Ebrei
Ebrei
Dal 1200 (-) fino all'assoggettamento a Roma
e ai fatti di Masada, nelle regioni della Palestina sorsero dal
substrato popolare vari generi letterari, riflettenti condizioni
di vita e interessi diversi. Una svolta decisiva si ebbe con la
perdita dell'indipendenza politica, prima dell'epoca di Nabucodonosor
(587-), e poi sotto Titus e Vespasianus (70+). Le vicissitudini
storiche portarono a variazioni anche linguistiche: dall'ebraico
antico e classico si passò a una lingua meno forbita, all'ebraico
seriore dei libri biblici più recenti, e infine all'ebraico
mishnico.
Le produzioni letterarie dei popoli ebraici
furono raccolte in un unico testo, I Libri (Biblìa,
il titolo è greco) per eccellenza, con valore religioso
primo che politico e nazionalista. Il testo, sacro in quanto voce
del dio unico, che si rivolge non a tutti gli uomini, ma a un
popolo in particolare, considerato "eletto", cioè superiore
agli altri. Operazione di compattamento nazionalistico, compiuto
in epoca di accentramento politico e religioso, il testo unico
servì da punto di riferimento innanzitutto per la costruzione
di una ideologia comune per le varie tribù e popolazioni
ebraiche: in questo modo tutte le storie precedenti che hanno
coinvolto via via nei secoli le popolazioni ebraiche viene ricostruita
come storia unica, come "La storia" del "Popolo ebraico"; in cui
il dio-unico ha un ruolo direttivo determinante; mentre nel testo
il fedele cioè l'appartenente alla comunità ebraica,
può trovare non solo la propria storia e il proprio passato,
ma anche le regole di comportamento quotidiano e il proprio dovere,
in qualunque parte del mondo si trovi.
La sua struttura letteraria è complessa,
non solo per la varietà dei contenuti ma soprattutto per
la durata e la modalità della sua fissazione scritta, la
pluralità di lingue culture e letterature che vi sono rappresentate.
I cristiani cattolici usano il nome di "Bibbia" come sinonimo
di "Vecchio Testamento". Con ciò si riferiscono a un complesso
di testi prodotti in ambiente ebraico e risalenti a prima della
nascita del loro profeta Yeshua (Jesus Christus, in latino): "Nuovo
Testamento" è per essi il complesso di scritture prodotte
con la predicazione di Yeshua (non oltre il 100+).
Per gli ebrei Bibbia, libro sacro, sono i libri ebraici e aramaici
dell'Antico Testamento, costituenti la "Lettura" (Migrà)
o "Tanakh" (dalle iniziali t,n,k dei titoli ebraici delle tre
sezioni). La "Lettura" è divisa in tre parti: "Legge" (Torah),
"Profeti" (Nevi'im), "Agiografi" (Ketuvim).
I cattolici invece aggiungono "I deuterocanonici", libri inseriti
più tardi nel canone e scritti o conservati solo in greco,
non riconosciuti come sacri da ebrei e da protestanti. I primi
cinque libri sono detti dai cattolici "Pentateuco".
Schema: Divisione libri biblici
- Torah
- Genesi
- Esodo
- Levitico
- Numeri
- Deuteronomio
- Profeti anteriori
- Giosuè
- Giudici
- Samuele
- Re
- Cronache (Paralipomeni)
- Esdra
- Esdra (II) o Neemia
- Ruth
- Profeti posteriori
- maggiori Isaia, Geremia, Ezechiele
- minori Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona,
Michea, Nahum, Abacus, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia
- Agiografi
- Ester
- Daniele
- Proverbi
- Qohelet (o Ecclesiaste)
- Salmi
- Giobbe
- Cantico dei cantici
- Lamentazioni
"Torah", in cinque libri. Genesi narra la
creazione, il peccato di Adamo e Eva, diluvio, la chiamata di
Abramo da parte del dio, la storia della sua famiglia-tribù
fino all'emigrazione di Giuseppe in Egitto. Esodo narra l'intervento
divino in favore degli ebrei oppressi in Egitto, le dieci "piaghe",
la prima pasqua, il passaggio del mar Rosso sotto la guida di
Mosè . Levitico e Numeri contengono rituali per sacrifici,
norme di purità, episodi della vita di Israele nel deserto,
gli elenchi delle tribù e delle famiglie. Deuteronomio
(posteriore nella stesura definitiva ai libri dei profeti) riprende
le leggi trattate, sviluppa in senso etico la teologia dell'alleanza
sacra tra dio e "popolo eletto", basandola sulla fedeltà
del popolo. Si conclude con la morte di Mosè.
