Ebrei 
            
             
             
              
                   Ebrei 
                 Dal 1200 (-) fino all'assoggettamento a Roma 
                e ai fatti di Masada, nelle regioni della Palestina sorsero dal 
                substrato popolare vari generi letterari, riflettenti condizioni 
                di vita e interessi diversi. Una svolta decisiva si ebbe con la 
                perdita dell'indipendenza politica, prima dell'epoca di Nabucodonosor 
                (587-), e poi sotto Titus e Vespasianus (70+). Le vicissitudini 
                storiche portarono a variazioni anche linguistiche: dall'ebraico 
                antico e classico si passò a una lingua meno forbita, all'ebraico 
                seriore dei libri biblici più recenti, e infine all'ebraico 
                mishnico.  
                 
                 Le produzioni letterarie dei popoli ebraici 
                furono raccolte in un unico testo, I Libri (Biblìa, 
                il titolo è greco) per eccellenza, con valore religioso 
                primo che politico e nazionalista. Il testo, sacro in quanto voce 
                del dio unico, che si rivolge non a tutti gli uomini, ma a un 
                popolo in particolare, considerato "eletto", cioè superiore 
                agli altri. Operazione di compattamento nazionalistico, compiuto 
                in epoca di accentramento politico e religioso, il testo unico 
                servì da punto di riferimento innanzitutto per la costruzione 
                di una ideologia comune per le varie tribù e popolazioni 
                ebraiche: in questo modo tutte le storie precedenti che hanno 
                coinvolto via via nei secoli le popolazioni ebraiche viene ricostruita 
                come storia unica, come "La storia" del "Popolo ebraico"; in cui 
                il dio-unico ha un ruolo direttivo determinante; mentre nel testo 
                il fedele cioè l'appartenente alla comunità ebraica, 
                può trovare non solo la propria storia e il proprio passato, 
                ma anche le regole di comportamento quotidiano e il proprio dovere, 
                in qualunque parte del mondo si trovi.  
                 
                 La sua struttura letteraria è complessa, 
                non solo per la varietà dei contenuti ma soprattutto per 
                la durata e la modalità della sua fissazione scritta, la 
                pluralità di lingue culture e letterature che vi sono rappresentate. 
                I cristiani cattolici usano il nome di "Bibbia" come sinonimo 
                di "Vecchio Testamento". Con ciò si riferiscono a un complesso 
                di testi prodotti in ambiente ebraico e risalenti a prima della 
                nascita del loro profeta Yeshua (Jesus Christus, in latino): "Nuovo 
                Testamento" è per essi il complesso di scritture prodotte 
                con la predicazione di Yeshua (non oltre il 100+). 
                Per gli ebrei Bibbia, libro sacro, sono i libri ebraici e aramaici 
                dell'Antico Testamento, costituenti la "Lettura" (Migrà) 
                o "Tanakh" (dalle iniziali t,n,k dei titoli ebraici delle tre 
                sezioni). La "Lettura" è divisa in tre parti: "Legge" (Torah), 
                "Profeti" (Nevi'im), "Agiografi" (Ketuvim). 
                I cattolici invece aggiungono "I deuterocanonici", libri inseriti 
                più tardi nel canone e scritti o conservati solo in greco, 
                non riconosciuti come sacri da ebrei e da protestanti. I primi 
                cinque libri sono detti dai cattolici "Pentateuco".  
                 
                Schema: Divisione libri biblici
                
                  - Torah  
                    
                      - Genesi 
                      
 - Esodo 
                      
 - Levitico 
                      
 - Numeri 
                      
 - Deuteronomio 
                    
  
                   -  Profeti anteriori  
                    
                      - Giosuè 
                      
 - Giudici 
                      
 - Samuele 
                      
 - Re 
                      
 - Cronache (Paralipomeni) 
                      
 - Esdra 
                      
 - Esdra (II) o Neemia 
                      
 - Ruth 
                    
  
                   - Profeti posteriori  
                    
                      - maggiori Isaia, Geremia, Ezechiele 
                      
 - minori Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, 
                        Michea, Nahum, Abacus, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia 
                    
  
                   - Agiografi  
                    
                      - Ester 
                      
 - Daniele 
                      
 - Proverbi 
                      
 - Qohelet (o Ecclesiaste) 
                      
