India
India
Tra le più antiche e importanti letterature
che si conoscano, quella sanscrita indiana è certamente
tra le più interessanti. Si tratta di una produzione che
va all'incirca dal 1500 (-) al VII-VIII secolo (+).
Il suo primo periodo (vedico) ha termine all'incirca attorno al
IV secolo (-). Testi caratteristici sono i Veda, testi religiosi
tramandati oralmente per lungo tempo, e che regolavano la vita
degli individui, dalla nascita alla morte. I testi "Veda" (= scienza)
furono composti in sanscrito tra il 1500 e l'800-. Comprendono
le seguenti opere, di argomento religioso o rituale: Samhita,
Brahmana, Aranyaka, Upanisad, Vedanga, Sutra. Eccetto le Upanisad,
le altre sono tutte opere di commento al "Samhita" (Raccolte)
o "Mantra" (Parola sacra).
La "Samhita" è costituita da:
"Rgveda" (Veda degli inni). La stesura fu conclusa intorno al
1000-. E' una raccolta di 1028 inni dedicati alle numerose divinità
del politeismo indiano. Sono divisi in dieci libri, di epoca e
derivazioni diverse: i libri II-VII hanno elementi che risalgono
al 1500- e oltre, sono la parte più antica di tutta l'opera,
si rifanno alla tradizione di antichissime famiglie sacerdotali;
il libro VIII comprende inni in gran parte attribuiti a cantori
della famiglia Kanva; il libro IX inni dedicati al solo dio Soma,
personificazione della bevanda inebriante spremuta da un'erba
e usata nei principali sacrifici; il libro I e X sono più
recenti e di carattere antologico. Lo stile, intessuto di artifici
retorici e a volte volutamente oscuro, raggiunge una maggiore
immediatezza poetica negli inni dedicati a dei che impersonano
fenomeni o elementi naturali, evocati con immagini vivaci. Altri
inni esprimono gli eterni dubbi e le domande dell'uomo sull'origine
e il creatore dell'universo (La prima traduzione euroccidentale
del "Rgveda" si deve a *F.M. Müller, alla metà del
XIX secolo).
"Samaveda" (Veda delle melodie). Raccoglie
1810 strofe quasi tutte tratte dal "Rgveda", tranne 75, accompagnate
da indicazioni musicali e disposte in modo da costituire canti
liturgici per la celebrazione dei grandi sacrifici.
"Atharvaveda" (Veda delle formule magiche), più recente
del "Rgveda", comprende 731 inni divisi in venti libri. Il libro
XV e parte del libro XVI sono in prosa. In genere più vicino
alla sensibilità e ai problemi quotidiani dell'uomo, contiene
formule magiche, incantesimi amorosi, preghiere da recitare nelle
diverse situazioni della vita comune (nozze, malattie ecc.).
"Yajurveda" (Veda delle preghiere). Una raccolta di preghiere,
per la maggior parte composte con versi tratti dal "Rgveda".
Il complesso di queste opere, insieme a "Brahmana",
"Aranyaka" e "Upanisad", furono ritenute frutto della rivelazione
divina di Brahma. Ebbero enorme influenza sulla letteratura e
la religione indiana antiche.
I "Brahmana" (Testi riguardanti il 'brahman')
sono testi religiosi, in sanscrito. Risalgono al IX\VI secolo
(-). Sono manuali a uso delle diverse scuole di sacerdoti indiani
(brahmani) e contenenti indicazioni e commenti precisi sull'esecuzione
delle diverse cerimonie religiose (riti, sacrifici, recitazioni
di preghiere) e sul significato simbolico degli atti compiuti
in essi. Rispetto ai "Veda" è oscurato l'elemento mitologico
mentre al centro della vita religiosa sono posti il rito e il
sacrificio. Il sacrificio, se compiuto esattamente in tutti i
suoi particolari, ha il potere di costringere gli dei a esaudire
le richieste dell'offerente. E' una visione che segna anche il
prevalere della casta brahmana sulle altre: solo i brahmani detengono,
per tradizioni e per studi, l'arte di compiere perfettamente i
sacrifici.
Le sezioni finali di ogni "Brahmana" sono detti "testi delle foreste"
(Aranyaka), cioè testi di così alto contenuto spirituale
da meditarsi nella solitudine della foresta; essi contengono a
loro volta, nei capitoli finali, le "Upanisad" più antiche.