Seguono i libri storici (secondo l'uso ebraico:
"Profeti Anteriori"): Giosuè narra le imprese di Giosuè
successore di Mosè, l'ingresso nella "terra promessa" dal
dio. Giudici copre l'epoca che prende appunto il nome da loro,
soffermandosi in particolare su personaggi come Sansone e Debora.
I due libri di Samuele e i due libri dei Re dicono della monarchia
di Saul, David e Salomone, fino alla divisione dei regni, la distruzione
di Gerusalemme e del Tempio da parte di Nabucodonosor (586-).
I due libri di Cronache (o Paralipomeni) riprendono più
tardi le cronache dei re integrandole con altre tradizioni. Esdra
e il secondo libro di "Esdra" (Esdra II, o Neemia) riferiscono
gli avvenimenti posteriori all'editto di Ciro (538-) che restituiva
la libertà agli ebrei di babilonia, il loro ritorno, la
ricostruzione del Tempio, il ritorno all'osservanza legale.
Parziale contenuto storico hanno due libri (appartenenti alla
sezione degli Agiografi) ambientati tra gli ebrei di Babilonia:
Ester e Daniele; e il piccolo libro di Ruth che racconta la fedeltà
della vedova Ruth alla suocera Noemi e il suo matrimonio con Booz
da cui è fatto discendere David (per i teologi cattolici,
da questa linea genealogica sarebbe nato Yeshua).
I "Profeti Posteriori" (denominazione ebraica) si dividono in
base alla semplice estensione dei loro scritti in "maggiori" e
"minori". I profeti sono i protagonisti principali, ma non i soli,
della predicazione etica e religiosa durata oltre cinque secoli,
da Elia e Eliseo (IX secolo -) a Isaia 1-39 e Amos (VIII secolo
-) a Malachia (V secolo -), mirante a inculcare nel popolo una
religione interiore, a difendere il monoteismo e lo spirito dell'alleanza,
a annunciare avvenimenti futuri.
La sezione degli "Agiografi" comprende libri sapienziali (Proverbi,
Qohelet) e libri poetici (Salmi, Giobbe, Cantico dei cantici,
Lamentazioni).
La religione di Israele si è venuta
formando attraverso un progressivo affinamento dei suoi concetti
teologici e morali, dalla monolatria al monoteismo, dalla responsabilità
collettiva all'interiorità profetica, dall'ideale della
terra promessa all'attesa escatologica e al messianesimo. I libri
biblici si sono stratificati di riletture e sviluppi. E' una secolare
evoluzione, in cui è possibile trovare idee e pratiche
morali superate dalla religiosità successiva. Vi sono elementi
unificanti, o almeno tali alla nostra lettura, tenendo presente
che i testi biblici non hanno carattere speculativo o sistematico
(per intenderci, in senso greco-aristotelico):
- 1) la fondamentale concezione etico-religiosa
della vita;
- 2) la concezione organica e integrata dell'uomo,
del mondo e del dio, espressa nella teologia dell'alleanza
(Deuteronomio, 7,7-8), della relazione nuziale (Osea 2,16),
del dio redentore;
- 3) la concezione del tempo come storicità
lineare e non circolare: la storia si muove da eventi ricordati
(esodo, creazione) a eventi promessi e attesi (la Terra, il
Messia, il Regno).
L'importanza della Bibbia nella storia culturale
del mondo non si restringe al fatto di essere il testo religioso
per eccellenza per un popolo (quello ebraico) e una religione;
gli ebrei, spinti dalle vicende dell'esodo in varie parti del
mondo, hanno sempre costituito una importante comunità
culturale, centri di cultura e di alfabetizzazione in regioni
spesso poco alfabetizzate. Il testo, in vario modo reinterpretato,
è stato adottato come testo religioso dai cristiani, a
influire in maniera determinante spesso, con i suoi miti, le sue
allegorie e interpretazioni, sulla storia della cultura in europa
e nelle americhe; mentre è servito da input per l'islam,
influenzando così le regioni in cui è avvenuta l'espansione
di quest'altra grande religione e civiltà.
La Bibbia è un testo composito, variamente
stratificato e intrecciato, in cui sono presenti vari generi letterari.
Tra i tipi letterari in prosa, vi sono detti, sermoni, preghiere.