 - Salmi 
                      
 - Giobbe 
                      
 - Cantico dei cantici 
                      
 - Lamentazioni 
                    
  
                  
                 
                "Torah", in cinque libri. Genesi narra la 
                creazione, il peccato di Adamo e Eva, diluvio, la chiamata di 
                Abramo da parte del dio, la storia della sua famiglia-tribù 
                fino all'emigrazione di Giuseppe in Egitto. Esodo narra l'intervento 
                divino in favore degli ebrei oppressi in Egitto, le dieci "piaghe", 
                la prima pasqua, il passaggio del mar Rosso sotto la guida di 
                Mosè . Levitico e Numeri contengono rituali per sacrifici, 
                norme di purità, episodi della vita di Israele nel deserto, 
                gli elenchi delle tribù e delle famiglie. Deuteronomio 
                (posteriore nella stesura definitiva ai libri dei profeti) riprende 
                le leggi trattate, sviluppa in senso etico la teologia dell'alleanza 
                sacra tra dio e "popolo eletto", basandola sulla fedeltà 
                del popolo. Si conclude con la morte di Mosè.  
                 
                 Seguono i libri storici (secondo l'uso ebraico: 
                "Profeti Anteriori"): Giosuè narra le imprese di Giosuè 
                successore di Mosè, l'ingresso nella "terra promessa" dal 
                dio. Giudici copre l'epoca che prende appunto il nome da loro, 
                soffermandosi in particolare su personaggi come Sansone e Debora. 
                I due libri di Samuele e i due libri dei Re dicono della monarchia 
                di Saul, David e Salomone, fino alla divisione dei regni, la distruzione 
                di Gerusalemme e del Tempio da parte di Nabucodonosor (586-). 
                I due libri di Cronache (o Paralipomeni) riprendono più 
                tardi le cronache dei re integrandole con altre tradizioni. Esdra 
                e il secondo libro di "Esdra" (Esdra II, o Neemia) riferiscono 
                gli avvenimenti posteriori all'editto di Ciro (538-) che restituiva 
                la libertà agli ebrei di babilonia, il loro ritorno, la 
                ricostruzione del Tempio, il ritorno all'osservanza legale. 
                Parziale contenuto storico hanno due libri (appartenenti alla 
                sezione degli Agiografi) ambientati tra gli ebrei di Babilonia: 
                Ester e Daniele; e il piccolo libro di Ruth che racconta la fedeltà 
                della vedova Ruth alla suocera Noemi e il suo matrimonio con Booz 
                da cui è fatto discendere David (per i teologi cattolici, 
                da questa linea genealogica sarebbe nato Yeshua). 
                I "Profeti Posteriori" (denominazione ebraica) si dividono in 
                base alla semplice estensione dei loro scritti in "maggiori" e 
                "minori". I profeti sono i protagonisti principali, ma non i soli, 
                della predicazione etica e religiosa durata oltre cinque secoli, 
                da Elia e Eliseo (IX secolo -) a Isaia 1-39 e Amos (VIII secolo 
                -) a Malachia (V secolo -), mirante a inculcare nel popolo una 
                religione interiore, a difendere il monoteismo e lo spirito dell'alleanza, 
                a annunciare avvenimenti futuri. 
                La sezione degli "Agiografi" comprende libri sapienziali (Proverbi, 
                Qohelet) e libri poetici (Salmi, Giobbe, Cantico dei cantici, 
                Lamentazioni).  
                 
                 La religione di Israele si è venuta 
                formando attraverso un progressivo affinamento dei suoi concetti 
                teologici e morali, dalla monolatria al monoteismo, dalla responsabilità 
                collettiva all'interiorità profetica, dall'ideale della 
                terra promessa all'attesa escatologica e al messianesimo. I libri 
                biblici si sono stratificati di riletture e sviluppi. E' una secolare 
                evoluzione, in cui è possibile trovare idee e pratiche 
                morali superate dalla religiosità successiva. Vi sono elementi 
                unificanti, o almeno tali alla nostra lettura, tenendo presente 
                che i testi biblici non hanno carattere speculativo o sistematico 
                (per intenderci, in senso greco-aristotelico):  
                
                  - 1) la fondamentale concezione etico-religiosa 
                    della vita; 
                  
 - 2) la concezione organica e integrata dell'uomo, 
                    del mondo e del dio, espressa nella teologia dell'alleanza 
                    (Deuteronomio, 7,7-8), della relazione nuziale (Osea 2,16), 
                    del dio redentore; 
                  
 - 3) la concezione del tempo come storicità 
                    lineare e non circolare: la storia si muove da eventi ricordati 
                    (esodo, creazione) a eventi promessi e attesi (la Terra, il 
                    Messia, il Regno). 
                
