Vergilius:
Libro di bucoliche
Vergilius: Libro di bucoliche
La sua produzione comincia con il Libro di bucoliche (Bucholicon
liber), composte nel 42\39-. E' un insieme di dieci egloghe in
esametri, alcune lirico-narrative altre in forma dialogica, distribuite
non in ordine cronologica di stesura ma con un ordine di intento
letterario. Il modello per i carmi più vecchi è
il siracusano Theokritos (secolo III-). Sono ambientate in un
paesaggio siciliano che diviene spazio di sogno, paesaggio vago
e indeterminato, in cui si insinuano precise notazioni provenienti
dal paesaggio del mantovano: le opere dei campi, le rive ricche
di canne del Mincio, i casolari sparsi nella pianura.
Poesia di evasione, scritta al tempo delle guerre civili. Vi regna
una vita semplice e innocente, fatta di umili lavori, di ozi e
silenzio, gare di canto all'ombra dei faggi e delle querce. I
pastori sono pastori idealizzati, quasi fossero dei poeti sfuggiti
al frastuono della città per venire a contatto con la natura.
Nella nona e prima egloga, scritte dopo il 41-, quando anche il
territorio di Mantova fu coinvolto nella distribuzione di poderi
ai veterani, il sogno di vita appartata svanisce davanti alla
brutale pretesa dei militari. Stessa ansia nell'egloga quarta,
con il suo appassionato messaggio di speranza in un mondo finalmente
pacificato. L'ultima egloga, la decima, è il lamento di
Gallus, l'amico poeta vittima di una infelice passione d'amore,
che propone come salvezza dalla disperazione il rifugio nella
campagna ma nella consapevolezza di un sogno impossibile.
Vergilius parte da Theokritos in una suggestione tutta letteraria,
trova nel dolore la definizione del suo mondo poetico, a cui si
manterrà anche dopo fedele: mondo in cui la violenza della
storia si pone come alternativa, in un contrasto insanabile, con
l'ideale Arcadia, l'età dell'oro dove gli uomini vivono
in pace dedicandosi ai loro lavori in una religiosa accettazione
della loro sorte.
Contesto
[1996]
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