Schema:
| --- Rgveda
| --- Samhita o Mantra ---- | --- Samaveda
| --- Brahmana | --- Atharvaveda
Veda ------| --- Aranyaka | --- Yajurveda
| --- Upanisad
| --- Vedanga
| --- Sutra
Si pensa che fin dal II millennio (-) le
tradizioni indiane sono state tramandate senza soluzione di continuità,
in gran parte oralmente e solo occasionalmente trascritte. Di
lunghi periodi della storia indiana abbiamo lacune e testimonianze
imperfette.
Secondo le mitologie dell'induismo gli eventi fondamentali, della
storia del cosmo e dell'individuo, possono essere inquadrati dalla
ruota della nascita e della morte, il ciclo di emanazione dissoluzione
e nuova emanazione. Ogni ciclo del mondo si divide in quattro
juga o età del mondo, paragonabili alle quattro età
della tradizione greco-romana e, come queste, tese al declino.
Le età greco-romane presero il loro nome dai metalli (oro,
argento, bronzo, ferro: in progressione) quasi per una propensione
tecnologica, quelle indù dai quattro colpi nel gioco dei
dadi indiano: "krta", "treta", "dvapara" e "kali". I periodi si
succedono l'un l'altro in una serie inesorabile, irreversibile.
"Krta" è il participio passato del verbo "kr-" (fare).
Significa letteralmente fatto, compiuto, perfetto. E' il colpo
dei dadi che vince la posta, la vittoria completa. Nella concezione
indiana l'idea di totale, la totalità, è associata
al numero 4. 'Quadrato' significa 'totalità'. Si ritiene
che qualsiasi cosa in sé completa e indipendente sia in
possesso di tutti e quattro i suoi 'quarti' ("pada"). Essa ha
una solida base nelle sue 'quattro gambe' (catuh-pada). Perciò
il Krta Yuga, la prima età, è lo "yuga" perfetto,
quello 'dotato di quattro quarti'. Il "dharma", l'ordine morale
del mondo che prima dell'inizio delle cose ha una esistenza virtuale
ma poi si manifesta nelle sfere, nelle energie e negli esseri
del mondo; durante questo periodo è saldo sulle quattro
gambe come una vacca sacra, è efficace per quattro quarti
come elemento strutturale che pervade tutto l'organismo dell'universo.
Durante questo "yuga" uomini e donne nascono virtuosi e dedicano
la loro vita all'adempimento dei compiti e doveri divinamente
decretati dal dharma. I brahmani sono saldi nella loro santità,
re e signori agiscono secondo gli ideali di una condotta veramente
regale, i contadini si occupano delle terre e dell'allevamento,
la gente di città alle arti e mestieri, mentre le classi
inferiori dei servi si mantengono sottomesse e ossequiose alla
legge: anche le persone di infima estrazione si attengono all'ordinamento
sacro della vita.
Quando il processo vitale dell'organismo che è il mondo
acquista velocità, l'ordine arretra. Il sacro dharma svanisce
quarto dopo quarto, il suo contrario guadagna terreno. Il Treta
Yuga deve il suo nome al colpo dei dadi che vale 3. "Treta" è
la triade, il tre quarti. Durante il Treta Yuga il corpo universale
come pure il corpo della societàumana, si regge solo su
tre quarti della sua virtù originaria. I modi di vita delle
quattro caste hanno iniziato la loro decadenza. I doveri non sono
più le leggi spontanee dell'azione umana, ma devono essere
appresi.
Il Dvapara Yuga è l'età dell'equilibrio pericoloso
tra imperfezione e perfezione, tenebre e luce. Il suo nome deriva
da dvi, dva, dvau che significa due. Ai dadi è il colpo
che vale appunto 2. Durante lo Dvapara Yuga solo due dei quattro
quarti del dharma sono ancora efficienti nel mondo, gli altri
sono irrimediabilmente perduti. La vacca dell'ordine etico invece
di starsene saldamente su quattro zampe o di reggersi su tre,
ora si tiene in bilico su due. La condizione ideale, semidivina
della società, è perduta. La perfezione dell'ordine
spirituale non stimola più la vita umana e universale,
tutti gli esseri, brahmani re mercanti e servi, accecati dalla
passione e ingordi di possessi terreni diventano avidi e avari,
riluttanti a compiere quei sacri doveri che richiedono abnegazione.
La vera santità, che si ottiene solo con pie osservanze,
voti, digiuni, pratiche ascetiche, è estinta.
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