  
                 
                 L'importanza della Bibbia nella storia culturale 
                del mondo non si restringe al fatto di essere il testo religioso 
                per eccellenza per un popolo (quello ebraico) e una religione; 
                gli ebrei, spinti dalle vicende dell'esodo in varie parti del 
                mondo, hanno sempre costituito una importante comunità 
                culturale, centri di cultura e di alfabetizzazione in regioni 
                spesso poco alfabetizzate. Il testo, in vario modo reinterpretato, 
                è stato adottato come testo religioso dai cristiani, a 
                influire in maniera determinante spesso, con i suoi miti, le sue 
                allegorie e interpretazioni, sulla storia della cultura in europa 
                e nelle americhe; mentre è servito da input per l'islam, 
                influenzando così le regioni in cui è avvenuta l'espansione 
                di quest'altra grande religione e civiltà.  
                 
                 La Bibbia è un testo composito, variamente 
                stratificato e intrecciato, in cui sono presenti vari generi letterari. 
                Tra i tipi letterari in prosa, vi sono detti, sermoni, preghiere. 
                Fin dai primordi erano apprezzate le persone dalla dizione elegante 
                e chiara, specie nelle relazioni sociali e politiche. Ci sono 
                così tramandati testi attribuiti a grandi personalità, 
                come i discorsi di addio e/o testamenti: per esempio quelli di 
                Giosuè, Samuele, David, Mattatia. Allo stesso genere appartengono 
                i monologhi e i dialoghi che si leggono nei libri profetici. Più 
                numerosi (ovviamente) i detti a carattere religioso, cioè 
                i sermoni, specie nella letteratura profetica: opera classica 
                in questo genere è il Deuteronomio. Sebbene per la sua 
                solennità fosse preferita in genere la forma ritmica, si 
                hanno anche preghiere in prosa: così nei libri di Ester 
                (testo greco), di Giuditta, dei Re, delle Cronache, dell'Esodo 
                e dei Numeri (preghiere di Mosè), di Daniele.  
                 
                 Mentre dai popoli dell'antico oriente ci 
                è giunto ogni genere di memorie (iscrizioni, monumenti, 
                descrizioni di campagne belliche e di vittorie, lapidi votive 
                ecc.), di tutto ciò non si ha quasi nulla nella letteratura 
                ebraica. Le uniche descrizioni riguardano il tempio di Salomone 
                e gli edifici del palazzo a esso annessi. Esistono invece editti 
                regi e proclami babilonesi e persiani, riportati nella B. più 
                o meno integralmente in ebraico o aramaico. I contratti e i trattati, 
                così ben documentati tra i popoli vicini, sono indicati 
                soltanto nelle linee essenziali, e senza formule letterarie: unica 
                eccezione è nel I libro dei Maccabei. Ampia è invece 
                la documentazione di un tema letterario singolare, il patto tra 
                dio e la comunità delle 12 tribù ebraiche: se ne 
                tramandano i riti, le formule, gli obblighi, le promesse e le 
                minacce. Rappresentato bene anche il genere epistolare: la lettera 
                più antica e famosa è quella infausta con cui David 
                ordina al capo dell'esercito di far morire in guerra Uria, marito 
                di Betsabea, della quale il re si era invaghito. Genere attestato 
                e caratteristico è quello delle liste genealogiche, di 
                luoghi, di confini, di doni sacri ecc.: quanto in esse di oggettivo 
                o di esercitazione letteraria vi sia, è difficile dire. 
                Molti i codici e le raccolte di leggi, sia in prosa che in forma 
                ritmica: i primi hanno configurazione casuistica e rilevano notevoli 
                contatti con i popoli vicini; i secondi hanno forma apodittica, 
                e sono caratteristici della legislazione ebraica. Una caratteristica 
                è che questi codici sono presentati come affidati direttamente 
                dal dio unico a Mosè sul monte Sinai o nelle sue vicinanze. 
                Nella narrativa si distinguono due filoni, uno più poetico 
                e immaginativo, l'altro più aderente alla realtà 
                concreta. Del primo fanno parte narrazioni bibliche mitologiche, 
                racconti favolosi, aneddoti, leggende, saghe. Nelle narrazioni 
                mitologiche il mito è epurato di ogni carattere non compatibile 
                con la monolatria e il monoteismo. Tra i racconti popolari e favolosi 
                spiccano le prodezze di Sansone, storie di animali come l'asina 
                di Balaam o il corvo di Elia ecc. Molte saghe si riferiscono a 
                personaggi delle origini delle tribù , mentre mancano saghe 
                su eroi e condottieri. Molte leggende intendono spiegare l'origine 
                del culto o di certi riti in luoghi particolari.  
                 