Fin dai primordi erano apprezzate le persone dalla dizione elegante
e chiara, specie nelle relazioni sociali e politiche. Ci sono
così tramandati testi attribuiti a grandi personalità,
come i discorsi di addio e/o testamenti: per esempio quelli di
Giosuè, Samuele, David, Mattatia. Allo stesso genere appartengono
i monologhi e i dialoghi che si leggono nei libri profetici. Più
numerosi (ovviamente) i detti a carattere religioso, cioè
i sermoni, specie nella letteratura profetica: opera classica
in questo genere è il Deuteronomio. Sebbene per la sua
solennità fosse preferita in genere la forma ritmica, si
hanno anche preghiere in prosa: così nei libri di Ester
(testo greco), di Giuditta, dei Re, delle Cronache, dell'Esodo
e dei Numeri (preghiere di Mosè), di Daniele.
Mentre dai popoli dell'antico oriente ci
è giunto ogni genere di memorie (iscrizioni, monumenti,
descrizioni di campagne belliche e di vittorie, lapidi votive
ecc.), di tutto ciò non si ha quasi nulla nella letteratura
ebraica. Le uniche descrizioni riguardano il tempio di Salomone
e gli edifici del palazzo a esso annessi. Esistono invece editti
regi e proclami babilonesi e persiani, riportati nella B. più
o meno integralmente in ebraico o aramaico. I contratti e i trattati,
così ben documentati tra i popoli vicini, sono indicati
soltanto nelle linee essenziali, e senza formule letterarie: unica
eccezione è nel I libro dei Maccabei. Ampia è invece
la documentazione di un tema letterario singolare, il patto tra
dio e la comunità delle 12 tribù ebraiche: se ne
tramandano i riti, le formule, gli obblighi, le promesse e le
minacce. Rappresentato bene anche il genere epistolare: la lettera
più antica e famosa è quella infausta con cui David
ordina al capo dell'esercito di far morire in guerra Uria, marito
di Betsabea, della quale il re si era invaghito. Genere attestato
e caratteristico è quello delle liste genealogiche, di
luoghi, di confini, di doni sacri ecc.: quanto in esse di oggettivo
o di esercitazione letteraria vi sia, è difficile dire.
Molti i codici e le raccolte di leggi, sia in prosa che in forma
ritmica: i primi hanno configurazione casuistica e rilevano notevoli
contatti con i popoli vicini; i secondi hanno forma apodittica,
e sono caratteristici della legislazione ebraica. Una caratteristica
è che questi codici sono presentati come affidati direttamente
dal dio unico a Mosè sul monte Sinai o nelle sue vicinanze.
Nella narrativa si distinguono due filoni, uno più poetico
e immaginativo, l'altro più aderente alla realtà
concreta. Del primo fanno parte narrazioni bibliche mitologiche,
racconti favolosi, aneddoti, leggende, saghe. Nelle narrazioni
mitologiche il mito è epurato di ogni carattere non compatibile
con la monolatria e il monoteismo. Tra i racconti popolari e favolosi
spiccano le prodezze di Sansone, storie di animali come l'asina
di Balaam o il corvo di Elia ecc. Molte saghe si riferiscono a
personaggi delle origini delle tribù , mentre mancano saghe
su eroi e condottieri. Molte leggende intendono spiegare l'origine
del culto o di certi riti in luoghi particolari.
Dal libro biblico di Ester, la tradizione
ebraica ha poi tratto i "purimspiel", le rappresentazioni teatrale
che si tenevano in occasione del "purim", la festa carnevalesca
ebraica. Il libro di Ester è l'unico testo del canone ebraico
in cui non compare nemmeno una volta il nome (innominabile) di
dio. Ci sono invece tutti gli ingredienti atti a tenere il lettore
o lo spettatore con il fiato sospeso, a sorprenderlo con inattesi
rivolgimenti di sorte, a accattivarlo con un'ampia gamma di personaggi
ben definiti. La cornice storica, ma soprattutto fantastica, è
la vicenda della regina Ester, del perfido Aman, del volubile
Assuero, del devoto Mardocheo. Aman è il fidato consigliere
del volubile Re che da un attimo all'altro diventa degno di essere
messo al patibolo, a causa di un equivoco: Aman si prostra davanti
alla regina Ester «a supplicare per la sua vita», il Re entra
nella sala del banchetto del vino proprio in quel momento e interpreta
male: «Si farebbe anche violenza alla Regina davanti a me, nel
palazzo?». Ester è l'ebrea che nasconde la propria identità
per farsi strada nel cuore e nel palazzo del Re. Alla fine si
svela, nell'atto di salvare con le parole e con la bellezza, il
proprio popolo.
