Vergilius:
critica
Vergilius: critica
Vergilius ha sempre goduto di un successo ininterrotto. Le sue
opere, quando era in vita, furono accolte con entusiasmo. L'"Eneide"
fu salutata da Propertius, ancora prima della pubblicazione, come
poema superiore a quelli homerici. Le poche critiche al poema
epico, riguardanti la ridondanza dello stile e la frequenza degli
echi da poeti precedenti (i "furta"), non ne intaccarono mai il
prestigio. Dall'età augustusea in poi quasi tutti i poeti
latini presentarono echi virgiliani: dal secolo I (+) in poi tutta
la poesia bucolica ed epica latina ha Vergilius come fonte di
ispirazione e termine di confronto. Alla diffusione di Vergilius
nella cultura contribuì anche la scuola: già poco
tempo dopo la morte Vergilius fu letto e commentato come un classico.
E' un lavoro di interpretazione che comincia già nel secolo
I (+) con Iginus, Remmius Palemon, Valerius Probo ecc. Mentre
nel IV secolo (+) sono i commenti più sistematici: perduto
quello di Elius Donatus, forse il migliore, ne restano larghe
tracce nel commento di Servius. Con interessi più retorici
ed eruditi quello di Tiberius Donatus. Sui metodi e i risultati
dell'interpretazione dell'"Eneide" informa Macrobius: a Vergilius
ci si rivolgeva non solo come a un poeta di stile perfetto, ma
anche come fonte di dottrina antiquaria, e maestro di sapienza
e di vita. Di questo aspetto si appropriò la cultura cristiana,
specie nel momento in cui iniziò a interpretare (dall'epoca
di Kostantinos in poi) la quarta egloga come profezia dell'avvento
di Christus. Diverso e parallelo sviluppo hanno le leggende su
Vergilius mago o negromante, la cui prima apparizione si ebbe
forse nel XII secolo. L'"Eneide" fu sempre noto agli intellettuali,
direttamente o indirettamente. La sua influenza acquistò
ampiezza in Italia nel XIV secolo grazie a Alighieri, che nella
"Commedia" ne fa il simbolo più profondo del pensiero pre-
cristiano, e poi a Petrarca e Boccaccio, grazie ai quali Vergilius
fu apprezzato e riletto dagli umanisti del XV secolo. La sua presenza
nella poesia bucolica didascalica epica, in latino e nelle lingue
regionali europee è costante dal XV secolo in poi; nel
XVI secolo diventa modello di stile nobile, contrapposto al "realismo"
di Homeros. Influsso più fecondo quello che ha portato
alla liricizzazione dello stile, alla ricerca della musicalità
: un stimolo che sottostà alla poesia di Tasso e Leopardi.
Il culto della poesia primitiva ha nociuto a Vergilius, soprattutto
in ambiente tedesco. Meno in Francia (interpretazione di Ch.A.
Sainte-Beuve, fino al fascino delle "Bucoliche" su P. Valé
ry e A. Gide) e ovviamente meno ancora in Italia, sempre all'interno
di estetiche evasive o neoclassiciste.
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[1996]
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