                 Dal libro biblico di Ester, la tradizione 
                ebraica ha poi tratto i "purimspiel", le rappresentazioni teatrale 
                che si tenevano in occasione del "purim", la festa carnevalesca 
                ebraica. Il libro di Ester è l'unico testo del canone ebraico 
                in cui non compare nemmeno una volta il nome (innominabile) di 
                dio. Ci sono invece tutti gli ingredienti atti a tenere il lettore 
                o lo spettatore con il fiato sospeso, a sorprenderlo con inattesi 
                rivolgimenti di sorte, a accattivarlo con un'ampia gamma di personaggi 
                ben definiti. La cornice storica, ma soprattutto fantastica, è 
                la vicenda della regina Ester, del perfido Aman, del volubile 
                Assuero, del devoto Mardocheo. Aman è il fidato consigliere 
                del volubile Re che da un attimo all'altro diventa degno di essere 
                messo al patibolo, a causa di un equivoco: Aman si prostra davanti 
                alla regina Ester «a supplicare per la sua vita», il Re entra 
                nella sala del banchetto del vino proprio in quel momento e interpreta 
                male: «Si farebbe anche violenza alla Regina davanti a me, nel 
                palazzo?». Ester è l'ebrea che nasconde la propria identità 
                per farsi strada nel cuore e nel palazzo del Re. Alla fine si 
                svela, nell'atto di salvare con le parole e con la bellezza, il 
                proprio popolo.  
                 
                 La narrativa in prosa è interessata 
                prevalentemente alla storia della nazione. Non manca una componente 
                oleografica, ma i dati fondamentali sono quelli religiosi e l'oggettività, 
                con notizie e giudizi anche negativi su condottieri re sacerdoti. 
                In netta contrapposizione ai popoli vicini, mancano memorie o 
                testi paragonabili alle iscrizioni reali, storiche e dedicatorie 
                così comuni nelle letterature della'antico Medioriente. 
                Generi di alto rilievo sono la poesia (Salmi, Giobbe), il genere 
                sapienziale (Proverbi, Ecclesiaste), e la letteratura profetica 
                (Isaia, Geremia, Ezechiele). 
                Dal punto di vista stilistico il pensiero degli autori biblici 
                si è variamente incarnato, a seconda dei tempi e dell'indole: 
                la prosa narrativo-storica, mitico-simbolica, le formule fisse 
                dei codici rituali e legali, le raccolte gnomiche, le favole e 
                parabole, la poesia dei salmi e dei profeti. La poesia biblica 
                è governata da norme stilistiche e prosodiche precise: 
                il linguaggio, l'uso di versi con numero fisso di accenti principali 
                e spesso combinati in strofe, il parallelismo o "rima concettuale". 
                 
                 
                 Letterariamente le parti più antiche 
                hanno affinità e dipendono dalle letterature dell'antico 
                oriente. Nelle parti post-esiliche vi sono contatti con il pensiero 
                iranico. La lingua ebraica vi manifesta una lunga evoluzione, 
                dagli antichissimi resti poetici inseriti nei libri storici (es. 
                Cantico di Debora, in: Giudici 5), alla prosa classica dei libri 
                di Samuele, alle forme molto più tarde di Ecclesiaste, 
                Esdra, Ester. Compare anche la lingua parlata dopo l'esilio, l'aramaico 
                (Esdra, Daniele) e del greco (Deuterocanonici).  
                 