La narrativa in prosa è interessata
prevalentemente alla storia della nazione. Non manca una componente
oleografica, ma i dati fondamentali sono quelli religiosi e l'oggettività,
con notizie e giudizi anche negativi su condottieri re sacerdoti.
In netta contrapposizione ai popoli vicini, mancano memorie o
testi paragonabili alle iscrizioni reali, storiche e dedicatorie
così comuni nelle letterature della'antico Medioriente.
Generi di alto rilievo sono la poesia (Salmi, Giobbe), il genere
sapienziale (Proverbi, Ecclesiaste), e la letteratura profetica
(Isaia, Geremia, Ezechiele).
Dal punto di vista stilistico il pensiero degli autori biblici
si è variamente incarnato, a seconda dei tempi e dell'indole:
la prosa narrativo-storica, mitico-simbolica, le formule fisse
dei codici rituali e legali, le raccolte gnomiche, le favole e
parabole, la poesia dei salmi e dei profeti. La poesia biblica
è governata da norme stilistiche e prosodiche precise:
il linguaggio, l'uso di versi con numero fisso di accenti principali
e spesso combinati in strofe, il parallelismo o "rima concettuale".
Letterariamente le parti più antiche
hanno affinità e dipendono dalle letterature dell'antico
oriente. Nelle parti post-esiliche vi sono contatti con il pensiero
iranico. La lingua ebraica vi manifesta una lunga evoluzione,
dagli antichissimi resti poetici inseriti nei libri storici (es.
Cantico di Debora, in: Giudici 5), alla prosa classica dei libri
di Samuele, alle forme molto più tarde di Ecclesiaste,
Esdra, Ester. Compare anche la lingua parlata dopo l'esilio, l'aramaico
(Esdra, Daniele) e del greco (Deuterocanonici).
Traduzioni della Bibbia
Le più famose traduzioni furono: quella
greca (Bibbia dei Settanta, III secolo -), quella latina opera
in gran parte di Ierolamus ("Vulgata", 383\405+), la siriaca ("Peshitta",
II\V secolo +). E' il gruppo di traduzioni nate e diffuse per
motivi religiosi, e che ebbero una enorme influenza culturale,
permettendo l'adattamento della spiritualità elaborata
dagli ebrei alla spiritualità mediterranea di latini e
greci. Accanto alle traduzioni, i commenti: tra i più antichi
che si siano trovati, il "Commento a Abacuc" ritrovato in parte
tra i manoscritti del mar Morto, risalente al periodo pre-cristiano.
Ebrei e cristiani hanno coltivato con enorme fervore il commento
ai loro testi sacri: famosi i commenti di rabbi Shelomoh ben Jizohaq
di Troyes (1040\1105+), e dei cristiani Origenes, Augustinus,
Ierolamus, Tommasus.
Un nuovo impulso alla traduzione e allo studio
dei testi si ha con l'umanesimo prima e soprattutto con la "riforma",
cioè la divisione dei cristiani in cattolici e protestanti,
questi ultimi interessati a una diffusione dei testi nelle lingue
regionali. Si hanno così la versione tedesca di Luther
(1534+), quella inglese ("Authorized version" o "Bibbia di re
Giacomo", 1611), e le traduzioni nelle lingue slave e germaniche.
Anche in questa fase si ha un nuovo impulso al commento: Luther,
Calvino, Bossuet ecc.
Una terza fase è data dalle traduzioni
moderne, che rispondono alle esigenze imposte dall'enorme progresso
delle scienze bibliche, filologiche e da una nuova sensibilità
religiosa. Le più note sono la cattolica "Bibbia di Gerusalemme"
(Bible de Jérusalem, 1955+), la protestante "Nuova Bibbia
inglese" (New English Bible, 1970+).
Libri della "Bibbia"
I Salmi sono un libro a carattere
poetico. Il nome deriva dal greco psalmòs, e indica il
suono di uno strumento ma corde (il salterio) e il canto religioso
che si accompagnava allo stesso strumento. Di qui anche l'uso
dell'altro titolo, di "Salterio".
