Erozio). Menekhmo I invece deve affrontare 
                le furie della moglie e del suocero che lo crede pazzo. Finalmente 
                i due fratelli si riconoscono e decidono di tornare insieme a 
                Siracusa, dopo aver venduto all'asta i beni e anche la moglie 
                (sempre se si troverà un compratore) di Menekhmo I. 
                 
                Protagonista de Il soldato glorioso (Miles gloriosus) è 
                Pirgopolinice. La commedia è ambientata a Efeso. Pirgopolinice 
                è un soldato smargiasso e vanitoso, che ha rapito Filocomasio, 
                una ragazza amata da Pleusicle. Per sottrargli la ragazza, Pleusicle 
                aiutato dall'amico Periplecomeno e dal servo Palestrione, organizza 
                una complicata beffa, facendo passare la cortigiana Acroteleuzia 
                come moglie di Periplecomeno innamoratissima di Pirgopolinice. 
                Il soldato, convinto di aver fatto una conquista lusinghiera, 
                congeda Filocomasio. Intanto Periplecomeno, fingendo indignazione 
                per l'ardire di Pirgopolinice, lo fa bastonare dai servi. Figura 
                simpatica è quella del parassita Artotrogo, maestro nell'elencare 
                al millantatore le sue immaginarie e iperboliche qualità. 
                La commedia è una rielaborazione della commedia greca "Il 
                fanfarone". 
                 
                Il titolo della Mostellaria deriva dal termine "mo(n)stellum", 
                diminutivo di "monstrum", nel significato di 'spiriti, fantasmi'. 
                E' la commedia degli "Spiriti". Mentre Teopropide è lontano 
                per affari, suo figlio Filolachete si dà alla pazza gioia 
                insieme all'adorata Filemazio. Torna il padre. Il servo Tranione 
                per non far scoprire il padroncino a banchetto con Filemazio, 
                insieme a un amico ubriaco con relativa amante, sbarra la casa 
                e va incontro al padrone imbrogliandogli che la casa è 
                infestata dagli spiriti e che il figlio per comprare una casa 
                nuova si è fatto prestare a usura una grossa somma (la 
                somma che ha invece speso per riscattare Filemazio). Teopropide 
                si lascia ingannare ma, scoperto il raggiro, è infuriato. 
                E' rabbonito dall'amico del figlio, che si è ripreso dalla 
                sbornia, e che lo convince a perdonare figlio e servo. La commedia 
                deriva dal "Fantasma" di Filemon. 
                 
                In Pseudolus il giovane Calidoro è innamorato di Fenicio, 
                una cortigiana che il lenone Ballione ha venduto a un soldato 
                per 20 mine (15 di anticipo). Non avendo le 20 mine, Calidoro 
                chiede aiuto al servo Pseudolus, che è il vero pernio della 
                commedia. Pseudolus scommette 20 mine con Simone, padre di Calidoro, 
                che avrà la ragazza. Riesce a carpire a Arpago, un fiduciario 
                del soldato, la lettera del contratto con il segno di riconoscimento; 
                con 5 mine avute in prestito si fa consegnare Fenicio. Ballione, 
                che non ha capito l'inganno, scommette con Simone 20 mine che 
                Pseudolus non riuscirà a prendergli la ragazza. La verità 
                viene a galla, Ballione deve rimborsare il soldato e dare le 20 
                mine a Simone. Simone le dovrà dare a Pseudolus. Calidoro 
                ha la ragazza. 
                 
                Pregio di Plautus è la prodigiosa ricchezza linguistica, 
                grazie alla quale sfrutta ogni apporto. Dal latino arcaico al 
                neologismo coniato sul greco, dalle deformazioni grottesche a 
                volgarità surreali. Non è un comico rozzo e istintivo 
                che spontaneamente parla il linguaggio della plebe, ma un professionista 
                del teatro che assume e rielabora un lessico vario con raffinata 
                abilità, a contatto diretto con la risposta di un pubblico 
                evidentemente diversificato, non appiattito sul solo plebeo o 
                sul solo raffinato, e che usa con formidabile padronanza le possibilità 
                musicali della parola dando l'impressione di una assoluta immediatezza. 
                Plautus ha inventiva e straordinaria ricchezza metrica (i suoi 
                "numeri innumeri"), abilità infinita nel desumere dai metri 
                greci un ritmo per il latino. E' un aspetto che si accentua con 
                il progredire della sua opera, in cui i cantica, le parti cantate 
                da un solo attore, prendono il sopravvento sui diverbi, le parti 
                dialogate, tanto che le ultime commedie si possono accostare all'opera 
                buffa. 
                 
                Bibliografia: Plautus 
                - Amphitruo  
                - Asinaria  
                - Aulularia  
                - Bacchides  
                - Captivi  
                - Casina  
                - Cistellaria  
                - Curculius  
                - Epidicus  
                - Menaechmi  
                - Mercator  
                - Miles gloriosus 
                - Mostellaria  
                - Persa  
                - Poenulus 
                - Pseudolus (191-)  
                - Rudens  
                - Stichus (200-)  
                - Trinummus  
                - Truculentus  
                - Vidularia  
                 
                Fortuna di un autore
                Plautus ebbe una "fortuna teatrale" che continuò anche 
                dopo la sua morte. Solo in età augustusiana, con il classicismo, 
                ebbe un declino. Il movimento arcaicizzante del II secolo (+) 
                lo fece rivivere solo in sede erudita. Nel medioevo, persa la 
                conoscenza della sua metrica, si preferì il pił castigato 
                Terentius. La riscoperta avvenne con l'umanesimo: Plautus fu rappresentato 
                in latino, tradotto, imitato (Ariosto, Machiavelli, Bibbiena ecc.), 
                anche se di lui si colse solo l'aspetto pił esteriore, quello 
                della trama, usata come canovaccio. Rimaneggiamento dei "Menaechmi" 
                è la "Commedia degli equivoci" di Shakespeare; nella commedia 
                dell'arte il personaggio-maschera del Capitano deriva dal tipo 
                del "Miles gloriosus". Interessante la versione semidialettale 
                del "Miles" fatta da P.P. Pasolini con il titolo "Il vantone" 
                (1963). 
               
              Indice del -II secolo 
              [1997]
              
             
            
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