                Traduzioni della Bibbia
                Le più famose traduzioni furono: quella 
                greca (Bibbia dei Settanta, III secolo -), quella latina opera 
                in gran parte di Ierolamus ("Vulgata", 383\405+), la siriaca ("Peshitta", 
                II\V secolo +). E' il gruppo di traduzioni nate e diffuse per 
                motivi religiosi, e che ebbero una enorme influenza culturale, 
                permettendo l'adattamento della spiritualità elaborata 
                dagli ebrei alla spiritualità mediterranea di latini e 
                greci. Accanto alle traduzioni, i commenti: tra i più antichi 
                che si siano trovati, il "Commento a Abacuc" ritrovato in parte 
                tra i manoscritti del mar Morto, risalente al periodo pre-cristiano. 
                Ebrei e cristiani hanno coltivato con enorme fervore il commento 
                ai loro testi sacri: famosi i commenti di rabbi Shelomoh ben Jizohaq 
                di Troyes (1040\1105+), e dei cristiani Origenes, Augustinus, 
                Ierolamus, Tommasus.  
                 
                 Un nuovo impulso alla traduzione e allo studio 
                dei testi si ha con l'umanesimo prima e soprattutto con la "riforma", 
                cioè la divisione dei cristiani in cattolici e protestanti, 
                questi ultimi interessati a una diffusione dei testi nelle lingue 
                regionali. Si hanno così la versione tedesca di Luther 
                (1534+), quella inglese ("Authorized version" o "Bibbia di re 
                Giacomo", 1611), e le traduzioni nelle lingue slave e germaniche. 
                Anche in questa fase si ha un nuovo impulso al commento: Luther, 
                Calvino, Bossuet ecc.  
                 
                 Una terza fase è data dalle traduzioni 
                moderne, che rispondono alle esigenze imposte dall'enorme progresso 
                delle scienze bibliche, filologiche e da una nuova sensibilità 
                religiosa. Le più note sono la cattolica "Bibbia di Gerusalemme" 
                (Bible de Jérusalem, 1955+), la protestante "Nuova Bibbia 
                inglese" (New English Bible, 1970+).  
                 
                Libri della "Bibbia"
                I  Salmi sono un libro a carattere 
                poetico. Il nome deriva dal greco psalmòs, e indica il 
                suono di uno strumento ma corde (il salterio) e il canto religioso 
                che si accompagnava allo stesso strumento. Di qui anche l'uso 
                dell'altro titolo, di "Salterio".  
                Nella forma attuale, risale al III secolo (-), e rappresenta il 
                termine di un lungo processo letterario, compiuto da diversi autori 
                e redattori in un arco di molti secoli. Nella versione greca dei 
                Settanta e nella Vulgata, la numerazione è leggermente 
                diversa da quella ebraica. Si tratta comunque di 150 salmi, giunti 
                divisi in cinque libretti, forse per imitazione dei cinque volumi 
                in cui è divisa la Legge mosaica (Pentateuco). Sono presenti 
                anche altri tipi di classificazione: "salmi graduali" o "delle 
                ascensioni" (120-134) cioè dei pellegrinaggi a Gerusalemme; 
                l'"hallel egiziano" (113-118) recitato nella festa pasquale; il 
                "grande hallel" è il salmo 136; i sette "salmi penitenziali" 
                (6, 32, 38, 51, 102, 130, 143).  
                 
                 Dal punto di vista dei generi letterari, 
                lo si divide di solito in salmi: regi, inni, salmi di intronizzazione, 
                lamentazioni (individuali o collettive), di ringraziamento, maledizioni 
                (o salmi imprecatori), benedizioni. I cosiddetti "salmi messianici" 
                sono dei salmi che l'esegesi cristiana e rabbinica interpreta 
                in senso messianico, riferentesi al re-messia, anche se rientrano 
                nelle categorie precedenti (si veda in particolare i salmi 2, 
                72, 110).  
                A seconda del genere letterario cui appartengono, i salmi seguono 
                uno schema compositivo definito, cui corrisponde di solito una 
                metrica specifica, basata su una successione regolare di accenti 
                in versi di due o tre stichi. Uno dei procedimenti più 
                caratteristici di questa struttura è il parallelismo (sinonimico, 
                antitetico, di sviluppo). Frequente è la forma responsoriale 
                con l'uso di ritornelli.  
                 