Nella forma attuale, risale al III secolo (-), e rappresenta il
termine di un lungo processo letterario, compiuto da diversi autori
e redattori in un arco di molti secoli. Nella versione greca dei
Settanta e nella Vulgata, la numerazione è leggermente
diversa da quella ebraica. Si tratta comunque di 150 salmi, giunti
divisi in cinque libretti, forse per imitazione dei cinque volumi
in cui è divisa la Legge mosaica (Pentateuco). Sono presenti
anche altri tipi di classificazione: "salmi graduali" o "delle
ascensioni" (120-134) cioè dei pellegrinaggi a Gerusalemme;
l'"hallel egiziano" (113-118) recitato nella festa pasquale; il
"grande hallel" è il salmo 136; i sette "salmi penitenziali"
(6, 32, 38, 51, 102, 130, 143).
Dal punto di vista dei generi letterari,
lo si divide di solito in salmi: regi, inni, salmi di intronizzazione,
lamentazioni (individuali o collettive), di ringraziamento, maledizioni
(o salmi imprecatori), benedizioni. I cosiddetti "salmi messianici"
sono dei salmi che l'esegesi cristiana e rabbinica interpreta
in senso messianico, riferentesi al re-messia, anche se rientrano
nelle categorie precedenti (si veda in particolare i salmi 2,
72, 110).
A seconda del genere letterario cui appartengono, i salmi seguono
uno schema compositivo definito, cui corrisponde di solito una
metrica specifica, basata su una successione regolare di accenti
in versi di due o tre stichi. Uno dei procedimenti più
caratteristici di questa struttura è il parallelismo (sinonimico,
antitetico, di sviluppo). Frequente è la forma responsoriale
con l'uso di ritornelli.
Salmi alfabetici, o acrostici, sono denominati
quelli in cui ogni verso o strofa inizia con una lettera secondo
l'ordine alfabetico ebraico. Un esempio, celebre, è il
lunghissimo salmo 119. Centosedici salmi sono preceduti da titoli
con l'indicazione del presunto autore, delle circostanze di composizione,
degli strumenti che ne accompagnavano il canto, dell'aria su cui
intonarlo, della destinazione liturgica. L'interpretazione di
questi titoli non è sempre sicura. Non tutti i salmi attribuiti
a David (3-41, 51-72) possono risalire a lui, ma si pensa che
un nucleo davidico esistette, e che ci è giunto anche se
con ritocchi e aggiunte posteriori, ciò che rende arduo
individuare i salmi autentici.
I salmi hanno carattere essenzialmente liturgico, la maggior parte
di essi furono composti per il culto del tempio, dove erano cantati
da leviti specializzati.
Il libro dei Salmi è il più popolare e il più
letto della Bibbia. Da oltre 25 secoli non è mai cessata
la recita quotidiana dei salmi nel culto pubblico e privato, sia
ebraico che cristiano. Una centralità religiosa, dovuta
non solo al suo valore letterario, ma anche al profondo senso
umano divino e cosmico che possiede. Vi si riflettono tutti gli
stati d'animo dell'uomo credente, le vicissitudini e le aspirazioni
dell'esistenza, i sentimenti dell'uomo verso sé stesso,
verso la comunità, verso gli altri (amici e nemici), verso
il creato, verso dio: il dolore, l'angoscia, la solitudine, la
persecuzione, la malattia, il timore della morte, la gioia e la
festa.
Così il salmo 51 (che appartiene ai cosiddetti "salmi penitenziali"),
un miserere, che esprime l'angoscia e la drammaticità dell'esistenza,
in una condizione segnata dalla finitudine e dalla colpa, sfigurata
dal male subì to e da quello che continuamente commettiamo:
"nel peccato sono stato generato | e nella trasgressione mi ha
concepito | mia madre". E' il dolore dell'uomo che si trasforma
in parola. Anche questo salmo può essere emblematico dell'influenza
sulla cultura occidentale, a tutti i livelli. Si pensi solo alla
versione che si trova nel Salterio ugonotto, su cui lavorò
un poeta come Clement Marot nel XVI secolo.