                 Salmi alfabetici, o acrostici, sono denominati 
                quelli in cui ogni verso o strofa inizia con una lettera secondo 
                l'ordine alfabetico ebraico. Un esempio, celebre, è il 
                lunghissimo salmo 119. Centosedici salmi sono preceduti da titoli 
                con l'indicazione del presunto autore, delle circostanze di composizione, 
                degli strumenti che ne accompagnavano il canto, dell'aria su cui 
                intonarlo, della destinazione liturgica. L'interpretazione di 
                questi titoli non è sempre sicura. Non tutti i salmi attribuiti 
                a David (3-41, 51-72) possono risalire a lui, ma si pensa che 
                un nucleo davidico esistette, e che ci è giunto anche se 
                con ritocchi e aggiunte posteriori, ciò che rende arduo 
                individuare i salmi autentici. 
                I salmi hanno carattere essenzialmente liturgico, la maggior parte 
                di essi furono composti per il culto del tempio, dove erano cantati 
                da leviti specializzati. 
                Il libro dei Salmi è il più popolare e il più 
                letto della Bibbia. Da oltre 25 secoli non è mai cessata 
                la recita quotidiana dei salmi nel culto pubblico e privato, sia 
                ebraico che cristiano. Una centralità religiosa, dovuta 
                non solo al suo valore letterario, ma anche al profondo senso 
                umano divino e cosmico che possiede. Vi si riflettono tutti gli 
                stati d'animo dell'uomo credente, le vicissitudini e le aspirazioni 
                dell'esistenza, i sentimenti dell'uomo verso sé stesso, 
                verso la comunità, verso gli altri (amici e nemici), verso 
                il creato, verso dio: il dolore, l'angoscia, la solitudine, la 
                persecuzione, la malattia, il timore della morte, la gioia e la 
                festa.  
                Così il salmo 51 (che appartiene ai cosiddetti "salmi penitenziali"), 
                un miserere, che esprime l'angoscia e la drammaticità dell'esistenza, 
                in una condizione segnata dalla finitudine e dalla colpa, sfigurata 
                dal male subì to e da quello che continuamente commettiamo: 
                "nel peccato sono stato generato | e nella trasgressione mi ha 
                concepito | mia madre". E' il dolore dell'uomo che si trasforma 
                in parola. Anche questo salmo può essere emblematico dell'influenza 
                sulla cultura occidentale, a tutti i livelli. Si pensi solo alla 
                versione che si trova nel Salterio ugonotto, su cui lavorò 
                un poeta come Clement Marot nel XVI secolo.  
                 
                 Il corpus dei libri biblici ha avuto una 
                vasta influenza nella storia culturale europea. Nel periodo della 
                crisi successiva al crollo dell'Impero romano occidentale, l'influenza 
                maggiore fu esercitata, nel lungo periodo, dalla chiesa cattolica 
                e dall'organizzazione via via sempre più capillare e strutturata 
                dei vari ordini religiosi cristiani. In occidente i cattolici 
                estesero l'influenza dei libri biblici, mentre nei paesi dell'est 
                europeo questo compito toccò alla chiesa bizantina. In 
                questa doppia espansione, non lineare e variegata per caratteristiche 
                e per tempi e modi, un ruolo non secondario ebbero le comunità 
                ebraiche disseminate in europa a seguito delle varie persecuzioni 
                cui furono sottoposte. Tre fonti d'influenza dunque, che ebbero 
                ripercussioni su vaste masse di popolazioni. Il corpus biblico 
                non era solo un corpus di testi che riguardavano solo il campo 
                religioso o dell'interiorità, ma investivano il destino 
                della comunità e di quello dei singoli, nel futuro temporale 
                e nell'oltremondo. Un'influenza sul piano della precettistica 
                e del comportamento quotidiano, dell'etica, della spiritualità; 
                e in campo scientifico e sapienziale in genere. Al corpus dei 
                testi biblici si ricorreva anche come archivio di conoscenze pratiche 
                e giuridiche. E' chiaro che nelle varie comunità e nei 
                vari popoli, oltre che a seconda delle epoche, si trattò 
                di un'influenza più o meno estesa nei vari campi. E' indicativo 
                ad esempio che a un certo punto della storia culturale europea 
                l'influenza dei testi biblici abbia avuto un'interruzione o un 
                regresso in alcuni campi di punta come quello scientifico, e quello 
                della produzione storiografica. E' rimasto celebre, a segnare 
                uno spartiacque culturale, il processo fatto a Galilei da parte 
                della chiesa cattolico-romana: contro il nuovo pragmatismo scientifico, 
                il dogma della fede impone la condanna come eresia della ricerca 
                scientifica. Ciò che nei fatti bloccò il progresso 
                scientifico in alcune aree europee, destinando risorse e energie 
                nella repressione e nella persecuzione degli "eretici".  
                 
                 Nella storia culturale europea a influire 
                nel lungo periodo non c'è stato solo quello proveniente 
                dalla cultura biblica. Ciò che ha fatto della cultura europea 
                e occidentale qualcosa di più complesso ed efficiente è 
                stata l'apporto proveniente dalla cultura greca, e poi da quella 
                arabo-greca. La filologia del XV secolo è figlia del filone 
                culturale greco e arabo-greco; da essa sono derivati da una parte 
                la storiografia e lo studio non moralistico della realtà, 
                dall'altra la ricerca scientifica sperimentale.  
                 
                 Indicativo ad esempio il discorso sulla storiografia. 
                I testi biblici posseggono una valenza storiografica. Una storiografia 
                che non è semplice cronaca di re o di singoli eroi: come 
                per i greci, si tratta di "cronaca di una comunità politica" 
                (*A. Momigliano); ed è interessante notare come in entrambi 
                i casi si tratti di un modo di fare storia che nasce da una lotta 
                contro un nemico identico (i persiani). Un tipo di storiografia 
                passata poi al cristianesimo. Ad un certo punto però presso 
                le comunità ebraiche si blocca il processo di produzione 
                testuale, si smette di fare storiografia. Presso i cristiani invece 
                la produzione continua, pur con le difficoltà connesse 
                alla crisi sociale successiva al crollo dell'impero e alle invasioni. 
                Avviene lungo un doppio filone, di derivazione biblica e di derivazione 
                storiografica romano-latina, cioè greca. A partire dal 
                XV secolo il filone greco-latino diverrà dominante. E' 
                chiaro che ciò sta a significare un diverso uso e diverse 
                finalità. La storiografia greca, sviluppatasi con Tukhudides 
                e Herodotos nell'ambiente della democrazia del V secolo (-), era 
                una visione lineare e non determinata dalla profezia; la storia 
                non si occupava del futuro. A differenza degli ebrei, i greci 
                non ebbero il problema di limitare l'interesse storiografico agli 
                eventi racchiusi nei testi sacri: ciò spiega le diversità 
                tra le due culture, e il fatto che all'interno della cultura ebraica 
                si perse l'interesse storiografico: solo nel XVI secolo all'interno 
                delle comunità ebraiche questo interesse riemerse, ma grazie 
                agli ebrei italiani, che vivevano a contatto con la nuova cultura 
                occidentale. Il dio degli ebrei era il dio della verità; 
                gli dèi dei greci no, agli uomini era consentito ricercare 
                questa verità nella libertà. Gli ebrei post-biblici 
                pensavano di avere realmente nella Bibbia tutta la storia che 
                li riguardava, e che riguardava il mondo in quanto erano essi 
                il popolo eletto dal dio unico; tutti gli altri eventi non avevano 
                importanza. L'interesse per la Legge (la Torah) uccise qualsiasi 
                altro tipo di interesse. Nel XVI secolo il ritorno alla storia 
                da parte degli intellettuali ebrei o di origine ebraica, avviene 
                all'insegna dell'intervento dell'influenza greco-occidentale. 
                Spinoza, così importante per la storiografia occidentale, 
                èda questo punto di vista indicativo. Spinoza tornò 
                ai princìpi fondamentali della ricerca storica greca trattando 
                la storia biblica come storia ordinaria. E, al di là del 
                metodo, ciò che importante e decisivo fu: l'atteggiamento 
                di libertà e di critica nella ricerca.  
                 
                
              
              
             
            
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