Il corpus dei libri biblici ha avuto una
vasta influenza nella storia culturale europea. Nel periodo della
crisi successiva al crollo dell'Impero romano occidentale, l'influenza
maggiore fu esercitata, nel lungo periodo, dalla chiesa cattolica
e dall'organizzazione via via sempre più capillare e strutturata
dei vari ordini religiosi cristiani. In occidente i cattolici
estesero l'influenza dei libri biblici, mentre nei paesi dell'est
europeo questo compito toccò alla chiesa bizantina. In
questa doppia espansione, non lineare e variegata per caratteristiche
e per tempi e modi, un ruolo non secondario ebbero le comunità
ebraiche disseminate in europa a seguito delle varie persecuzioni
cui furono sottoposte. Tre fonti d'influenza dunque, che ebbero
ripercussioni su vaste masse di popolazioni. Il corpus biblico
non era solo un corpus di testi che riguardavano solo il campo
religioso o dell'interiorità, ma investivano il destino
della comunità e di quello dei singoli, nel futuro temporale
e nell'oltremondo. Un'influenza sul piano della precettistica
e del comportamento quotidiano, dell'etica, della spiritualità;
e in campo scientifico e sapienziale in genere. Al corpus dei
testi biblici si ricorreva anche come archivio di conoscenze pratiche
e giuridiche. E' chiaro che nelle varie comunità e nei
vari popoli, oltre che a seconda delle epoche, si trattò
di un'influenza più o meno estesa nei vari campi. E' indicativo
ad esempio che a un certo punto della storia culturale europea
l'influenza dei testi biblici abbia avuto un'interruzione o un
regresso in alcuni campi di punta come quello scientifico, e quello
della produzione storiografica. E' rimasto celebre, a segnare
uno spartiacque culturale, il processo fatto a Galilei da parte
della chiesa cattolico-romana: contro il nuovo pragmatismo scientifico,
il dogma della fede impone la condanna come eresia della ricerca
scientifica. Ciò che nei fatti bloccò il progresso
scientifico in alcune aree europee, destinando risorse e energie
nella repressione e nella persecuzione degli "eretici".
Nella storia culturale europea a influire
nel lungo periodo non c'è stato solo quello proveniente
dalla cultura biblica. Ciò che ha fatto della cultura europea
e occidentale qualcosa di più complesso ed efficiente è
stata l'apporto proveniente dalla cultura greca, e poi da quella
arabo-greca. La filologia del XV secolo è figlia del filone
culturale greco e arabo-greco; da essa sono derivati da una parte
la storiografia e lo studio non moralistico della realtà,
dall'altra la ricerca scientifica sperimentale.
Indicativo ad esempio il discorso sulla storiografia.
I testi biblici posseggono una valenza storiografica. Una storiografia
che non è semplice cronaca di re o di singoli eroi: come
per i greci, si tratta di "cronaca di una comunità politica"
(*A. Momigliano); ed è interessante notare come in entrambi
i casi si tratti di un modo di fare storia che nasce da una lotta
contro un nemico identico (i persiani). Un tipo di storiografia
passata poi al cristianesimo. Ad un certo punto però presso
le comunità ebraiche si blocca il processo di produzione
testuale, si smette di fare storiografia. Presso i cristiani invece
la produzione continua, pur con le difficoltà connesse
alla crisi sociale successiva al crollo dell'impero e alle invasioni.
Avviene lungo un doppio filone, di derivazione biblica e di derivazione
storiografica romano-latina, cioè greca. A partire dal
XV secolo il filone greco-latino diverrà dominante. E'
chiaro che ciò sta a significare un diverso uso e diverse
finalità. La storiografia greca, sviluppatasi con Tukhudides
e Herodotos nell'ambiente della democrazia del V secolo (-), era
una visione lineare e non determinata dalla profezia; la storia
non si occupava del futuro. A differenza degli ebrei, i greci
non ebbero il problema di limitare l'interesse storiografico agli
eventi racchiusi nei testi sacri: ciò spiega le diversità
tra le due culture, e il fatto che all'interno della cultura ebraica
si perse l'interesse storiografico: solo nel XVI secolo all'interno
delle comunità ebraiche questo interesse riemerse, ma grazie
agli ebrei italiani, che vivevano a contatto con la nuova cultura
occidentale. Il dio degli ebrei era il dio della verità;
gli dèi dei greci no, agli uomini era consentito ricercare
questa verità nella libertà. Gli ebrei post-biblici
pensavano di avere realmente nella Bibbia tutta la storia che
li riguardava, e che riguardava il mondo in quanto erano essi
il popolo eletto dal dio unico; tutti gli altri eventi non avevano
importanza. L'interesse per la Legge (la Torah) uccise qualsiasi
altro tipo di interesse. Nel XVI secolo il ritorno alla storia
da parte degli intellettuali ebrei o di origine ebraica, avviene
all'insegna dell'intervento dell'influenza greco-occidentale.
Spinoza, così importante per la storiografia occidentale,
èda questo punto di vista indicativo. Spinoza tornò
ai princìpi fondamentali della ricerca storica greca trattando
la storia biblica come storia ordinaria. E, al di là del
metodo, ciò che importante e decisivo fu: l'atteggiamento
di libertà e di critica nella ricerca.
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Europa: Antenati - la storia della letteratura europea online
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